Nell’allevamento bovino le performance produttive come lo stato di salute degli animali sono strettamente correlati all’equilibrio dell’ambiente ruminale. Non sono infatti solo le classiche e principali patologie quali acidosi, chetosi, meteorismo e patologie podali ad essere favorite da condizioni ruminali instabili ma anche le altre importati problematiche nell’allevamento da latte e da carne oltre alle inefficienze.
È riconosciuto come il pH ottimale per un efficiente attività ruminale sia compreso tra 6 e 7 (Lewis e Emery 1962, Stampo et al. 1983). La cellulolisi ruminale, fondamentale per l’omeostasi nei prestomaci, è quasi totalmente inibita da un pH inferiore a 6,0 (Mould et al. 1983) e la digeribilità della sostanza secca diminuisce progressivamente con il diminuire del pH (Tilley et al. 1964).
Il pH ruminale fluttua nell’arco della giornata in relazione al tipo e caratteristiche della dieta, alla disponibilità di alimento nell’arco della giornata come anche al numero di sue somministrazioni (Lean 1987 Krause et al. (2002, Olson 1997; Garrett et al. 1999). Per tale motivo il valore medio di pH ruminale o una sua rilevazione estemporanea non rappresentano adeguatamente e realisticamente l’elevata variabilità che invece caratterizza il pH ruminale.
Le caratteristiche fisiche della dieta nel suo complesso, la dimensione del foraggio o dei concentrati nella loro individualità, nonché gli aspetti di degradabilità e fermentescibilità, influenzano il pH non solo attraverso i prodotti che originano dall’attività fermentativa ma anche dalla quantità di saliva prodotta (Krause et al. 2002, Yang et al. 2001; Krause et al. 2002).
Tamponi ruminali
I tamponi ruminali sono comunemente utilizzati nell’allevamento del bovino da latte e da carne da numerosi anni per i loro effetti positivi sulla produzione e sul benessere animale. Un composto per agire come tampone deve essere un acido debole o una base o un loro sale solubile in acqua e deve avere una costante di dissociazione prossima valore di pH fisiologico del rumine.
Con tampone si intende un prodotto che agisce solo limitando la diminuzione del pH ruminale senza determinarne un aumento, proprietà che invece contraddistingue i composti definiti neutralzzanti (Staples and Lough 1989).
I principali tamponi sono bicarbonato di sodio, bicarbonato di potassio, carbonato di magnesio e carbonato di calcio (Erdman 1988), mentre i composti neutralizzanti sono carbonato di sodio, carbonato di potassio, ossido di magnesio, idrossido di sodio e calcio idruro (Staples and Lough 1989).
A trovare maggiore impiego nell’alimentazione del bovino da latte e da carne sono: a) bicarbonato di sodio, b) ossido di magnesio e c) carbonato di calcio.
Sodio bicarbonato
Numerose sono le informazioni relative agli effetti dell’uso di bicarbonato di sodio, dal momento che il suo impiego risale ad oltre 50 anni fa. Nel 1989, Staples e Lough fecero una revisione di oltre 40 indagini scientifiche evidenziando i tipici effetti conseguenti al suo utilizzo tra cui l’aumento delle performance produttive, del pH ruminale in particolare in presenza di diete ricche di concentrati della produzione di acidi grassi volatili e del rapporto acetato/propionato, del tenore lipidico del latte e anche un miglioramento nella digeribilità della fibra.
Il bicarbonato di sodio agisce da tampone con lo stesso meccanismo con cui agisce il bicarbonato contenuto nella saliva, manifestando pertanto la sua massima efficacia in presenza di pH ruminale compresi tra 6.2 e 6.5 essendo il valore della sua costante di dissociazione pari a 6.26.
A riguardo non tutti gli studi evidenziano un aumento del pH ruminale a seguito dell’utilizzo alimentare di sodio bicarbonato e tale risultato scaturisce da due condizioni, la prima è la presenza di un pH ruminale iniziale inferiore a 6.0, il che limita la capacità tamponante del bicarbonato, la seconda è la presenza di diete con un elevato contenuto di NDF proveniente da foraggi lunghi (oltre il 30% della sostanza secca della dieta), condizione che a sua volta sminuisce il ruolo del bicarbonato in considerazione dell’elevato livello di pH già presente a livello ruminale e della sufficiente quantità di bicarbonato disponibile anche nel gruppo controllo a seguito della rilevante produzione di saliva (Erdman 1988).
La possibile presenza di un’azione tampone non completamente soddisfacente nelle diete caratterizzate da un’elevata presenza di concentrati e da un marginale apporto di NDF, in particolare della quota fisicamente efficace come a volte accade nelle diete per bovini da carne ad elevatissimo livello nutritivo, può essere inoltre dovuta alla rapida solubilità del bicarbonato abbinata ad altrettanto rapido transito ruminale che ne impedisce una permanenza sufficiente a svolgere la sua funzione tampone. Per tale motivo l’utilizzo del tampone o meglio un efficace approccio tampone al rumine non può prescindere da un corretto apporto di NDF fisicamente efficace.
