Guerra russo-ucraina? La zootecnia se la cava

mercato zootecnia
Il report di Ismea sugli effetti per i mercati agroalimentari a un anno dal conflitto

Il conflitto russo-ucraino ha penalizzato l’economia mondiale e anche nazionale, ma tra coltivazioni e zootecnia è quest’ultimo settore il meno penalizzato. L’analisi arriva dal report di Ismea “I mercati agroalimentari e gli scambi commerciali a un anno dalla guerra Russia - Ucraina”, pubblicato il 7 marzo scorso.

La crisi energetica e l’instabilità geopolitica causata dalla guerra in Ucraina ha accompagnato anche gli ultimi mesi del 2022. Tuttavia, a chiusura d’anno, si è registrata una graduale decelerazione dell’inflazione, innescata dal calo dei prezzi dei prodotti energetici e da una politica monetaria restrittiva nei principali paesi. Tutti i prezzi delle principali commodity, come oli vegetali, carni, lattiero caseari, cereali, nella seconda metà del 2022, come si legge nel report di Ismea, si sono ridimensionati dopo aver raggiunto i massimi livelli tra maggio e giugno, anche se le quotazioni restano ben al di sopra rispetto a quelle medie degli anni 2020, 2019 e precedenti.

Ragione di scambio migliore in zootecnia

In base ai dati di sintesi del 2022 il dossier di Ismea evidenzia che per quanto riguarda le coltivazioni l’aumento dei prezzi dei mezzi correnti di produzione (+24,3%) è stato in media superiore a quello dei prezzi dei prodotti (+18,1%) e ha determinato un peggioramento della ragione di scambio. In zootecnia, invece, l’aumento dei prezzi dei prodotti (+25,5%) ha controbilanciato quello dei mezzi correnti di produzione (+21,8%), garantendo un miglioramento della ragione di scambio rispetto al 2021.

Tenuta dei volumi produttivi negli allevamenti

L’aumento dei prezzi si è accompagnato, inoltre, nel caso delle coltivazioni, a un calo dei volumi prodotti nel 2022 (-2,2% rispetto al 2021,), riconducibile a un’annata caratterizzata da eventi climatici particolarmente sfavorevoli, con basse temperature primaverili, eccezionali ondate di calore nel periodo estivo, assenza di precipitazioni e un clima caldo e asciutto.

Il settore zootecnico ha, invece, mantenuto volumi produttivi sostanzialmente stabili rispetto al 2021 (-0,3%).

Gli effetti del clima sfavorevole si sono manifestati in maniera evidente sui seminativi; infatti, nel 2022 le rese ad ettaro si sono ridotte soprattutto per il mais (-19% a 8,3 t/ha) che, unitamente al calo delle superfici (-4,2%), ha comportato una più decisa contrazione dei raccolti (-23% a 4,7 milioni di tonnellate).

Negativi sono stati anche gli esiti produttivi del frumento tenero con le rese scese del 16%, cui è corrisposta una flessione meno consistente dei raccolti (-10% a 2,8 milioni di tonnellate) grazie all’incremento delle superfici (+8%), della soia (rese in calo del 15% ma raccolti in aumento del 2% a 906 mila tonnellate grazie alla crescita del 20% delle superfici seminate), del frumento duro (rese e raccolti in calo di circa il 10% a 3,7 milioni di tonnellate per la sostanziale stabilità degli investimenti); al contrario, per l’orzo si è registrato un incremento delle superfici e dei raccolti (+6% a 1,1 milioni di tonnellate) con una stabilità dei rendimenti unitari.

Anche per i raccolti 2023, l’incubo della siccità fa intravvedere prospettive poco favorevoli; le intenzioni di semina dell’Istat (realizzate attraverso interviste a un campione di aziende condotte nel periodo autunnale) indicano anche una flessione delle superfici destinate a

  • frumento duro (-1,6% sul 2022),
  • mais (-6,2%), soia (-16,7)
  • e girasole (-1,1);
  • dovrebbero invece rimanere stabili l’orzo e crescere gli investimenti a frumento tenero (+6,2).

Mais, import dall’Ucraina quasi raddoppiato nel 2022

Per quanto riguarda l’approvvigionamento di prodotti agroalimentari dell’Italia dai due paesi in guerra, le importazioni di prodotti agroalimentari dalla Russia in valore sono aumentate del 2,6% sul 2021 attestandosi a poco più di 229 milioni di euro (dato parziale riferito al periodo gennaio-novembre), pari allo 0,4% dell’import totale, ma la crescita è da attribuire in larga misura agli aumenti di prezzi.

Per quanto riguarda le materie prime per la zootecnia il dossier di Ismea ricorda come l’Ucraina sia, dopo l’Ungheria, il secondo fornitore di mais dell’Italia. Nel 2022, le importazioni dall’Ucraina non sono diminuite, ma quasi raddoppiate rispetto al 2021 oltrepassando 1 milione di tonnellate (+79,6% sul 2021) per un valore superiore a 325 milioni di euro.

«In definitiva, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russa, sul fronte dei flussi di approvvigionamento delle materie prime da questi due paesi – rivela il report di Ismea – non ha portato i temuti sconvolgimenti e, se i flussi di prodotti di provenienza russa, ancorché limitati, hanno effettivamente fatto registrare un rallentamento sensibile, i flussi di provenienza ucraina hanno molto spesso evidenziato degli importanti segni più».

I prezzi delle materie prime a febbraio 2023 si sono ridotti

Anche i mercati nazionali, nel 2022, sono stati infiammati dalle dinamiche internazionali.

Tuttavia, i prezzi rilevati in Italia sulle principali piazze di contrattazione e aggiornati alla terza settimana di febbraio 2023 hanno evidenziato una tendenza flessiva, dopo i picchi raggiunti la primavera dello scorso anno.

Il mercato del mais, in particolare ha risentito della guerra tra Russia e Ucraina. Il prezzo della granella di mais è sceso dal record di 382,05 euro/t di marzo 2022 a 310,13 euro/t a febbraio 2023 (-19%), mantenendosi comunque su un livello di prezzo più elevato del 22% rispetto al valore medio del 2021.

Per questo prodotto, è verosimile prospettare, facendo riferimento unicamente alle variabili di base del mercato, il mantenimento di quotazioni sostenute nel breve periodo in ragione del calo globale dell’offerta e delle scorte nel 2022, anche in considerazione degli eventi climatici poco favorevoli.

In crescita anche il prezzo della soia, per la quale l’Italia importa in media il 70% del fabbisogno nazionale da Brasile (il 58% dei volumi complessivi nel 2022), Canada (il 17%) e Usa (il 13%). Il mais importato dall’Ucraina rappresenta solo il 4% dell’import totale. Il ruolo del paese nello scenario produttivo e commerciale internazionale è del tutto marginale rappresentando solo l’1% sia dei raccolti che dell’export di soia.

Dopo aver raggiunto il record superiore a 700 euro/t ad aprile 2022, a causa della flessione dei raccolti sudamericani del 2021/2, il prezzo medio nazionale si è ridimensionato a 554,83 euro/t nella terza settimana di febbraio 2023 (-20% su marzo 2022) attestandosi su un livello di prezzo più basso del 6% rispetto a quello medio del 2021.

Guerra russo-ucraina? La zootecnia se la cava - Ultima modifica: 2023-03-13T16:40:57+01:00 da K4

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome