La qualità del latte e la sua idoneità alla caseificazione a Grana Padano Dop sono strettamente legate alla gestione dell’allevamento e in particolare all’alimentazione delle vacche. Questa è una nozione nota a tutti gli operatori della filiera ed è documentata scientificamente già dagli anni sessanta con uno specifico lavoro di Bottazzi (1968), frutto di anni di ricerche “L’alimentazione delle bovine e la produzione del formaggio grana padano”.
La realtà produttiva del formaggio Grana Padano Dop è estremamente complessa ed è sintetizzata dalla prima figura e dalle due tabelle, che:
- identificano il territorio, con 34 provincie di cui 13 produttive (vedi figura 1);
- forniscono indicazioni sulla dimensione produttiva e il ruolo sociale (vedi tabella 1);
- evidenziano il significato economico (vedi tabella 2).
Il ruolo economico del Grana Padano Dop è documentato dal fatto che il suo prezzo condiziona tutto il comparto del latte italiano, per il quale, storicamente, i costi di produzione alla stalla sono più alti di quelli europei. Anche in un momento di crisi come l’attuale, il Grana Padano Dop consente una delle più elevate remunerazioni del latte agli allevatori.
Il disciplinare
La filiera del Grana Padano Dop, da oltre 60 anni, è regolata da un Disciplinare di Produzione (Reg. di Esecuzione (Ue) n. 584/2011 del 17/06/11), che definisce il territorio di produzione, indica le caratteristiche dell’alimentazione delle bovine, le procedure di caseificazione, basate sull’impiego di latte crudo, l’utilizzo del lisozima, le modalità di stagionatura (minimo 9 mesi) e di commercializzazione di questo formaggio.
Le prerogative salienti sancite dal Disciplinare sono lo stretto legame con il territorio; il sistema produttivo rispettoso della “tradizione”; l’impiego prevalente di foraggi aziendali, soprattutto insilati nelle aree di pianura; un’attenta gestione dell’alimentazione, dai foraggi ai mangimi e agli additivi, con lo scopo di garantire il consumatore.
Lo stretto legame con il territorio è sancito in modo inequivocabile dal Reg. (Ue) n. 1151/2012, che prevede per i prodotti Dop di origine animale che i mangimi (foraggi) “provengano integralmente dalla zona geografica delimitata”. In sede applicativa il Reg. Delegato Ue n. 664/2014, in vigore dal giugno 2014, prevede che “Nella misura in cui non sia tecnicamente possibile garantire la provenienza integrale dalla zona geografica delimitata, si possono aggiungere mangimi che non provengono da detta zona, a condizione che la qualità o le caratteristiche del prodotto dovute essenzialmente all’ambiente geografico non siano compromesse. I mangimi che non provengono dalla zona geografica delimitata non possono in ogni caso superare il 50 % di sostanza secca su base annuale”.
Si tratta di indicazioni alle quali il Disciplinare di Produzione risponde puntualmente secondo quanto previsto dal Reg. (Ce) N. 1898/2006 art. 5. Questo, infatti, all’art. 4 precisa gli aspetti salienti dell’alimentazione e le caratteristiche dei foraggi, mangimi ed additivi che possono essere impiegati nell’alimentazione delle vacche (vedi box).
Per ulteriori precisazioni relativi anche ai Mangimi ammessi consultare il relativo Piano dei Controlli (rev4 del 01/07/14) scaricabile al sito www.politicheagricole.it nella sezione 1.3 Formaggi.
Il Disciplinare di Produzione a seguito di decisioni dell’Assemblea dei Consorziati è in fase di revisione con particolare attenzione ad alcuni aspetti relativi alle modalità di mungitura, alla caratterizzazione delle materie prime e a quella degli additivi ritenuti compatibili con il Grana Padano Dop.
Criticità della produzione del Grana Padano Dop
Questa filiera produttiva, come tutti i sistemi produttivi specie se complessi, ha in sé elementi di criticità, che è importante conosce per poterli gestire.
Ecco i più rilevanti:
- Grande dimensione della filiera produttiva: 4.800 circa aziende zootecniche, sparse in 22 province, dal Piemonte al Veneto dall’Emilia al Trentino, caratterizzate da situazioni agronomiche, di disponibilità foraggere, climatiche, altimetriche molto differenziate nelle quali si produce latte da trasformare. Mentre il numero delle province in cui risiedono i caseifici produttori sono solo 13.