Il bicarbonato di sodio viene utilizzato in quantità comprese tra gli 80 e i 200 g/capo/d nella bovina da latte ed i 40-120 g/capo/d nel bovino da carne.
Ossido di magnesio
L’ossido di magnesio è classificato come agente neutralizzante a lento rilascio in quanto la sua pKa non è ben definita e risulta inoltre relativamente insolubile in acqua (Erdman 1988). Diversi autori riportano comunque la sua efficace azione nell’aumentare il pH ruminale, le performance produttive e il tenore lipidico del latte (Erdman, 1988; Staples and Lough, 1989; RAGFAR, 2007).
La capacità di inattivare l’acidità dell’ossido di magnesio è compresa tra 41.9 e 49 meq/giorno, significativamente più alta degli altri agenti tampone o neutralizzanti, compreso il bicarbonato la cui capacità neutralizzante è pari a 11.9 meq/giorno (Schaefer, Wheeler et al., 1982). La sua solubilità in acqua, come accennato, è molto variabile e dipende anche dalla granulometria dei diversi prodotti reperibili sul mercato. L’utilizzo di ossido di magnesio determina un aumento del pH ruminale in presenza di diete caratterizzate sia da bassi che alti livelli di fibra (Kalscheur et al., 1997).
L’ossido di magnesio viene utilizzato in quantità comprese tra i 30 e 60 g/capo/d nella bovina da latte ed i 5-10 g/capo/d nel bovino da carne.
Carbonato di calcio
Il carbonato di calcio, nonostante sia dotato di un elevato potenziale nell’inattivare gli acidi, svolge un ruolo tampone limitato nel rumine a causa della sua bassa solubilità in tale sede ruminale ai valori di pH fisiologici per l’animale (Haaland and Tyrrell, 1982; Haaland et al. 1982, Erdman 1988).
Il carbonato di calcio ha infatti un’importante azione tampone in presenza di pH compresi tra 5 e 4,5 (Haaland et al., 1982).
Svolge comunque un’azione fondamentale a livello intestinale modulando efficacemente il pH in tale sede (Kellaway e Porta 1993; Russell et al. 1980; Haaland e Tyrrell 1982; Haaland et al. 1982).
Il litotamnio
Al fine di ottenere un efficiente modulazione del pH del rumine, numerosi altri additivi sono stati considerati nel recente passato e tra di essi un ruolo consolidato è stato attribuito ai lieviti e agli oli essenziali, sul cui utilizzo si è concentrata l’attenzione dopo il bando della comunità europea in merito all’utilizzo degli antibiotici ad azione auxinica.
Altri composti sono stati però recentemente studiati in merito al loro potenziale ruolo tampone a livello ruminale e tra questi risultati di rilevanza sono emersi relativamente al litotamnio.
Il litotamnio è costituito dai residui fossili di alghe rosse (Lithothamnium calcareum) prelevate dai fondali bretoni o irlandesi. Utilizzato in ambito agronomico per le qualità ammendanti e per l’apporto di minerali organici, di recente trova anche impiego in alimentazione animale come tampone a livello ruminale.
Cruywagen et al. (2004 e 2007), in studi condotti su animali fistolati alimentati con diete potenzialmente subacidogene, evidenziano che l’apporto di 90 g/capo/d di litotamnio risulta più efficace nel mantenimento di valori di pH ottimali rispetto all’inclusione di 180 g/capo/d di bicarbonato di sodio. Gli autori riportano infatti una riduzione delle ore in cui il pH ruminale si attesta a valori inferiori a 5.50 e rispettivamente 7.70 ore nel gruppo alimentato con bicarbonato e 4.0 ore nel gruppo alimentato con litotamnio, con positive ripercussioni sia sulla produzione di latte (29.1 vs 31.6 l/capo/d) che sul titolo lipidico (4.18 vs 4.21%).
A tali effetti positivi si associa la disponibilità di minerali in forma organica e quindi ad elevata biodisponibilità.
I risultati di una prova di campo
Al fine di testare gli effetti conseguenti all’utilizzo del litotamnio sulla stabilità ruminale è stato condotto uno studio che ha coinvolto 57 scottone Limousine in fase di ingrasso divise in due gruppi, trattato e controllo. Lo studio, della durata di 100 giorni, prevedeva la sostituzione del bicarbonato di sodio (50 g/capo/d) con litotamnio (25 g/capo/d - Acid Buf®, Celtic Sea Minerals, Cork, Ireland) in una dieta unifeed a secco (senza silomais) caratterizzata da un elevato livello nutritivo (Tabella 1).
