Il mercato oggi tratteggia un affresco davvero anomalo. Si potrebbe dire incoerente, se non ci fossero di mezzo gli strascichi del Covid, con la politica della tolleranza zero perseguita dalla Cina, che fra i vari effetti collaterali ha le anomalie degli acquisti, i consumi alterati e il porto di Shanghai, forse il più importante dell’Asia, alle prese con un ingorgo di oltre 500 navi. L’altro fattore di caos è legato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che ha generato ulteriori tensioni sui prezzi a livello mondiale, innescando un serio pericolo d’instabilità sociale, politica e lo spettro della carestia in alcune aree dell’Africa e, forse, anche del Medio Oriente.
Sono le condizioni per un corto circuito perfetto, che persino un settore lattiero caseario che attualmente, gode di una fase favorevole di mercato, può subire, a causa di costi di produzione particolarmente elevati per tutti gli anelli della catena di approvvigionamento. Fra l’altro, ci si dovrebbe una domanda è questa: fino a quando il prezzo del latte potrà salire? Difficile che prosegua la crescita in eterno.
Trend positivi sui mercati mondiali
L’homepage del sito di Clal.it, l’osservatorio dei mercati lattiero caseari mondiali, mostra una valanga di dati positivi.
I listini anche nel mese di maggio hanno messo a segno un rialzo. Ed è così per quasi tutto il pianeta, a conferma di una sorta di univocità dei trend, che ormai da alcuni mesi vedono i principali mercati internazionali su tendenze rialziste. Perché questo boom dei prezzi? È l’effetto degli squilibri tra domanda e offerta, che generano la crescita dei prezzi.
Il Cniel, il Centro francese dell’interprofessione dell’economia lattiero casearia, afferma che «il mercato dei latticini industriali sta attualmente attraversando un periodo eccezionale, caratterizzato da prezzi sostenuti, che interessano sia il burro che il latte scremato in polvere. Nell’arco di un anno i prezzi del latte scremato in polvere e del burro sono aumentati rispettivamente del 70%». Tali incrementi, secondo il Cniel, sono «da collegare a un’evoluzione lenta della produzione di latte nei principali bacini esportatori mondiali dall’estate del 2021».
Trend produttivi che si muovono molto lentamente o, in alcuni casi, hanno parabole decrescenti, con la conseguenza che, a fronte di una minore disponibilità di prodotto, aumentano i prezzi standard del latte e dei principali prodotti di mercato collegati.
Anche in Italia i prezzi continuano a crescere
I listini d’inizio maggio hanno innalzato ulteriormente le quotazioni del latte spot nelle piazze di Milano (+1,45% rispetto alla rilevazione precedente) e Verona (+1,92%), con cifre rispettivamente pari a 54,13 euro/100 litri e 54,64 euro/100 litri.
In alto anche i prezzi del latte di provenienza estera, con quotazioni che vanno da 53,10 euro/100 litri per la materia prima prodotta in Francia (Borsa merci di Milano), fino ai 56,71 euro/100 litri per il latte quotato a Verona e importato da Austria e Germania.
Risposte soddisfacenti dal mercato del Grana Padano, che lunedì 2 maggio in Borsa merci a Milano ha toccato i 9,80 euro/kg per la categoria “Riserva 20 mesi”, in crescita del 2,89% rispetto alla quotazione precedente e con un prezzo di quasi il 5% più alto rispetto allo stesso periodo del 2021.
Fase di equilibrio per il Parmigiano Reggiano, che conferma per tutte le voci di stagionatura le rilevazioni della fine di aprile. Già su valori piuttosto elevati, solo tra febbraio e settembre 2019 vi furono prezzi più alti, secondo le elaborazioni di Clal.it, la grande Dop a pasta dura prodotta nell’area emiliana del Destra Po ha confermato valori pari a 10,60 euro/kg (stagionatura di base, 12 mesi), per toccare i 12,73 euro e i 13,48 euro al chilogrammo per le stagionature più lunghe di 24 e 30 mesi.
