Il mercato del latte spot (in cisterna e con contratto di fornitura di durata inferiore ai tre mesi) frena nella seconda metà di luglio. Le ultime quotazioni disponibili (27 luglio) vedono il prezzo del latte spot diminuire del 2,13% rispetto alla settimana precedente, con il listino della Borsa merci di Milano che scivola a 34,50 euro per 100 chilogrammi. È il secondo affondo consecutivo, dopo che il 20 luglio le rilevazioni avevano segnato un -0,70 per cento, secondo le elaborazioni del portale Clal.it.
Anche il latte spot nazionale quotato sulla piazza di Verona perde il 2,10% e porta le quotazioni a 35 euro al quintale. Giù anche i valori della materia prima estera: Milano registra un -0,74% per il latte tedesco e -0,78% per il prodotto di provenienza francese, che fa scendere le mercuriali rispettivamente a 33,75 €/100 kg e 32 euro. Il tonfo di Verona è ancora più marcato per le cisterne in arrivo da Austria e Germania: -2,86% e valore rimbalzato a 34 euro al quintale.
Siamo indubitabilmente su altre cifre rispetto a un anno fa. La combinazione del Covid-19, dell’Horeca che stenta a ripartire dopo il lockdown, le consegne medie di latte che fra gennaio e maggio di quest’anno sono più alte dell’1,9% in Europa e addirittura del 3% in Italia (dove il consumo del latte fresco è in costante diminuzione), hanno contribuito senza dubbio al calo dei prezzi. Tale decelerazione preoccupa il mercato e impone agli operatori di individuare nuove soluzioni per rilanciare il comparto.
L’export
L’effetto Covid-19 si è fatto sentire sulle esportazioni. Se, infatti, il primo quadrimestre 2020 complessivamente ha segnato un +3% rispetto all’export del periodo gennaio-aprile 2019 (con riferimento ai paesi dell’Unione europea, le performance sono state un pochino più brillanti: +3,5%), il mese di aprile, in pieno confinamento per molti paesi nel mondo, ha visto una recessione dei volumi esportati del 10,8 per cento.
Difficile suggerire strategie per migliorare l’export a formaggi che da oltre 20 anni hanno messo a segno una politica di espansione vincente e di rafforzamento della presenza all’estero che non ha eguali e che solo la pandemia ha minato (si spera solamente per pochi mesi).
Tuttavia, lo scenario mondiale, figlio di un’incertezza diffusa, impone al Made in Italy lattiero caseario una nuova visione e un approccio inedito per conquistare nuovi spazi di mercato. È forse giunto il momento – come ha dichiarato recentemente il neo presidente del Consorzio del Gorgonzola, Antonio Auricchio – di sostenere i grandi prodotti della tavola italiana, forti di una storia e di una cultura radicata nei secoli, con una forza unitaria e col sostegno di governo, Ice e Ambasciate. Bisogna lavorare per una strategia di export congiunta.
Grana e Parmigiano
Tornando al mercato, le ultime quotazioni disponibili per Grana Padano e Parmigiano Reggiano sono decisamente inferiori rispetto a 12 mesi fa. La comparazione, tuttavia, è ingenerosa, perché si tratta praticamente di ere geologiche a confronto. Lo scorso anno l’export stava attraversando una fase di boom, in particolare verso gli Stati Uniti, per il timore dei dazi in arrivo (applicati dallo scorso 18 ottobre, ndr), quest’anno le performance si mantengono positive, come abbiamo visto, ma scontano inevitabilmente le incognite legate alla pandemia.
Per il Grana Padano nessuno scostamento rispetto alle quotazioni precedenti. Listini invariati per il prodotto fresco (ultima seduta borsistica il 23 luglio a Mantova): 6,15 €/kg per il prodotto stagionato 10 mesi.
La piazza di Milano il 27 luglio scorso ha confermato 8,08 €/kg per la stagionatura di 16 mesi del Grana Padano e 8,45 €/kg per il “Riserva stagionato 20 mesi”, una delle categorie merceologiche sulle quali il Consorzio di San Martino della Battaglia scommette per rilanciare il mercato e mantenere le proprie quote di mercato.
Per il Parmigiano Reggiano le ultime quotazioni si riferiscono alla Borsa merci di Milano, lo scorso 27 luglio e sono tutte positive. Salgono i valori di tutte le categorie merceologiche, dalla stagionatura “basic”di 12 mesi a quelle superiori di 18, 24 e 30 mesi, con oscillazioni che vanno da un +0,48% per il “30 mesi”, che sale a 10,43 €/kg al +0,67% del prodotto stagionato 12 mesi, che arriva a 7,48 euro al chilogrammo.
Secondo le elaborazioni del consorzio guidato da Renato Zaghini, il prezzo medio del Grana Padano in giugno è stato di 12,45 €/kg, in diminuzione dell’1,9%, mentre il Parmigiano Reggiano è di € 17,47, con una flessione del 5 per cento. Nei sei mesi (gennaio-giugno 2020) il prezzo medio al chilogrammo del Grana Padano è risultato essere di euro 12,52 (+ 2,3%), quello del Parmigiano Reggiano è stato di € 17,67/kg (-2,6 per cento).
I dati assai positivi del retail Italia - scrive il direttore del Grana Padano, Stefano Berni, ai consorziati - compensano le perdite in Horeca e food service italiani, mentre le 16.158 forme di “minori” uscite di formaggio marchiato a giugno sono da attribuire al rallentamento della ristorazione estera a causa della pandemia Covid-19.
Le contromosse dei consorzi di tutela
Per riportare su livelli più consoni al blasone e alla qualità dei due formaggi Dop a pasta dura, tuttavia, i due consorzi hanno individuato strategie differenti e, siamo certi, entrambi vincenti. Il neo presidente del Consorzio del Grana Padano, Renato Zaghini, afferma che fra “prezzi di mercato” e “quote di mercato”, in questa fase sono più importanti le seconde. Il prezzo sarà trascinato in alto se non si perderà terreno rispetto ai similari. Accanto al ritiro delle forme per gli indigenti, prosegue il dialogo con la ristorazione per rinsaldare un anello di vendita importante.
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano, invece, cerca a una risalita immediata dei listini, puntando sul ritiro di 160mile forme e pagandole – come ente consortile – la cifra prestabilita di 8,25 €/kg, avendo calcolato in 8 euro il costo di produzione. A Natale, informa il presidente Nicola Bertinelli, debutterà la lunga stagionatura “40 mesi”, con il duplice obiettivo di innalzare la qualità e il prestigio del re dei formaggi e di distogliere dal mercato un’altra quantità di forme.
Il burro
Ancora dal mercato. Andamento stazionario per il burro, che con un valore di 3,20 €/kg in data 20 luglio (Borsa merci di Milano), medesima cifra confermata anche tre giorni dopo in Borsa merci a Mantova, è il più basso rispetto a Germania (3,43 €/kg) e Oceania (3,29 euro al chilogrammo).