Zanetti: un comparto solido anche grazie ad Assolatte

Assolatte
Il presidente dell’associazione dei trasformatori ne sottolinea la rappresentatività. E l’utilità di carattere collettivo della sua azione

Scorrendo il sito internet di Assolatte, l’associazione italiana degli industriali del lattiero caseario, è impressionante ciò che a un certo punto mostra la pagina “I nostri marchi”. Un elenco di ben 224 loghi di industrie casearie: note, notissime ma anche conosciute più che altro in ambito locale. Ci scusiamo se non possiamo nominarli tutti, comunque, per dire, vi troviamo i loghi di Granarolo, Caseifici Granterre, Parmalat, Zanetti, Igor, Castelli, Auricchio, Ambrosi... Non mancano in questo variopinto elenco le cooperative, da Latteria Soresina a Latterie Vicentine, da Fattorie Cremona al Consorzio Virgilio, da Latteria Soligo a Trevalli Cooperlat, da Latteria Vipiteno a Lattebusche. Ed è da qui che siamo partiti nel nostro colloquio con Paolo Zanetti, presidente appunto di Assolatte.

Paolo Zanetti

Presidente Zanetti, dunque le aziende citate in questo interessantissimo elenco di 224 loghi sono tutte socie di Assolatte?
Certo. L’elenco mette in evidenza la rappresentatività di Assolatte a livello nazionale. L’associazione copre tutto il panorama del settore, quasi tutti i trasformatori italiani.
E quest’anno Assolatte ha celebrato l’ottantesimo anniversario della sua fondazione.
Un’ulteriore prova della sua solidità. Rappresentiamo i produttori di tutte le tipologie di latte, non solo di quello bovino. Siamo più multiprodotto di altre associazioni analoghe operanti in altri settori.
Le tabelle e i grafici che ha fornito all’Informatore Zootecnico, e che presentiamo in queste pagine, mettono in risalto il grande peso economico del comparto lattiero caseario nazionale…
Be’, con quasi 27 miliardi euro di fatturato nel 2024, questo comparto risulta il più importante del settore agroalimentare italiano, ne rappresenta l’11% del totale. In più sottolineerei che trasformiamo latte italiano; di conseguenza sosteniamo la zootecnia nazionale e con questa la stessa agricoltura.
E quindi anche l’occupazione, o la tutela del territorio.
Esatto. Dovremmo sensibilizzare meglio la nostra classe politica sull’importanza anche di carattere generale dell’attività del nostro comparto.
In più, sembra che negli ultimi anni l’immagine negativa dell’alimento latte si sia molto attenuata.
Questo è vero ed è dovuto anche alle nostre campagne di informazione. Dove per “immagine negativa” possiamo riferirci a quella creata ad arte da certi ambienti economici che intendono sostenere i consumi di prodotti alternativi anche diffondendo fake news sugli aspetti nutrizionali. Tutto ciò conferma che i benefici nutritivi dell’alimento latte si stanno riaffermando, che si sta andando oltre alle mode del momento.
Fra l’altro c’è una legislazione Ue che intende proteggere le denominazioni lattiere, anche per evitare che qualche produttore scorretto possa ingannare il consumatore.
Una legislazione che si è affermata anche grazie al lavoro compiuto da Assolatte. E che in sintesi afferma che è latte soltanto quello che deriva dalla mungitura, e di conseguenza che è formaggio solo quello che deriva dal latte, con tutto quel che ne consegue. Mentre invece per esempio in America c’è una legislazione che non protegge le denominazioni lattiere.
Lei incontrerà spesso gli industriali dell’associazione statunitense analoga alla vostra, la U.S. Dairy...
Sì, e questi nostri colleghi americani si complimentano con noi europei per aver ottenuto questa protezione dei nomi lattieri. Ma tornando a noi, in cosa consiste questo tipo di protezione, previsto dalla legislazione Ue? Ha l’obiettivo di consolidare un rapporto di fiducia tra i produttori e i consumatori. Il consumatore, quando va a scaffale, deve poter scegliere consapevolmente ciò che intende comprare. E se preferisce comprare una bevanda a base di soia, la si chiamerà bevanda di soia; se vuole comprare una bevanda di avena, idem. Se vuole comprare formaggio, saprà che il formaggio proviene dal latte. Lo scopo è evitare di ingannare il consumatore, permettergli di fare scelte d’acquisto consapevoli.
