Raccoglie i consensi dell'industria di lavorazione del latte e anche delle cooperative della trasformazione la proposta di Legge sul Milk sounding, l’uso improprio delle denominazioni lattiero casearie.
L’ha recentemente presentata alla Camera dei deputati, come primo firmatario, Mirco Carloni (n. 1619) e prevede, all’Art.1, che «chiunque prepara, produce, confeziona, detiene, vende (…) o pubblicizza prodotti alimentari utilizzando denominazioni che usurpano, imitano o evocano la denominazione di latte (…) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria (…) e al sequestro della merce».
Da più di dieci anni non è possibile, infatti, usare la parola “latte” associata alle bevande vegetali: il regolamento Ue n. 1308 del 2013 tutela la denominazione «latte» e le denominazioni dei prodotti lattiero-caseari, come «formaggio», «burro», «yogurt» vietandone l’utilizzo per prodotti ottenuti da ingredienti di origine vegetale.
Contro il milk sounding servono norme chiare che spesso vengono aggirate, come ha fatto sapere Paolo Zanetti, presidente di Assolatte, l’associazione italiana che raggruppa le imprese di trasformazione delle latte: «Stiamo assistendo a un indebito utilizzo sia nei prodotti destinati al consumatore finale che in quelli destinati al B2b, come pizzerie e ristoranti».
«Questo assetto normativo a tutela delle denominazioni lattiere non è stato sufficiente per contrastare il milk sounding - ha fatto sapere anchelo Carlo Piccinini presidente di Fedagripesca Confcooperative in questi anni per contrastare l’uso e l’abuso di termini quali latte, formaggi, yogurt o burro per prodotti che non derivano esclusivamente dal latte».
Sempre più spesso, infatti, le imprese lattiero casearie devono confrontarsi con operatori che propongono a pizzerie e ristoranti “mozzarelle” realizzate con grassi vegetali. Prodotti più economici rispetto alle mozzarelle genuine, perché vengono utilizzati i grassi vegetali idrogenati. Prodotti addirittura proposti come alternative ecologiche e più sane.
Doppia violazione: prodotti vegetali con riferimento alle Dop
Basta navigare nel web per trovare “mezzarelle”, “formaggi” vegani, “burri” vegetali e “yogurt” di soia. Tra gli ultimi arrivati c’è perfino il Parvegan, prodotto che per Assolatte viola due norme: quella che tutela i derivati del latte e quella che protegge il Parmigiano Reggiano.
Il mercato dei prodotti alternativi al latte è un mercato molto interessante dove lavorano tante aziende serie. C’è però bisogno di maggiore chiarezza per il consumatore e certezze delle sanzioni per chi non rispetta le regole del gioco.
L’intervento della Corte di Giustizia sulla protezione delle denominazioni
«Anche la Corte di Giustizia, intervenendo proprio sulla protezione delle denominazioni lattiero-casearie, ha più volte ribadito i princìpi comunitari della protezione delle denominazioni dei nostri prodotti – continua Zanetti – specificando inoltre che il divieto si applica anche nel caso in cui le denominazioni dei prodotti vegetali siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto».
Il principio è stato ulteriormente ribadito nel 2017 anche dalla Corte di giustizia europe, ma manca un regime sanzionatorio a livello nazionale che consenta alle autorità competenti di applicare e interpretare correttamente la normativa comunitaria, sgombrando il mercato da evocazioni e ambiguità che creano confusione tra i consumatori.