Sono stati indagati i seguenti parametri: incremento ponderale medio giornaliero, assunzione di alimento, indice di conversione alimentare, caratteristiche qualitative e chimiche delle feci e l’andamento del pH ruminale nel corso della giornata. A quest’ultimo scopo, 5 animali per gruppo sperimentale sono stati dotati di bolo per la misurazione in telemetria del pH ruminale, rilevandone il valore ad intervalli di 10 minuti e per un periodo di 35 giorni.
I risultati dello studio hanno evidenziato un miglioramento della crescita negli animali trattati rispetto ai controllo di 45 g/capo/d (controllo 1.203 vs 1.248 trattato) che, in assenza di differenze nell’assunzione media di alimento (controllo 7.53 vs 7.54 trattato) sembra abbinarsi anche ad un miglioramento dell’indice di conversione alimentare (controllo 6.29 vs 6.05).
L’andamento del pH ruminale nell’arco della giornata e nei 35 gironi di rilevazione ha messo in evidenza un pH ruminale più elevato negli animali trattati rispetto a quelli di controllo. Inoltre, è determinate sottolineare che nei controlli il numero medio di ore in cui il pH ruminale si è attestato su valori al di sotto della soglia di sicurezza di 5.6 è risultato sensibilmente superiore rispetto che nei bovini del gruppo trattato, esponendo pertanto gli animali del gruppo controllo ad un maggiore rischio di acidosi.
Tale rischio è risultato particolarmente evidente durante la transizione dalla dieta di accrescimento a quella di ingrasso, avvenuta tra l’8 e il 10 marzo. Gli animali di controllo hanno richiesto pertanto un maggior tempo oltre ad una maggiore difficolta per l’adattamento dell’ambiente ruminale alla nuova dieta esponendoli pertanto ad rischi maggiori di malattie connesse all’acidosi sub-clinica quali laminite, meteorismo e dismetabolie digestive in genere.
La valutazione qualitativa delle caratteristiche delle feci (Figura 1), effettuata setacciando 6 pool di campioni di feci (3 del gruppo controllo e 3 del gruppo trattato), ha evidenziato una maggiore presenza nel gruppo di controllo di residuo indigerito sul primo e secondo setaccio mentre il gruppo trattato presentava una maggior quantità di residuo indigerito sul terzo setaccio. Tale ripartizione sembra evidenziare una maggiore efficienza digestiva nel gruppo trattato rispetto al controllo.
Tale considerazione trova conferma nei risultati relative all’analisi della caratteristiche chimiche del materiale fecale riportate in tabella 2 e da cui emerge nel gruppo trattato, da un lato valori significativamente inferiori di NDF (P<0.1), ADL (P<0.001) ed emicellulose (P<0.001) e dall’altro un contenuto maggiore di ADF (P<0.05), con assenza di differenze significative nel contenuto di sostanza secca.
Tale risultato, che evidenzia una maggiore degradabilità della frazione fibrosa digeribile, può essere ascritto a una maggiore attività dei batteri e dei protozoi ruminali che grazie alla presenza di un pH più stabile e più alto (P<0.001), riescono a svolgere in maniera più efficiente la loro attività.
Conclusioni
La capacità tampone fisiologica del rumine è influenzata dai fattori in grado di alterare la quantità e qualità della saliva prodotta, la concentrazione degli acidi grassi volatili ruminali e dell’anidride carbonica (CO2), e il tasso di passaggio e assorbimento dei prodotti della fermentazione attraverso il rumine.
L’apporto di tamponi attraverso la dieta ha lo scopo di sostenere e coadiuvare la capacità fisiologica tampone del rumine e la loro attività è strettamente connessa alle caratteristiche di solubilità e di costante di dissociazione che li differenziano.
Variazioni eccessive del pH ruminale limitano comunque l’efficacia dei tamponi alimentari e per tale motivi determinanti sono le caratteristiche della dieta in termini di fermentescibilità, omogeneità e correttezza nella preparazione e distribuzione ma in particolare il garantire all’animale in corretto e necessario apporto di NDF e in particolare di NDF fisicamente efficace e in grado di stimolare un sufficiente attività di ruminazione e con essa di masticazione e produzione di saliva.
Tra i tamponi disponibili sul mercato il litotamnio risulta dotato di un efficace azione con risultati estremamente interessanti in termini di performance di crescita, digeribilità della dieta e di benessere animale dal momento che limita la riduzione del pH ruminale e ne contiene le oscillazioni limitando il rischio di acidosi e delle patologie ad essa connesse.
*) Dipartimento di Scienze veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare, Università degli Studi di Milano.
**) Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università di Parma.
Leggi l’articolo completo su Informatore Zootecnico n. 17/2015 L’edicola di Informatore Zootecnico