Per rafforzare la competitività della zootecnia italiana è indispensabile un approccio sistemico, capace di integrare politiche di sostegno, strumenti di mercato e innovazione gestionale. È il messaggio emerso dalla tavola rotonda «Il futuro della zootecnia italiana: tra sfide economiche, nuova Pac e ricambio generazionale» promossa da Assocarni che si è svolta a Roma il 13 novembre 2025.
L’incontro, introdotto da un’analisi sull’andamento dei mercati bovino e ovino curata da Clal, società di consulenza del settore agroalimentare, ha riunito rappresentanti del mondo produttivo, industriale, distributivo e politico per un confronto sulle prospettive di un comparto strategico, ma ancora caratterizzato da criticità strutturali.
Alla tavola rotonda hanno partecipato Cristiano Fini (presidente Cia), Massimiliano Giansanti (presidente Confagricoltura e Copa), Ettore Prandini (presidente Coldiretti), Piero Camilli (vicepresidente Assocarni con delega al settore ovino), Paolo Cetorelli (Ce.Di.Gros), Giuliano Marchesin (direttore Oi IntercarneItalia) e Claudio Mazzini (Coop Italia).
Adattamento e limiti strutturali della filiera bovina
Nonostante la congiuntura europea negativa, la filiera bovina italiana ha dimostrato una notevole capacità di adattamento. Dopo mesi di forte volatilità dei prezzi, il mercato sta mostrando segnali di progressiva stabilizzazione.
Restano però aperte questioni strutturali di lungo periodo: il livello di autosufficienza nazionale rimane inferiore al 40%, e la produzione continua a dipendere in larga parte dai ristalli importati, in particolare da Francia, Polonia e Paesi dell’Est.
Il Ddl “Coltiva Italia”: un intervento strutturale per la linea vacca–vitello
«Il mercato resta complesso ma mostra segnali di stabilità grazie al lavoro di tutta la filiera - ha dichiarato Serafino Cremonini, presidente di Assocarni -. Ora serve consolidare questi risultati con politiche di lungo periodo e relazioni più equilibrate con la distribuzione. Con il Ddl “Coltiva Italia”, il Governo ha ascoltato l’appello degli allevatori e produttori italiani, scegliendo di investire in modo mirato sulla linea vacca–vitello: è la via per ridurre la dipendenza dai ristalli esteri e rafforzare la sovranità alimentare del nostro Paese».
Il Disegno di legge “Coltiva Italia” mete in campo una dotazione complessiva di 1,05 miliardi di euro, di cui 300 milioni destinati al comparto bovino: il 70% a sostegno della linea vacca–vitello, il restante 30% all’impiego di seme sessato. L’obiettivo è duplice: rafforzare la base produttiva nazionale e favorire la rimonta interna, riducendo la dipendenza dalle importazioni di vitelli da ingrasso.
Nel corso del dibattito è emersa anche la necessità di costruire un nuovo patto di filiera fondato su accordi di lunga durata, indicatori di costo trasparenti e una comunicazione coerente verso il consumatore.
Distribuzione e industria: servono relazioni più equilibrate
Il confronto tra i rappresentanti della produzione e quelli della distribuzione ha messo in luce la necessità di riequilibrare il potere contrattuale all’interno della filiera.
In particolare, è stata ribadita l’esigenza di definire meccanismi di indicizzazione dei prezzi basati su costi di produzione effettivi, al fine di garantire la sostenibilità economica degli allevamenti.
La grande distribuzione, rappresentata da Cetorelli e Mazzini, ha manifestato apertura al dialogo, sottolineando la necessità di trasparenza lungo la catena del valore e di un racconto condiviso al consumatore su origine, qualità e benessere animale.
Pac 2028–2034: necessario evitare la rinazionalizzazione
La seconda parte dei lavori, dedicata al confronto con il mondo politico e parlamentare, ha posto l’attenzione sul futuro quadro della Pac 2028–2034. I parlamentari intervenuti, Giorgio Maria Bergesio, Luca De Carlo, Stefano Patuanelli e Raffaele Nevi, hanno sottolineato la necessità di preservare la competitività della zootecnia italiana evitando il rischio di una rinazionalizzazione delle risorse comunitarie, che penalizzerebbe i sistemi di allevamento ad alto valore aggiunto tipici del nostro Paese.
Il messaggio condiviso è chiaro: occorre una Pac più flessibile, capace di riconoscere la specificità dei modelli produttivi italiani, basati su piccole e medie aziende, spesso integrate con produzioni Dop e Igp, e su un forte legame con il territorio.
Regolamento sulla deforestazione e accordo Mercosur
Un altro tema di rilievo affrontato nel corso della tavola rotonda è stato quello dell’applicazione del Regolamento europeo sulla deforestazione (Eudr).
Assocarni ha ribadito la richiesta di posticipare di dodici mesi l’entrata in vigore del regolamento, per evitare distorsioni concorrenziali tra Stati membri e oneri amministrativi sproporzionati per gli operatori italiani.
«Serve una politica commerciale coerente - ha osservato Cremonini - che non penalizzi le nostre filiere più virtuose. Se da un lato si impongono vincoli stringenti agli allevatori italiani, dall’altro non è accettabile aprire il mercato a carni provenienti da Paesi che non rispettano gli stessi criteri ambientali e sanitari».
In parallelo, è stata sottolineata l’importanza di garantire reciprocità negli standard nell’ambito dell’accordo Mercosur, assicurando che i prodotti importati rispettino gli stessi requisiti di tracciabilità, sicurezza alimentare e sostenibilità richiesti alle produzioni europee.
Assocarni ha ringraziato anche il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, per la costante attenzione al comparto e per la posizione assunta sull’Eudr. «Ha sempre mostrato disponibilità all’ascolto e una visione strategica per la filiera delle carni italiane - ha dichiarato Cremonini - in particolare per la posizione assunta sul Regolamento europeo sulla deforestazione, che comporterà costi e complessità significative per gli operatori».
Le proposte di Cia-Agricoltori Italiani per rilanciare la zootecnia nazionale, illustrate dal presidente Cristiano Fini, sono una riduzione della dipendenza dall’estero, più sostegno a innovazione e ricerca, un piano strutturale per le aree interne e interventi concreti per il ricambio generazionale, visto che l’incidenza dei giovani under 40 è sotto il 10%.
La fotografia dei comparti della carne bovina e ovicaprina
Secondo le elaborazioni Clal nel 2024 la produzione italiana di carne bovina ha raggiunto 659 mila tonnellate, in aumento del 6,3% rispetto al 2023. Nonostante il progresso produttivo, il grado di autoapprovvigionamento nazionale si è attestato solo al 37%, evidenziando la dipendenza strutturale del Paese dall’import di bovini da ristallo. Il fatturato complessivo della filiera, comprendendo allevamento e industria, supera i 13 miliardi di euro.
A completare il quadro, il comparto ovicaprino, con un valore superiore ai 900 milioni di euro tra carne e latte, conferma il proprio ruolo strategico nel presidio ambientale delle aree interne e nel mantenimento di produzioni tipiche di alta qualità. Il patrimonio ovino nazionale è in lieve crescita, mentre le importazioni di carne ovina registrano un incremento annuo di circa il 5%.








