I reflui zootecnici come opportunità per produrre biometano o biogas, anziché come sottoprodotti da smaltire. Un esempio pratico? Nell’azienda agricola si può fare il pieno di biometano per l’auto.
L’esperienza di Bosco Gerolo Valtrebbia, nel Piacentino, insegna che l’allevatore, in questo caso Nicoletta Cella, alla guida dell’azienda assieme alla madre Adele e alla sorella Serena, può anche diventare fornitore di carburante per autotrazione e aprire la sua pompa di rifornimento con un prezzo di vendita al dettaglio decisamente concorrenziale, a oggi 1,39 euro al litro. Il biometano è, infatti, ricavato dagli effluenti zootecnici delle 600 frisone dell’allevamento (che produce 70mila quintali di latte l’anno), e dai sottoprodotti agricoli.
A ribadire che il ruolo dell’agricoltura non è solo quello, fondamentale e insostituibile, dell’approvvigionamento alimentare, ma anche quello della produzione di energia rinnovabile, come il biogas, ricavata dagli scarti zootecnici e agricoli, il convegno «Zootecnia italiana tra aumento dei costi, nuove energie e prospettive» organizzato da Coldiretti il 21 ottobre alla Fazi (Fiera agricola zootecnica italiana) di Montichiari, alla presenza di Roberto Cingolani, al suo ultimo giorno come ministro della Transizione ecologica, del presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e del segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo.
No alla direttiva Ue che penalizza gli allevamenti
«Un’azienda al femminile nella Pianura Padana – ha sottolineato Gesmundo – ha dimostrato come investire nel futuro dell’agricoltura e trasformare quello che per Bruxelles è un problema e una minaccia per l’ambiente, le famose emissioni delle stalle, in un’opportunità».
No, quindi, alla riduzione dei capi allevati paventata con la direttiva Ue sulle emissioni che «equipara una stalla da 150 vacche a un’industria, a una grande acciaieria», come ha ribadito ancora il segretario generale di Coldiretti. Stesso discorso per le restrizioni all’impiego di alcuni prodotti fitosanitari che, di fatto, ostacolerebbero la produzione di mais, alimento principe del piatto zootecnico.
Per Piero Gattoni, presidente del Cib (Consorzio italiano biogas) ha ribadito come gli scarti degli allevamenti possono diventare una risorsa per la produzione di energia: «Il potenziale che possiamo mettere a terra come biogas e biometano è elevato e oggi potremmo con 7 terawatt da biogas illuminare l’Italia di notte”. Ma è necessario intervenire per collocare i due miliardi di euro che il Pnrr mette a disposizione per le filiere del biogas e del biometano.
Certo, senza incentivi statali la produzione non è remunerativa e sono anche un aiuto alla sopravvivenza di aziende schiacciate più che mai dai rincari energetici: la bolletta dell’elettricità è cresciuta del 500% a fronte di un incremento decisamente inferiore del prezzo del latte.
Price cap, accordo raggiunto in sede di Consiglio Ue
Cingolani ha ricordato come quest’anno le rinnovabili siano cresciute di quattro volte rispetto ai due anni precedenti tornando anche sulla questione price cap, la necessità di imporre un tetto al prezzo del gas «un corridoio dinamico temporaneo per le transazioni di gas naturale che viene immediatamente imposto per evitare eccessivi rialzi del gas».
Dal Consiglio dell’Ue è, intanto, arrivato il via libera a uno schema di accordo che potrebbe modificare la dinamica del prezzo del gas in Europa e anche delle tariffe elettriche.
La questione dei costi in primo piano
Prandini non ci sta a demonizzare agricoltura e zootecnia: «Parliamo di una filiera che vale 575 miliardi, che comprende quattro milioni di occupati, rappresenta circa il 25% del Pil economico dell'Italia, senza la quale il nostro paese andrebbe in default». In primo piano secondo Prandini il tema dei costi e la necessità che le imprese agricole siano equiparate nell’immediato alle imprese energivore, così da ottenere risposte immediate essendoci anche un ruolo nella produzione del cibo.
Sempre il cibo ha aggiunto Prandini «deve ritornare a essere centrale nell'agenda politica di questo paese e l'Italia deve recuperare anche una sua credibilità in Europa che era iniziata col governo Draghi e mi auguro che continui col governo Meloni nel far capire che non solo l'Italia non può far meno l'Europa, ma che l'Europa non può far meno dall'Italia».
Delle false accuse rivolte alla zootecnia ha parlato Luca Buttazzoni, direttore del Centro ricerca zootecnia del Crea, come quella del consumo di 15mila litri d'acqua per chilo di carne: «L'impronta ambientale rappresenta un modo solo di teorico di decidere quante risorse naturali vengano usate per una certa produzione, ma non vuol dire che si consuma effettivamente quella risorsa».
Anche sul benessere animale Buttazzoni ha ricordato lo «sforzo enorme di collaborazione tra il ministero dell’Agricoltura e ministero della Salute per avviare iniziative volontarie capaci di migliorare il benessere degli animali, oltre ad assicurare il rispetto dei limiti di legge che sono già abbastanza alti».