Ultimamente il Parlamento europeo si è espresso in modo simile per la carne.
Sì, contro il meat sounding, il burger vegetale. Perché anche lì abbiamo una gestione internazionale. Comunque, tornando ai prodotti lattiero caseari, l’importante è sottolineare che a livello europeo, anche grazie al lavoro fatto da Assolatte in passato, siamo riusciti a proteggere le denominazioni lattiere. In ogni caso sembra delinearsi fra i consumatori una certa riscoperta del latte, a svantaggio di bevande similari.
Una riscoperta del latte...
Sono stato recentemente a Washington e ho incontrato i colleghi di Lightgrass Dairy, i quali mi hanno segnalato che si registra un calo dei consumi di bevande concorrenti del latte. Perché sostanzialmente i consumatori, soprattutto i giovani, cercano tre cose. L’etichetta pulita; e guardando l’etichetta si nota che nessuna etichetta è più pulita di quella del latte, non ci sono additivi. Seconda cosa, cercano proteine, e proteine sane. Terza cosa, guardano al prezzo. Alla fine queste tre componenti le offre solo il latte.
E i consumi del latte come vanno?
Possiamo dire che si registra un certo travaso dei consumi da latte fresco a latte non fresco, ormai non si cerca più una scadenza troppo breve, per evitare di buttare il latte la gente va più verso l’Uht. Però in generale i cali del consumo di latte stanno venendo meno. C’è dunque un po’ una riscoperta del latte: rispetto a 3, 4, 5 anni fa il latte ha ritrovato, se non possiamo dire una nobiltà, una riabilitazione; sicuramente non subisce più le fake news che giravano qualche anno fa.
Questo discorso che lei sta proponendo si può completare pensando all’export, nel senso che certi mercati esteri devono nutrire consumatori che hanno bisogno di proteine, e quindi anche di prodotti lattiero caseari. Cioè i paesi emergenti, i paesi in via di sviluppo, sono alla ricerca di alimenti con proteine nobili e si chiedono perché mai la loro popolazione debba continuare a nutrirsi peggio rispetto a quella dei paesi più sviluppati. Assolatte, che fa anche studi di mercato, conferma questa tendenza dei mercati esteri?
Posso portare un esempio. Quando ho iniziato a lavorare, 25 anni fa, andavo spesso in Giappone. E notavo che la popolazione giapponese più anziana, che non si nutriva di latte, era di bassa statura, di costituzione gracile; mentre le nuove generazioni erano tutte alte. Questo l’ho poi notato anche Cina. Frequentavo questa parte del mondo e notavo che erano tutti alla ricerca di proteine animali, perché tutti giustamente volevano che i giovani acquistassero una corporatura simile a quella degli occidentali, con le ossa più robuste, più alti, più forti. Allora è incredibile vedere che noi europei abbiamo fatto per tanti anni la guerra alle proteine animali quando poi c’era un mondo in via di sviluppo che era invece alla ricerca di proteine animali, con consumatori disposti a spendere anche parecchi soldi per comprare appunto latte e formaggi.
Qui ci starebbe bene proporre quella vecchia foto, scattata da Robert Capa durante la Seconda guerra mondiale, che ritrae un soldato americano mentre chiede informazioni a un contadino siciliano: il primo è alto il doppio.
Una foto significativa. Fin qui il capitolo export. Ma vorrei tornare a sottolineare l’importanza del lavoro di Assolatte per il sostegno del settore lattiero caseario, per il confronto con la classe politica, per la difesa del latte dall’attacco delle fake news, per il consolidamento del ritorno al latte da parte del consumatore, per il successo che hanno i nostri formaggi anche all’export, dove abbiamo fatto numeri incredibili.
Come si può definire il rapporto fra voi industriali del settore lattiero caseario e gli allevatori?
