«Tempi più graduali, sostegno economico, tecnologie per la transizione green». È quanto chiede Graziano Salsi, coordinatore del settore zootecnico di Alleanza delle Cooperative, al termine della riunione di coordinamento con le cooperative associate, per far sì che «il settore zootecnico non subisca pesanti perdite economiche per adeguarsi alle nuove normative della Commissione Europea in modo da raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati dall’Europa».
In particolare il riferimento è alla nuova direttiva sulle emissioni industriali, alla nuova legislazione sul benessere animale che dovrebbe essere varata il prossimo autunno dalla Commissione e il tema dell’End of cage age che prevede in un prossimo futuro il divieto di gabbie sui settori dei suini e delle galline ovaiole.
Anche l’organizzazione interprofessionale Intercarneitalia (che riunisce gli esponenti principali della filiera della produzione e trasformazione della carne bovina in Italia) è tornata in questi giorni sulla riforma della direttiva sulle emissioni industriali chiedendo un ulteriore sforzo affinché, come avvenuto in Commissione Agricoltura, anche in Commissione ambiente del Pe venga votata l’esclusione degli allevamenti bovini dalla normativa.
Maggiori costi di adeguamento alle normative Ue
«Il divieto dell’uso delle gabbie per il settore suinicolo richiederà alle imprese Ue – continua Salsi –per adeguarsi alle nuove regole notevoli investimenti, stimati in 3,2 miliardi, con un deterioramento dell'efficienza produttiva che ammonterebbe fino al 23,6%», anche «il settore avicolo avrà impatti significativi e saranno necessari ingenti investimenti quando sarà definita la nuova normativa sul benessere animale. Per quanto riguarda il “fine gabbia” si stimano costi tra i 2,1 e i 3,5 miliardi di euro a fronte di una diminuzione del numero di galline ovaiole stimata tra 330 e 379 milioni».
Aumento dei prezzi al consumo
Come spiega Salsi, è stato stimato che alcune indicazioni Efsa, in merito al parere scientifico sul benessere dei polli da carne che raccomandano una riduzione della densità di allevamento dei polli, comporterebbero una diminuzione del 72% dei capi allevati. E una conseguente perdita analoga di carne di pollo disponibile. Conseguenza di questo, un inevitabile notevole aumento del prezzo della carne avicola per i consumatori finali. Tanto da escludere intere fasce di popolazione dall’accesso alle proteine nobili della carne di pollo.
Più polli e maiali di origine extra-Ue
I cali di produzione nei settori suinicolo e avicolo avrebbero come effetto quello di «un forte impatto sulla bilancia commerciale dell'UE, assisteremmo ad un forte aumento delle importazioni, ad un devastante riduzione del reddito degli allevatori: è stimato - 37,8% per gli allevatori del settore suino se si abolissero, ad oggi le gabbie».
Misure non fondamentali per ridurre l’impatto degli allevamenti. Se le disposizioni Ue si guardano dal punto di vista ambientale, l’abolizione delle gabbie avrebbe uno scarso impatto sulla riduzione del riscaldamento globale in quanto la diminuzione della produzione in UE sarebbe compensata dall'aumento di produzione nei Paesi terzi. È quanto rilevano studi sulla valutazione di impatto commissionati dal Copa Cogeca a tre Istituti, uno tedesco, uno polacco e uno ungherese.
«Siamo disponibili a ragionare sui giusti temi del benessere animale – conclude Salsi –. Ma con un dovuto equilibrio per scongiurare che il conseguente calo produttivo prospettato dagli studi metta in crisi intere filiere a partire da quelle delle Dop, che sono state in grado di conferire reddito agli agricoltori. E al territorio, contribuendo alla grande crescita dell’export italiano nel mondo. Gli obiettivi della sicurezza alimentare rischiano di essere messi a rischio dalla riduzione produttiva che verrà indotta da norme troppo restrittive».