- Utilizzo degli insilati: L’uso degli insilati comporta vantaggi economici irrinunciabili per la filiera ma può essere anche fattore di criticità in quanto può favorire alterazioni microbiologiche durante la lunga stagionatura del formaggio. L’alterazione più frequente è una fermentazione gassogena che si verifica da qualche settimana a qualche mese dopo la produzione, quando le condizioni fisico-chimiche della pasta diventano ottimali per i clostridi di due sottogruppi di butirrici: i saccarolitici (Cl. tyrobutyricum e Cl. butyricum) ed i proteolitici (Cl. sporogenes). I primi producono gas e determinano un’alterazione della struttura delle forme associata ad aromi sgradevoli dovuti al butirrato; i secondi degradano gli amminoacidi fino alla produzione di composti dagli odori molto sgradevoli.
L’origine dei clostridi è ambientale. Dal terreno le spore passano ai foraggi da affienare e da insilare; in questi ultimi i clostridi si moltiplicano. Il loro sviluppo è favorito da un’eccessiva acquosità e/o un insufficiente contenuto di zuccheri fermentescibili. Nel silomais e negli insilati di erba pre-appassiti, con tenore di sostanza secca superiore al 35%, le condizioni non sono favorevoli allo sviluppo dei clostridi.
I problemi maggiori si verificano nelle aree periferiche dell’insilato soggette a deterioramento aerobico. La presenza di ossigeno nelle prime fasi di insilamento può causare un aumento della temperatura, che inibisce le cellule vegetative batteriche. Le spore, insensibili all’incremento termico, in anaerobiosi, proliferano aumentando la contaminazione da clostridi. Le spore dei clostridi possono contaminare il latte direttamente o attraverso le feci. L’aumento di temperatura, delle parti dell’insilato non adeguatamente compresse o isolate dall’aria, si accompagna perdita di s.s. e produzione di sostanze tossiche, quali amine biogene, micotossine, ecc.
In un insilato ben riuscito la perdita di s.s. è inferiore al 10%, in un insilato di cattiva qualità può superare il 20%. Ne deriva la necessità di compensare la perdita di energia alimentare con una maggiore quantità di mangime, con aumento rilevante dei costi di alimentazione, ai quali vanno aggiunti maggiori costi gestionali per un peggioramento dello stato sanitario della mandria per la cattiva qualità dell’insilato, una maggiore contaminazione del latte da spore e conseguente aumento del rischio del gonfiore tardivo.
L’utilizzo del lisozima in caseificazione si è dimostrato in grado di tenere abbastanza bene sotto controllo lo sviluppo dei clostridi (C. tyrobutyricum in particolare). Il lisozima non è ammesso nella produzione del Trentingrana.
Due importanti progetti
Al fine di poter migliorare la qualità del latte ed i processi di caseificazione il Consorzio per la tutela del Formaggio Grana Padano ha partecipato in questi ultimi anni a due importanti progetti di ricerca di filiera “dal campo alla tavola”, che hanno interessato tutto il sistema produttivo:
- 1) GPL-FREE - Miglioramento continuo del processo e del prodotto Grana Padano: produzione di “grana” senza lisozima (GPL-free) (cofinanziamento Regione Lombardia), che aveva come obiettivo primario la produzione di formaggio Grana Padano con l’impiego di insilati, senza aggiunta di lisozima, ed ha comportato la messa a punto, in azienda agricola e in caseificio, di una serie operazioni mirate a ridurre la contaminazione/sviluppo dei clostridi nell’intero processo agro-zoo-lattiero-caseario senza favorire, i batteri eterolattici. Si è dimostrato, che in condizioni sperimentali rigorose, l’obiettivo può essere raggiunto.
- 2) FILIGRANA - Valorizzazione della produzione del Grana Padano Dop tramite il controllo di filiera e l’ottimizzazione dei processi produttivi (finanziamento Mipaaf), che si è posto come obiettivo lo studio e l’ottimizzazione dei processi produttivi, complessivi: agronomici, zootecnici, microbiologici, di tecnica casearia, merceologici e di marketing. La raccolta di un elevatissimo numero di informazioni ha consentito di definire e verificare sperimentalmente le migliori modalità operative per ottenere latte con superiori qualità igieniche e casearie, presupposto necessario per l’eventuale l’eliminazione del lisozima dal processo produttivo. Dalle rilevazioni sperimentali in campo, è emerso che il 40% degli insilati non è di adeguata qualità. Una particolare attenzione è stata posta al benessere animale ed alla verifica delle migliori modalità per ottimizzare la caseificabilità del latte, anche in situazioni climatiche critiche.