Tutte le volte che si parla del latte veniamo definiti trasformatori, trasformatori della materia prima latte. Ma questo termine secondo me è un po’ riduttivo: il nostro mestiere non è quello di trasformare il latte, noi siamo in diretto contatto con gli agricoltori, con gli allevatori. Noi andiamo frequentissimamente nelle loro aziende, andiamo a casa loro e controlliamo la qualità del latte, instauriamo buoni rapporti di collaborazione di filiera. Controlliamo il latte perché latte buono significa formaggi buoni, è nostro interesse avere materia prima di qualità, collaborare con gli allevatori. Ci teniamo a un regolare arrivo del latte, chiaramente controlliamo la qualità del latte, e poi trasformiamo il latte in prodotti eccezionali; e se vogliamo parlare di export trasformiamo il latte in prodotti che vengono copiati e imitati in tutto il mondo.
Insomma la figura dell’industriale che non esce mai dai cancelli del proprio stabilimento non esiste più.
E non è tutto. Perchè in tanti casi il nostro lavoro consiste, dopo aver trasformato il latte, anche nello stagionare i prodotti per molti mesi. Stagionarli e poi confezionarli in tutti i tipi di formati, anche formati più complessi, più piccoli, monoporzioni eccetera, perché poi le famiglie sono sempre più piccole… Quindi se questa parte del nostro lavoro è impegnativa e molto costosa, dall’altra parte si valorizza il prodotto.
Si valorizza il prodotto.
Sì, però dietro ci sta tantissimo lavoro, nuovi formati, nuovi pack… Tantissimo lavoro anche per adattarsi al cambiamento della struttura della famiglia consumatrice: famiglie sempre più piccole, coppie separate, abitudini d’acquisto sempre più ridotte. Inoltre oggi i consumatori vanno a fare la spesa meno spesso o al contrario magari vanno più volte per spendere meno. Cerchiamo di stare al passo con tutto quello che richiede il consumatore e poi vendere. Inoltre tante volte facciamo anche promozioni al supermercato: la nostra attività non finisce con la collocazione del prodotto alla gdo, spesso dobbiamo fare anche promozioni al supermercato, esser presenti nel punto di vendita promozionale.
Inoltre bisogna calcolare la vostra azione sul fronte export.
Certo, chiaramente c’è anche tutta la parte del nostro lavoro che è relativa all’export, con la conseguenza di quel grande successo che i prodotti lattiero caseari italiani hanno avuto in questi anni nel mondo. Negli ultimi dieci anni abbiamo raddoppiato l’export del 100% in quantità, abbiamo fatto dei numeri pazzeschi. E all’interno del discorso export c’è da sottolineare una cosa molto importante: abbiamo ribaltato la bilancia commerciale, la bilancia commerciale del lattiero caseario oggi è sempre in beneficio, perché se noi un tempo importavamo molto latte, oggi grazie ai numeri che abbiamo fatto siamo diventati un settore con una bilancia commerciale positiva; e questo è un fattore importante anche nei confronti della politica e dell’economia italiane.
Tutte situazioni che si traducono, immagino, in servizi forniti da Assolate agli associati.
Ancora parlando di export, siamo strutturati per seguire concretamente con i nostri funzionari le problematiche dell’esportazione. Perché Assolatte fornisce servizi agli associati su tutte le problematiche e chiaramente una parte di questi servizi sono molto concentrati sull’export.
Per esempio?
Se io devo vendere in un paese lontano, chiamo l’Assolatte tutti i giorni. Se ho un problema con il certificato sanitario, se ho un problema sulle liste per esportare in un certo paese, l’Assolatte è sul pezzo per assistere nell’export. Poi chiaramente abbiamo tutti i servizi sul non-export, per esempio sull’interpretazione di tutte le normative italiane. Ma tornando ai servizi all’esportazione, Assolatte ha addirittura un delegato all’export.
Il cui nome è...
Fabio Leonardi, che ha la delega all’export. Per esempio attraverso il suo lavoro Assolatte si interfaccia con l’Ice, l’Istituto commercio estero, con il ministero degli Esteri, per promuovere i nostri prodotti italiani all’estero anche attraverso un lavoro capillare di rendicontazione; ogni euro che ci viene dato viene rendicontato. E alla fine portiamo a casa sempre i risultati, perché in tutti i paesi dove abbiamo promozionato il prodotto, questo è sempre aumentato come volume di vendita.
Dunque la grande attenzione dedicata da Assolatte all’export si concretizza in attività ben strutturate.
