La crisi innestata dall’emergenza Covid-19 ha causato uno shock economico senza precedenti e ad oggi risulta difficile definirne appieno i contorni dato che i fenomeni della contrattualizzazione dei prodotti agricoli mutano continuamente, poiché mutevole è l’intensità della domanda nel tempo (dovremmo chiederci: solo a marzo e aprile oppure questa situazione di instabilità è destinata a protrarsi anche a maggio o, addirittura, fino a giugno?).
Partiamo dalle nostre conoscenze che ci portano a dire che circa il 30 per cento degli alimenti derivanti dalla zootecnia italiana si canalizzano nelle vendite a ristoranti, bar e strutture ricettive in genere, basti pensare ai milioni di turisti che affollano il nostro Paese. Ecco che questa offerta di prodotto, non venendo più veicolata a causa del blocco commerciale, deve essere dirottata verso gli scaffali della distribuzione organizzata che ha, viceversa, ottenuto incrementi di vendite dei prodotti a due cifre.
Latte pagato 26-28 cent
Gli allevatori che conferiscono latte o carne soprattutto nelle piccole o medie strutture di trasformazione, che hanno bloccato o ridotto i conferimenti per il fermo, si sono visti costretti ad immettere, ad esempio, latte bovino sul mercato libero dove gli “opportunisti del mestiere” lo pagavano 26/28 centesimi il litro.
Altrettanti numerosi allevatori che quotidianamente devono occuparsi della mungitura delle proprie bovine da latte hanno ricevuto (anche in queste ore) lettere dal proprio caseificio in cui si comunicava il taglio del prezzo latte alla stalla giustificato da un calo delle vendite in realtà non verificabile.
Suini, agnelli, bufale
Il copione non cambia neppur nel settore suinicolo. Gli allevatori di suini grassi o suinetti non possono interrompere il ciclo dell’allevamento e devono fronteggiare oggi un prezzo di mercato che non copre i costi di produzione. Questo nonostante i tagli di carne (ad eccezione della coscia) stiano avendo ottime performance con prezzi in aumento del 30 per cento.
Non va meglio ai pastori, che in questo periodo realizzano incassi con la vendita di agnelli ma che riescono a vendere a fatica anche perché una buona parte della grande distribuzione preferisce quelli importati.
Un altro segmento produttivo in forte affanno è quello del latte di bufala che notoriamente fornisce i canali della ristorazione. Gli allevatori hanno dovuto accettare di portare il latte al congelamento con richieste di partecipazione alle spese. Ora tra l’altro le celle di congelamento sono piene e occorre trovare altre alternative.
Basterebbe non importare
A fronte, quindi, di questa situazione emergenziale che ha fatto registrare un grave squilibrio economico e contrattuale a danno di una parte importante degli allevatori italiani, che si trovano in grande difficoltà, la prima cosa da fare era ed è, ancora, quella di chiedere a tutte le filiere e alle grandi catene di distribuzione nazionale, di scegliere solo prodotti che utilizzano latte o carne italiani, come da sempre sostiene Coldiretti, anche al di là dell’emergenza, attraverso le storiche battaglie condotte per garantire ai consumatori la trasparenza dell’origine degli alimenti e degli ingredienti primari in etichetta.
Probabilmente sarebbe bastato non importare latte in cisterna e cagliate in questi tre mesi per dare una boccata di ossigeno ai nostri allevatori di bovine.
Come basterebbe non importare tutti i 55 milioni di cosce di suino e destinare il 15 per cento delle nostre a prosciutti cotti (escludendoli dalle produzioni a crudi Dop), per recuperare il valore del suino e dare respiro ai nostri allevatori lombardi o piemontesi o emiliani.
Basterebbe infine che le grandi catene distributive non importassero agnelli dalla Grecia o dalla Romania o dalla Nuova Zelanda per restituire valore al nostro agnello nazionale e dare così un po’ di serenità ai nostri pastori sardi, laziali, toscani o siciliani.
Marzo, dall’estero 5,7 mln di litri di latte
Basterebbe appunto. È per questo, non per testardaggine, che continuamente chiediamo al Ministero della Salute di rendere pubblici i dati relativi al nome degli importatori, al paese di provenienza e al tipo di prodotti importati dai trasformatori o dai distributori che oggi, in un momento così grave, con i loro comportamenti possono determinare la sopravvivenza o meno di molti allevamenti italiani.
Ma nonostante tutto, molti ancora importano imperterriti sfruttando da avvoltoi una situazione che invece ci dovrebbe richiamare all’amor di patria: solo nel mese di marzo sono passati dai nostri confini 5,7 milioni di litri latte tra cisterne e cagliate al giorno.
Servono formule straordinarie
Come allora bisogna sostenere gli allevatori italiani.
Abbiamo messo in atto una serie di proposte alcune già accettate altre in via di definizione che cercano di riequilibrare il mercato e dare liquidità alle imprese agricole così come in sede europea in questi giorni si stanno mettendo in atto strumenti per fronteggiare l’emergenza.
Ma la straordinarietà della situazione necessita di interventi al di fuori delle regole ordinarie.
Dobbiamo usare formule straordinarie, non possiamo sentirci dire che l’Ocm non lo prevede (vedi ad esempio lo stoccaggio del latte di bufala).
Un piano Marshall
Ed è in questo senso che va la proposta di Coldiretti a favore degli allevatori ed agricoltori italiani: un piano di un fondo straordinario per il sostegno al settore agricolo, un vero e proprio piano Marshall che trova finanziamento partendo dai 12 miliardi di risorse che residuano (2014/2020) dalla Pac per il secondo pilastro dello Sviluppo rurale e che sono ancora a disposizione, compresi i finanziamenti non spesi e per i quali si rischia un disimpegno.
Stiamo parlando quindi di finanziamenti già destinati all’agricoltura italiana che non impattano sul bilancio nazionale.
Per garantire la sopravvivenza
Sono questi i finanziamenti che devono essere messi a disposizione subito perché servono a garantire la sopravvivenza: che senso ha oggi avere dei fondi a disposizione per fare una nuova cantina o un nuovo allevamento se non si garantiscono prontamente nel momento del più grande bisogno i mezzi per la sopravvivenza degli allevatori e degli agricoltori italiani?
Ha senso occuparsi soltanto dei nuovi giovani per il primo insediamento o è meglio garantire la sopravvivenza a quei giovani che si sono insediati qualche anno fa?
Ha senso ancora oggi finanziare le misure dei Gal, Gruppi di azione locale?
Superare le vecchie regole
La lista potrebbe continuare e credo che le risposte siano scontate.
Adesso ci vuole un atto di coraggio da parte dei decisori politici nazionali e di Bruxelles; e poi superare le vecchie regole, andare oltre i mille vincoli burocratici e spendere subito perché bisogna far presto.
Questa è l’occasione giusta per sostenere non solo gli agricoltori ma tutto il popolo italiano, che mai come in questo momento ha bisogno della SUA agricoltura: forte, efficiente e sostenibile.