Migliorare la gestione dell'aflatossina M1 nella filiera lattiero-casearia potenziando l’attività dei controlli per abbassare ancora di più il rischio di contaminazioni. Con la circolare n. 9487 del 7 marzo 2025 (vedi qui 20250307 Ministero-della-Salute_circolare-aflatossina-latte), il ministero della Salute ha introdotto una revisione delle linee guida per la gestione del rischio di contaminazione da aflatossine nella filiera lattiero-casearia, e in particolare dell’Aflatossina M1 (AfM1) nel latte.
Un documento atteso, che supera l’approccio emergenziale delle linee guida adottate nel 2013 per proporre un modello più strutturato e focalizzato sulla prevenzione, in risposta agli effetti dei cambiamenti climatici e in linea con la normativa comunitaria.
Le nuove linee guida rappresentano un passo avanti verso una gestione più moderna del rischio aflatossine: ossia più prevenzione, più responsabilità condivisa e un sistema di controlli che parte dalla stalla che arriva fino al prodotto finito. Nuove regole, quindi, rese necessarie dagli effetti estremi dei cambiamenti climatici che mettono a rischio la sicurezza del latte.
Obiettivo, prevenzione non gestione dell’emergenza
La nuova circolare nasce dall’esigenza di far fronte a una realtà sempre più complessa: le contaminazioni da micotossine, soprattutto nelle materie prime destinate all’alimentazione animale, sono oggi influenzate da forti variabilità climatiche, territoriali e stagionali. Questo impone un cambio di paradigma. Il rischio aflatossine non può più essere affrontato come evento eccezionale, ma deve essere gestito come parte integrante dell’autocontrollo di filiera.
Più responsabilità agli allevatori: controlli all’ingresso dei mangimi
La revisione delle procedure parte dal controllo delle materie prime. Gli operatori della produzione primaria – in particolare gli allevatori – devono definire una procedura interna che stabilisca:
- modalità di accettazione delle materie prime;
- criteri per l’identificazione dei lotti e dei fornitori;
- metodi di campionamento (elementari e rappresentativi), analisi e conservazione;
- parametri di accettabilità e gestione dei non conformi.
Importante anche l’utilizzo di test analitici rapidi – come i kit Elisa – per ottenere indicazioni tempestive. La granella, per esempio, va macinata prima dell’analisi, e i campioni devono essere spediti in contenitori di carta a doppio strato, mai in plastica. In caso di non conformità, il lotto va immediatamente segregato e segnalato al Servizio veterinario competente.
Il latte sotto sorveglianza: attenzione al valore soglia dell'aflatossina M1
Per il latte crudo, il valore soglia di attenzione è stato fissato a 0,040 μg/kg di AfM1. Se superato, il produttore deve comunicarlo all’Acl (autorità competente locale) entro 24 ore e avviare azioni correttive, in particolare sull’alimentazione degli animali. Se invece viene superato il limite massimo pari a 0,050 μg/kg, il latte è da considerarsi non conforme e deve essere:
- ritirato dal mercato entro 12 ore dall’esito analitico;
- smaltito come materiale di categoria 2, secondo il regolamento Ue 1069 del 2009;
- oggetto di blocco ufficiale, nel caso in cui l’operatore non sospenda il conferimento spontaneamente.
- Solo un nuovo campionamento con esito favorevole può autorizzare la ripresa della vendita.
Industria lattiero-casearia: niente diluizioni
Anche per i primi acquirenti, centri di raccolta e caseifici le novità sono significative. Se il latte in ingresso supera il valore di attenzione, l’operatore deve attivare tutte le misure previste nel piano di autocontrollo per risalire alla stalla di provenienza. È vietata ogni forma di miscelazione intenzionale (diluizione): in caso contrario, latte e derivati devono essere smaltiti.
Se la miscelazione è inconsapevole e non si hanno esiti favorevoli sul latte di massa, l’Acl valuterà caso per caso la possibilità di riammettere i prodotti sul mercato.
Autocontrollo: un dovere per tutti, dai mangimi al latte
La circolare chiarisce che tutti gli operatori della filiera – mangimisti, allevatori, trasformatori – devono disporre di un piano scritto di autocontrollo proporzionato al rischio. La frequenza dei campionamenti va stabilita in base a:
- provenienza e certificazioni dei mangimi;
- condizioni meteorologiche e di stoccaggio;
- storico dei non conformi;
- quantità e frequenza di acquisto dei lotti;
- livelli di produzione del latte.
Gli operatori possono avvalersi di laboratori interni o esterni, ma in ogni caso accreditati secondo la Norma Uni Cei En Iso/Iec 17025. Per le analisi, sono ammessi sia metodi qualitativi (test immunoenzimatici rapidi), sia metodi quantitativi, con priorità a quelli validati e riconosciuti dal Laboratorio nazionale di riferimento. La tecnica Elisa quantitativa è ritenuta equivalente alle analisi cromatografiche tradizionali.