Certo. Oltre a quanto detto si può fare anche un altro esempio, sempre discutendo di export: l’attività relativa alla “stocciati”, termine tecnico che si riferisce ai prodotti lattiero-caseari che i soci di Assolatte stoccano e commercializzano. In quest’ambito offriamo una fotografia chiara su dove i nostri prodotti vanno, in quale quantità, con quale codice doganale… Faccio un esempio, se lei mi chiede: Zanetti, mi dica in un attimo le vendite di burrata in Romania nel 2025, io glielo so dire, le teniamo monitorate mese per mese. Noi teniamo monitorate le vendite di tutti i nostri formaggi in quasi tutti i paesi del mondo.
Insomma, l’export non è una cosa che si improvvisa.
È evidente. Inoltre c’è un altro tema che tengo a sottolineare: tante volte il nostro settore è considerato un settore vecchio, perché essendo un settore monoprodotto non sembra possibile fare grandissime innovazioni di prodotto. In realtà grazie ai grandi obiettivi che ci siamo prefissati abbiamo dimostrato non solo di essere dei grandi imprenditori, ma anche di essere dei grandi innovatori; penso ad alcuni grandi boom nel nostro commercio estero.
Per esempio?
Penso al boom incredibile della burrata, ai numeri incredibili fatti registrare dall’export di burrata. È un prodotto che sino a 15 anni fa non conosceva nessuno, un prodotto artigianale, che grazie alla capacità imprenditoriale è stato trasformato in un prodotto, definiamolo così, industriale. E comunque commerciabile. Per cui ne abbiamo allungato la scadenza, così che riusciamo a portare un prodotto fresco, buono, genuino in giro per il mondo, con una scadenza ragionevole che delle volte può arrivare anche quasi al mese. Tutto ciò ha innescato questo grandissimo boom.
E oltre al boom della burrata?
Di altri prodotti non voglio ancora parlare nei dettagli perché abbiamo performato talmente bene in tutte le categorie che il discorso sarebbe incompleto. Comunque un altro prodotto incredibile, che pure ha manifestato un boom commerciale, è il mascarpone. Il boom del mascarpone è dovuto al fatto che il tiramisù, che è un dolce decisamente italiano, ormai lo si trova in tutte le tavole del mondo; e il buon tiramisù è fatto con il mascarpone italiano. Dunque anche in questo caso abbiamo avuto un boom incredibile nell’export. Io faccio sempre questo ragionamento anche quando vado all’estero, tanto spesso il viaggiatore apre il menù e nella carta del ristorante sono sempre presenti ormai anche la burrata e il tiramisù. Questo si verifica ormai nei menù di tutti i ristoranti del mondo.
Bene dunque l’export di mascarpone e burrata. Ma per la mozzarella?
La mozzarella è il prodotto lattiero caseario in quantità più esportato. Mozzarella, grana padano e parmigiano reggiano sono sempre più venuti all’estero. Addirittura qualche anno fa i consumi in Francia di mozzarella avevano superato quelli del camembert. Dunque un boom incredibile per la mozzarella. Per non parlare poi di padano e parmigiano.
Anche questi vanno piuttosto forte all’estero, dicono le statistiche.
Anche qui emerge tutta la capacità imprenditoriale dei nostri associati, perché da una parte si tratta di prodotti millenari, in fondo sono sempre gli stessi da mille anni; dall’altra però attraverso l’innovazione del packaging abbiamo saputo portarli in tutte le tavole del mondo. E oggi i grattugiati di padano e di reggiano sono tra i prodotti più esportati. E c’è anche il boom recente delle scaglie, che ha permesso anche a quest’ultime di raggiungere, conquistare nuovi mercati.
Prodotti ricercati da consumatori e ristoratori.
Se all’estero, in tutti i paesi del mondo, uno vuole mangiare un buon piatto di pasta, ci deve mettere sopra un po’ di padano o parmigiano grattugiati, questo è un fenomeno mondiale. E in merito alla fortuna delle scaglie pensiamo alle insalate. Oggi registriamo un boom incredibile delle scaglie di grana padano e di parmigiano o anche delle scaglie di altri formaggi italiani.
In conclusione gli industriali del settore lattiero caseario non si limitano a una mera trasformazione della materia prima, ma fanno anche innovazione, vanno a trovare gli allevatori per controllare la qualità del latte, arrivano fino a vendere i prodotti dentro la grande distribuzione o fino all’export.