Che cosa cela la stazionarietà dei listini del Parmigiano Reggiano, prodotto principe del made in Italy, che sta fortemente accelerando nell’assicurare il rispetto del benessere animale degli allevatori, la sostenibilità ambientale della filiera produttiva e doti di marketing attente ai diversi segmenti di consumo? C’entra con il rischio, in verità molto concreto, di vedere rimbalzare all’indietro i consumi, per le probabili fiammate inflazionistiche figlie del conflitto in Ucraina?
Burro, prezzo record e primi segnali negativi
Lo scorso aprile il prezzo del burro ha raggiunto la media record di 7.173 euro alla tonnellata sul mercato tedesco, prezzo mai raggiunto negli ultimi 20 anni, con un valore del 78,5% più alto rispetto allo stesso periodo del 2021. Il mercato, però, potrebbe aver raggiunto il plateau. Alcuni segnali, come l’ultima quotazione disponibile del burro in Germania (7.100 euro/t lo scorso 4 maggio, in flessione dello 0,9% rispetto alla settimana precedente) e i segnali negativi provenienti dall’asta Global Dairy Trade dell’Oceania, portano a pensare che la corsa si sia fermata.
Gli investimenti mondiali puntano alla sostenibilità
Proseguono a livello mondiale gli investimenti per potenziare le linee produttive. Lactalis ha acquistato la Jalna Dairy Foods in Australia, specializzata nella produzione di yogurt e ha investito negli Stati Uniti intorno ai 38 milioni di dollari per potenziare la linea di produzione dei formaggi. L’impresa della famiglia Besnier ha fatto shopping anche in Baviera, in Germania, raggiungendo un accordo con Bmi (Bayerische Milchindustrie eG) per la vendita dello stabilimento di produzione di Würzburg, dove si concentrano le linee legate a latte fresco, yogurt, quark, cream, ayran e altri prodotti. Arla Foods, invece, ha messo a punto un piano di sviluppo in Bahrein per migliorare la catena di produzione dei formaggi fusi e panna, per un totale di oltre 57 milioni di euro. La politica di Arla Foods non si limita a migliorare il segmento produttivo, ma punta a ridurre le emissioni lungo l’intera filiera. E anche l’investimento nell’area del Golfo Persico racchiude queste finalità. In Austria, nulla osta dall’Autorità alla Concorrenza alla fusione tra le cooperative SalzburgMilch e Gmundner Molkerei, che per volumi rappresentano il terzo e quarto player sul mercato. L’operazione dovrebbe perfezionarsi nella seconda metà dell’anno.
Italia, l’internazionalizzazione resta il primo obiettivo
Anche le imprese italiane investono all’estero. Dalter Food Group di Sant’Ilario d’Enza (Re), realtà export-oriented (il 76% dei 110 milioni del fatturato realizzati all’estero) è passata dal 51% al 100% di Vertrieb italienischer Food Produkte (Vip), società vicino a Stoccarda che commercializzava i prodotti del Gruppo reggiano.
Consumi, attenzione alla spending review
Dopo una pandemia e un confinamento prolungato entro le mura domestiche, adesso tocca alla fine del distanziamento e alla guerra in Ucraina infliggere l’ennesimo mutamento nei consumi. Da un lato sono ripartite le vendite cash and carry della ristorazione all’ingrosso, dall’altro i consumi si stanno orientando verso prodotti che valorizzano il rapporto qualità-prezzo.
Secondo i dati NielsenIq, lo choc di un conflitto bellico e l’inflazione, che dall’inizio dell’anno ha accelerato, hanno portato la prudenza nel piatto. A farne le spese sono anche i formaggi, che nel mese di marzo hanno visto ridurre le vendite nei supermercati e ipermercati del 4,9%. M.B.