“Stiamo assistendo ai prodromi di una tempesta perfetta. Le prospettive e le tendenze di crescita delle esportazioni internazionali inducono a pensare che entro quattro anni, ovvero nel 2023, raggiungeremo la parità tra i consumi nazionali ed esteri dei due formaggi porta bandiera del made in Italy. Sia per il Grana Padano sia per il Parmigiano Reggiano, infatti, l’export rappresenta oggi il 40% delle vendite totali, a fronte di un mercato interno in flessione a causa dell’aggressione dei similari. Perciò serve lungimiranza da parte delle istituzioni, nazionali e sovranazionali, per non consentire ad una politica eccessivamente protezionistica ed egoistica di prendere piede fra gli Stati, a danno di tutto il sistema economico-produttivo”.
Così Stefano Berni (nella foto), direttore generale del Consorzio di tutela Grana Padano Dop, commenta le tendenze relative al futuro dell’export dei grandi formaggi italiani, previste per i prossimi quattro anni in base a una elaborazione di dati Istat da parte del Consorzio di tutela.
Il direttore esprime le sue preoccupazioni rispetto agli atteggiamenti di chiusura e ai rischi legati alle politiche dei dazi e di embargo che creano tensioni fra gli Stati, anche all’interno della stessa Unione Europea, come per il caso Brexit.
“Queste proiezioni – continua Berni – non tengono però conto dell’evoluzione geopolitica dell’economia e delle gestioni interne agli Stati dei vari accordi internazionali, come ad esempio il Ceta che all’inizio dell’anno, per effetto della politica protezionistica di gestione delle attribuzioni delle quote d’importazione da parte del Canada, ha visto la riduzione significativa delle importazioni di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Un'altra fonte di rischio, dopo che abbiamo appena finito di smaltire i pesanti effetti derivati dall’embargo russo crescendo a doppia cifra, è rappresentata da Trump, l’ideologo della politica dei dazi e del commercio condizionato. A questa situazione instabile dal punto di vista commerciale, si aggiungono anche gli effetti della Brexit, i semafori inglesi nelle etichette e i primi segnali di riduzione dei consumi, che non posso certamente tranquillizzarci”.
Aggiunge il direttore del consorzio: “È evidente come ogni barriera, sia essa politica, ideologia o economica, rappresenti un freno e un danno per qualsiasi prodotto; e cosa c’è nell’Italian Food di più mondiale del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano? Che sorti potrà avere una politica di recinto e di protezione del “proprio stagno” che tenderebbe, se amplificata e reiterata nel tempo, a bloccare gli scambi mondiali con la promessa di un’impossibile autosufficienza in tutti i settori? Al contrario, le merci devono circolare con sempre maggiore trasparenza e nel rispetto delle regole universali dei processi produttivi, presentandosi in tutta la loro reale evidenza, ma devono poi essere i consumatori finali a scegliere consapevolmente e quindi liberamente cosa acquistare”.
“I problemi di oggi – conclude Stefano Berni – sono dei grandissimi rischi per il domani e non vanno sottovalutati dal nostro comparto, anche se in questo momento Grana Padano e Parmigiano Reggiano si stanno presentando in forma smagliante nei prezzi all’ingrosso e con vantaggi per i trasformatori e gli operatori del settore. Serve reagire di sistema contro la miopia di quei ‘furbacchioni’ che, per esigenze puramente egoistiche e non strategiche, si fanno paladini della conservazione irrazionale non rendendosi conto di quanto siano proprio questi gli ingredienti fatali per il futuro delle nuove generazioni, le quali dovranno gestirne gli effetti. Queste sciocche, anacronistiche e temporanee battaglie di Pirro dovrebbero essere messe al bando senza indugi e quelle stesse energie ora sprecate dovrebbero altresì essere impiegate per costruire prosperità e pace per le comunità di oggi e, soprattutto, di domani”.