Trasferimenti utili
I progetti di ricerca e il monitoraggio continuo delle situazioni di campo da parte dell’Ufficio Tecnico del Consorzio hanno consentito di realizzare una serie attività utili per gli operatori della filiera e trasferibili direttamente agli allevatori:
- Realizzazione di un data base agro-zootecnico-caseario: strumento di gestione per il Consorzio utile per il controllo della sostanza secca prodotta/consumata sul territorio (Reg. Delegato (UE) 664/2014) attraverso anche il costituendo Albo dei Mangimisti.
- Indicazioni operative per un buon insilato per favorire: riduzione costi, contenimento tossine nel latte, controllo clostridi, miglioramento stato sanitario animali e della qualità casearia del latte, documentabile da una valutazione oggettiva della qualità dell’insilamento (indice di qualità fermentativa a uso di aziende e caseifici - valutazione Nirs). Pubblicazione, da parte del Consorzio di Tutela di un manuale divulgativo per la realizzazione di un buon insilato “Gestire gli insilati aziendali di mais per la filiera del Grana Padano Dop” (la copertina di questo manuale è illustrata dalla figura 2).
Fare un buon insilato richiede maggiore attenzione da parte dell’agricoltore e degli operatori, ha un costo leggermente superiore rispetto alla realizzazione di un cattivo insilato, ma il ritorno dell’investimento è stimabile di 3 – 5 volte, dipende dalle condizioni di lavoro e dalla stalla. Una corretta gestione degli insilati può portare alla riduzione del costo alimentare fino ad 1 cent €/kg latte;
- Zootecnica di precisione, o meglio dimostrazione che un’alimentazione di precisione “precision feeding” con il controllo in automatico ed in continuo della composizione dell’unifeed consente di ridurre i costi, migliorare la qualità latte e lo stato sanitario della mandria. L’applicazione del sistema comporta risparmi alimentari fino a olter 1 cent €/kg latte (da 0,5 a 2 cent/kg di latte). Per il Grana Padano gli anni 80 sono stati gli anni dell’unifeed ora è il momento del “precision feeding”.
- Aspetti igienici di gestione della stalla: con l’applicazione di procedure che assicurino benessere animale, migliorino lo stato di pulizia della mammella e riducano la contaminazione ambientale da spore;
- Igiene della mungitura: momento critico per il controllo dello stato sanitario della mammella, per il rischio di trasferimento nel latte della contaminazione microbica e per la verifica delle caratteristiche del latte: alterazioni macroscopiche di origine patologica, carica leucocitaria, ecc.
- Utilizzo caseario del latte di animali sottoposti a trattamenti farmacologici: Si stima che la non corretta gestione dei trattamenti farmacologici in uso in stalla possa essere causa di difficoltà di lavorazione del latte alla caseificazione. In quest’ottica il Consorzio di Tutela nel 2013 ha inviato ai consorziati una raccomandazione al fine di monitorarne la situazione. L’argomento sarà ripreso richiamando l’attenzione sulla necessità di uso prudente dei farmaci, di migliorare l’igiene delle operazioni di stalla e di adottare tutti gli accorgimenti alimentari/gestionali che consentano di prevenire forme dismetaboiche, senza dover ricorrere ad interventi farmacologici.
- Corretta gestione degli impianti di raccolta e stoccaggio del latte in stalla: Si richiama l’attenzione sulla necessità di rispettare le indicazioni dei produttori degli impianti per l’esecuzione delle corrette procedure di pulizia e detersione degli impianti e di controllare il rispetto delle temperature di conservazione del latte alla stalla (per esempio il corretto funzionamento dei termometri).
L’Ufficio Tecnico del Consorzio di Tutela è attivo su richiesta a collaborare per raccogliere le segnalazioni di problematiche, ricercare le cause e proporre eventuali soluzioni.
*) Coordinatore tecnico dell’Ufficio tecnico del Consorzio tutela Grana Padano.
**) Ufficio tecnico del Consorzio tutela Grana Padano.
L’articolo completo è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 21/2015
L’edicola di Informatore Zootecnico