Alcune associazioni ambientaliste del cremonese e del mantovano cercano di bloccare il decreto 3419 emanato il 16 marzo scorso da Regione Lombardia per autorizzare l’impiego di siero negli impianti di biogas.
Una diffida inviata alla stessa Regione, al presidente, Attilio Fontana, al direttore dell’Ambiente e Clima Lombardia, Anna Maria Ribaudo, e, per conoscenza, al premier Giuseppe Conte, e ai ministeri e alle rappresentanze del mondo agricolo e lattiero caseario, cerca di bloccarlo e si trova davanti tutta la filiera del latte compatta pronta a sostenerlo.
Tra i firmatari della diffida ci sono la sezione cremonese di Slow Food, l’associazione ambientalista Noi, ambiente e salute di Viadana (Mn), il coordinamento No Triv Lombardia e gli Stati generali ambiente e salute di Cremona.
Un decreto emanato d'urgenza per trovare una collocazione alternativa al siero dei caseifici
Il provvedimento era stato emanato d’urgenza su richiesta delle aziende da latte e dell'industria di trasformazione, messe in difficoltà da uno stabilimento del territorio lombardo che, a causa dei problemi di personale assente per Coronavirus, non riusciva più a garantire gli stessi volumi di ritiro del siero e di trasformazione in polvere ad uso mangimistico.
Il decreto ha rappresentato in realtà un punto di svolta a questa situazione per molti caseifici, essendo il siero un sottoprodotto delle lavorazioni lattiero casearie che può essere trattato e destinato sia all’alimentazione zootecnica (mangimi) che alimentare (ricotta).
Il siero non collocato rischiava di interrompere la catena produttiva
Il siero non collocato per la ridotta capacità dello stabilimento lombardo che lo polverizzava avrebbe potuto trasformarsi paradossalmente in un danno per l’ambiente se, non riuscendo più i caseifici a disfarsi di tutto il quantitativo, fosse stato ipoteticamente e accidentalmente versato, operazione ovviamente vietata (perché deve essere trattato come rifiuto speciale), nei campi o nei tombini delle fogne. Eppure proprio i firmatari della diffida che si sono mossi con l’obiettivo di difendere l’ambiente hanno anche corso il rischio di sortire l'effetto contrario, ossia proprio il danno all'ambiente che volevano prevenire.
lI decreto regionale potrebbe avere, quindi, qualche crepa nella forma, ma non nella sostanza perché era stato sollecitato da tutta la filiera. Bisogna vedere ora come si muoverà la Regione Lombardia rispetto alla diffida che comunque non dovrebbe cambiare nulla rispetto alla possibilità effettivamente autorizzata di destinare il siero ai biodigestori.
La filiera del latte difende il decreto regionale
Il mondo agricolo e dell'industria lattiero casearia fa fronte comune a difesa di questa opportunità. Getta acqua sul fuoco rispetto agli effetti concreti di questa diffida sul decreto regionale Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti e produttore di latte. «Non dovrebbe cambiare nulla, si andrà avanti in questa direzione. Stiamo lavorando per offrire questa nuova opportunità in un mometno d'emergenza, anche a livello nazionale».
«Bisogna prevedere - ha continuato Prandini - altre forme di gestione del siero anche con il ministero dell'Ambiente e sulla possibilità di utilizzare gli impianti di biogas c'era già un accordo di massima. Difendiamo quindi la posizione di Regione Lombardia. E' un modo per gestire questa risorsa che oggi non trova questo tipo di collocamento ad uso mangimistico salvaguardando anche le aziende che hanno questo come unico sbocco».
Secondo Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia, si è trattato di un atto d’emergenza che proprio per questa sua natura non ha potuto tenere conto dei meccanismi ordinari: il siero andava collocato con l'obiettivo di non creare interruzioni nella catena produttiva.
Confagricoltura Lombardia ha più volte chiesto del resto, già da giorni, come ha fatto notare sempre Boselli, un commissario unico sull’agroalimentare in grado di prendere decisioni veloci e urgenti a sostegno del settore che produce cibo in Italia.
Luigi Locatelli, presidente del Consorzio Latte di Peschiera Borromeo - cooperativa che raccoglie 120mila tonnellate di latte da 70 soci allevatori e commercializza altre 40mila tonnellate di altri produttori di latte non associati (in parte conferito alla coop socia Latteria Soresina e in parte ad altri casefici privati di formaggi anche freschi e latte alimentare)- si dichiara «sorpreso dalla diffida» rispetto al traguardo, assolutamente condiviso, quello di collocare il siero.
«Forse si poteva emanare il decreto - fa notare Locatelli - a livello ministeriale in modo da renderlo completamente inattaccabile. Il provvedimento è servito a eliminare quel collo di bottiglia del sistema che trasforma il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano e che offre uno sbocco al 40% del latte italiano. Fermare la filiera perchè l'azienda che ritira il siero è a corto di personale non avrebbe avuto senso».