Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado. La chiusura di un’azienda zootecnica significa anche che non riaprirà mai più, con la perdita degli animali e del loro patrimonio genetico custodito e valorizzato da generazioni di allevatori.
Apprezziamo quindi la scelta del nuovo governo di accogliere la nostra proposta di cambiare il nome del Ministero dell’Agricoltura aggiungendo l’obiettivo della sovranità alimentare, che significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità.
Ma per continuare a fare tutto questo è necessario intervenire subito per contenere il caro energia e i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro, anche con accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione.
Ottimizzare l’impiego dei fondi del Pnrr e ammodernare la rete logistica, difendere i 35 miliardi di fondi europei per l’agricoltura, combattere l’etichetta Nutriscore, l’arrivo del cibo sintetico in tavola e gli accordi internazionali sbagliati che penalizzano il Made in Italy ma anche fermare l’invasione di cinghiali e realizzare un piano invasi per garantire acqua in tempi di siccità sono gli impegni che ci aspettiamo dal nuovo governo.
COSTI, SITUAZIONE CRITICA PER UNA STALLA SU DIECI
Anche perché a causa del caro bollette e dei mangimi quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla chiusura, con rischi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy di carni, salumi e formaggi tipici.
Siamo di fronte ad una esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea.
Uno tsunami che rischia di accelerare lo spopolamento delle campagne dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero ma ora anche per la minaccia del latte sintetico e della carne sintetica realizzati in laboratorio e sostenuti da investimenti milionari da parte delle multinazionali e purtroppo anche da alcuni governi Ue come successo in Olanda dove l’esecutivo ha annunciato un piano di stanziamenti di fondi pubblici da 60 milioni di euro per lo sviluppo dei cibi sintetici.
ALTRO PROBLEMA LA DIRETTIVA SULLE EMISSIONI
Un altro colpo al nostro settore arriva dalla proposta Ue di revisione della direttiva sulle emissioni industriali, che finisce addirittura per equiparare una stalla con 150 vacche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante, andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate.
Una ipotesi inaccettabile che ho voluto contestare direttamente a Bruxelles al vicepresidente esecutivo della Commissione europea Frans Timmermans e al Commissario europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski.
Il risultato sarebbe infatti un crollo della capacità produttiva che rischia di essere sostituita da importazioni da Paesi che non applicano le pratiche sostenibili allevatoriali caratterizzanti il sistema produttivo europeo, o ancora peggio dalla spinta proprio alla produzione di cibi sintetici.
A questo si aggiunge la nuova direttiva Ue sulla riduzione dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari, che potrebbe far calare la produzione di cibo fino al -30% lasciando le coltivazioni senza protezioni da parassiti e malattie, con effetti dirompenti sulle forniture alimentari già messe a rischio dai rincari dei costi energetici per la guerra in Ucraina.
CHI DEMONIZZA LA ZOOTECNIA NON SA DI COSA PARLA
Da qui la richiesta di rivedere quelle posizioni Ue che non tengono conto della circolarità dell’attività zootecnica, in termini di sostenibilità e delle riduzioni delle emissioni ottenute dal settore negli ultimi anni. A rischio c’è anche il presidio del territorio, dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento.
Per noi di Coldiretti la difesa delle stalle italiane è una priorità. Chi demonizza la zootecnia non sa di cosa parla. Si tratta infatti di un settore chiave dell’agroalimentare che significa qualità di vita e corretta alimentazione.
La zootecnia è una fonte importante anche per le agroenergie per la produzione di biogas e biometano. I reflui sono un valore assoluto per i sistemi di coltivazione.
Per questo serve un approfondimento degli studi di carattere scientifico ed è necessario evitare le strumentalizzazioni. Gli allevamenti italiani sono una risorsa strategica per il Paese, che dobbiamo valorizzare e difendere. E su questo non faremo mai passi indietro.