Esatto, c’è un lavoro incredibile, una complessità incredibile. E non è tutto, perché ci preoccupiamo anche di politica, politica industriale: italiana, europea e mondiale. E anche in quest’ambito si dibatte molto; per esempio si dibatte delle politiche del green deal, e anche qui noi di Assolatte ci siamo battuti come dei leoni. Facciamo sempre l’esempio dell’automotive: volevano farci fare la fine dell’automotive, ma noi fortunatamente siamo stati più bravi e non abbiamo fatto la fine dell’automotive.
Nel dettaglio?
La domanda mondiale di latte cresce perché la popolazione mondiale cresce. E la popolazione di tutti i paesi ricerca proteine nobili, proteine animali. E se la domanda mondiale di latte cresce, la risposta, l’offerta, non devono essere fatte da altre realtà non europee; perché chi produrrà fuori dall’Europa probabilmente non produrrà in modo sostenibile, non come invece facciamo noi, che tra l’altro abbiamo una tradizione casearia lunghissima. Oggi l’Europa è leader nella produzione mondiale di lattiero caseari, in quantità. E non vogliamo farci togliere la leadership a favore di altri continenti che magari producono in modo meno sostenibile.
In conclusione?
L’aspetto politico di questo discorso è che questo sforzo di sostenibilità non viene sostenuto adeguatamente. Allo stesso tempo non bisogna permettere che si affermi tutto questo fanatismo sulla sostenibilità. L’idea di sostenibilità portata all’estremo porta a fare scelte miopi. Cioè: chiudo allevamenti in Italia e in Europa, riduco la produzione di latte in Europa, ma per quale motivazione? Per permettere ad altri continenti di soddisfare una domanda di latte che comunque c’è e che dovrà essere soddisfatta?
Perderemmo di competitività noi europei e peggioreremmo l’impatto sul clima a livello mondiale.
Questo sarebbe il risultato di fatto; mentre noi, con i nostri allevatori, produciamo sempre meglio, in modo sempre più sostenibile. Però anche in questo caso non dobbiamo porci degli obiettivi irrealizzabili. L’importante è star dietro alla domanda mondiale di latte. Altrimenti la soddisferanno i produttori non europei, ma facendolo in modo meno sostenibile. E comunque noi perderemmo competitività in un settore in cui siamo storicamente leader da sempre.
Bene. Si potrebbe guardare alla posizione di Assolatte anche relativamente a un altro paio di temi. Per esempio relativamente al fatto che nella grande distribuzione il latte offerto al consumatore è uno degli alimenti che costano meno.
Tante volte vien da dire che il latte costa troppo poco, che è sempre troppo promozionato. Cioè, quando vedo un latte a scaffale a 0,80 euro, con tutto quello che ci sta dietro, non voglio arrivare a dire che questo sia quasi immorale, capisco che poi giustamente i consumatori debbano fare i conti con ciò che hanno in tasca. Però, accidenti, tante volte vien da dire che è proprio un prodotto troppo snaturato. Perché per le qualità nutrizionali che ha, e per il rapporto qualità-prezzo che ha, questo è il miglior prodotto che uno possa acquistare. In conclusione forse un attimino più di nobiltà nel tema del latte ci vorrebbe, anche nel caso della vendita promozionale del latte.
Altro tema: c’è un messaggio di settore destinato alla politica, da parte di Assolatte?
Un altro asset che vogliamo lanciare è che noi in Italia abbiamo una normativa, diciamo, un po’ insolita, e che vorremmo un po’ svecchiarla. Siamo nel 2025, le tecnologie sono cambiate, dobbiamo essere attenti all’ambiente ma dobbiamo anche essere competitivi a livello italiano, europeo e mondiale.
Per esempio?
A questo proposito un argomento delicato ma molto importante potrebbe essere quello del limite dei giorni sul latte fresco, o delle diverse altre limitazioni che nella legislazione lattiera ci portiamo indietro da tantissimi anni. In ogni caso nche qui, siccome il latte viene associato sempre al vecchio, al passato, ecco, magari converrebbe svecchiare.

Zanetti: un comparto solido anche grazie ad Assolatte - Ultima modifica: 2025-11-13T14:59:17+01:00 da Giorgio Setti

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