Più comunicazione in store, più prodotti elaborati: il futuro delle carni nella distribuzione moderna passerà attraverso queste due politiche, che contrasteranno il calo dei consumi che ha colpito il comparto anche nel 2011. Durante un incontro organizzato da Sg Marketing Agroalimentare durante l'edizione 2012 della rassegna Marca, di Bologna, i principali responsabili del settore carni delle catene distributive e rappresentanti dei principali produttori nazionali si sono confrontati sui nodi da sciogliere per garantire un futuro più roseo al comparto.
Partendo da un dato chiaro: nel 2010, secondo un’elaborazione di Sg su dati Gfk-Eurisko, le vendite a valore di carne sono cresciute nella distribuzione moderna, arrivata a quota 58%, mentre il dettaglio ha perduto terreno e si è attestato al 42%. Naturalmente, se la distribuzione moderna continua ad accrescere il proprio peso, saranno proprio le sue politiche, in termini di assortimento, prezzo e comunicazione al consumatore, a “guidare” le vendite in futuro.
La flessione
Per ora i numeri non sono propriamente positivi: nei primi 10 mesi del 2011, le vendite a volume del totale carne sono scese dello 0,4%, con tutte le principali tipologie in sofferenza (bovina -0,5%, suina -0,7%; avicola -1,4%). Tuttavia, scindendo questo dato tra carni tal quale ed elaborate, emerge come queste ultime stiano, seppur lentamente, guadagnando terreno, portando a casa un +1,1%.
Oggi, sempre secondo i dati presentati, gli elaborati di carne rappresentano il 9% del mercato, tra elaborati tradizionali (44%), precotti (30%), elaborati arricchiti (18%) e pronti da mangiare (8%). Ma, secondo un’analisi dell’offerta del reparto macelleria condotta tra giugno e luglio 2011, arrivano a pesare circa il 36% dell’offerta di carne sul punto di vendita, tra un 24,1% dei ready to cook, ossia quei prodotti elaborati pronti da cuocere, e l’11,9% dei ready to eat, come precotti e carpacci. Naturalmente queste percentuali variano in funzione della tipologia di carne esaminata: tra il bovino, è ancora netta la predominanza di un’offerta tal quale (83,3%); nel suino tal quale e ready to cook si equivalgono come peso (48,1% entrambi); nell’avicunicolo sono i ready to eat a mostrare un’elevata incidenza (24,3% dell’offerta) a causa del successo degli elaborati di pollo.
La promozione
A spingere i prodotti elaborati anche una politica promozionale più aggressiva, che cresce in funzione del livello di servizio aggiunto. In pratica, se sui ready to prepare la promozione incide sull’11,8% delle vendite, nei ready to eat arriva al 25,7%: una confezione su quattro è venduta in promozione, con un taglio prezzo o un’altra formula.
L’innovazione di prodotto è, quindi, una delle leve principali per svegliare l’attenzione di un consumatore distratto e poco informato, che sta rivedendo il suo modo di acquistare e consumare carne.
Sempre secondo la ricerca, sul fronte consumi l’Italia è sostanzialmente spaccata in due: al Nord si sta affermando un modello che prevede un acquisto settimanale/bisettimanale, mentre coloro che acquistano carne più volte la settimana sono al di sotto della media del mercato (38%). Al Centro Sud invece i consumatori frequenti si attestano intorno al 50%. Nella distribuzione moderna, i consumatori preferiscono acquistare carne al libero servizio, ossia in vaschetta, rispetto al banco assistito.
A pesare sulla scelta, naturalmente, esigenze di praticità e di velocità della spesa, mentre al Sud il banco del macellaio mantiene importanza anche nelle superfici moderne, segnale della permanenza e dell’importanza di un rapporto fiduciario col venditore.
Complessivamente, i consumatori che acquistano carne in Gdo la scelgono in base alla percezione visiva del prodotto (colore) e al prezzo, elemento che è divenuto sempre più importante soprattutto in questi tempi di crisi. Secondo la ricerca, il 70% dei consumatori afferma di avere acquistato carne di primo prezzo o promozionata, a conferma che la ricerca di convenienza rimane un driver di scelta importante.
L’informazione
Sugli elementi di rassicurazione, gli italiani guardano all’origine del prodotto e alle modalità di allevamento degli animali, fattore in crescita. Relativamente meno importante la marca, visto che i prodotti a marchio d’insegna stanno rapidamente accrescendo la propria quota, mentre guardando alle criticità, il tasto dolente è l’informazione sul prodotto.
I consumatori lamentano una certa carenza d’informazione, con una sostanziale uniformità delle catene nel materiale informativo sul punto vendita, spesso insufficiente e incapace di generare fiducia.
Perché i prodotti carnei, visti in un’ottica di fidelizzazione del consumatore al supermercato o all'insegna, sono determinanti. Addirittura il 45% dei consumatori cambierebbe negozio se la carne non fosse all’altezza delle sue aspettative qualitative.
Oggi, uno dei trend più rilevanti che investe anche il mondo della carne è la sostenibilità, declinata in salutismo per sé e in un minore impatto sull’ambiente. Ma se quest’ultima istanza rimane per il momento in secondo piano, i consumatori di carne oggi pongono il legame col territorio in primo piano, credono che la carne locale possa dare maggiori garanzie di salubrità, di salvaguardia del tessuto produttivo, di maggiore attenzione all’ambiente e al benessere degli animali.