Durante il 18° congresso della Sivar (Società italiana veterinari animali da reddito), tenutosi dall’11 al 13 maggio come ogni anno a Cremona, c’è stata l’occasione di approfondire le tematiche scientifiche riguardanti l’allevamento del vitellone da carne, una realtà tipica del nord Italia che si basa sull’importazione di bovini provenienti da zone a spiccata vocazione pascolativa dell’estero, in particolare della Francia.
Questi bovini, prevalentemente di razza Limousine e Charolaise, arrivano nelle nostre stalle a un peso di circa 350-400 kg rispettivamente e vengono ingrassati per circa 6-7 mesi fino a raggiungere un peso di macellazione di circa 650-700 kg.
In questa tipologia di allevamento le prime 4-6 settimane dall’arrivo sono le più complicate in quanto i bovini devono far fronte a una serie di cambiamenti quali: il lungo viaggio di trasporto, il cambio della dieta alimentare, il mescolamento di animali di diversa provenienza, l’adattamento alla nuova struttura stabulativa, ecc. Tutti fattori che generano stress e rendono gli animali più vulnerabili alle problematiche sanitarie.
Il titolo della giornata: “Vitelli da ristallo importati in Italia: parassiti, virus, batteri, cosa portiamo dentro le nostre aziende?” è una chiara provocazione per i relatori nel dover far chiarezza su alcuni punti sanitari strategici di questa realtà allevatoriale. Alcune risposte sono arrivate dalle presentazioni dei due relatori padovani Eliana Schiavon, dirigente presso il laboratorio di Diagnostica clinica dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Padova e Mario Pietrobelli, del Dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute dell’Università di Padova.
Sindrome respiratoria bovina
Schiavon ha esposto numerosi dati di ricerche da lei condotte in allevamenti del Veneto in una relazione dal titolo “Monitoraggio siero-eziologico su ristalli francesi”. Nella relazione è emersa la necessità di fare chiarezza sulla patologia respiratoria (Brd), principale problematica sanitaria nell’allevamento del bovino da ingrasso.
Questa patologia ha un forte impatto sul reddito in quanto spesso determina alti tassi di mortalità, vendita di soggetti prima che abbiano raggiunto il peso ideale di macellazione, diminuzione delle performance di crescita e aumento dei costi terapeutici e profilattici.
Tradotto in numeri il quadro è spaventoso: la sindrome respiratoria incide tra il 40 e l’80% su tutte le cause di mortalità che si hanno nella fase di condizionamento (4-6 settimane dopo l’arrivo). L’incidenza della Brd in allevamento dipende dal livello gestionale della mandria e può oscillare da un 10% in allevamenti con una buona managerialità, fino all’intera partita in allevamenti con scarsa attenzione alle tecniche di condizionamento. La Brd è una patologia multifattoriale sulla quale possono incidere diversi agenti eziologici tra cui vari virus (Herpesvirus bovino tipo 1; Virus respiratorio sinciziale bovino; Virus della parainfluenza 3; Adenovirus; Coronavirus e Virus della diarrea virale bovina), vari batteri (Pasteurella multocida, Mannehimia haemolytica e Histophilus somni) e alcune specie di micoplami. La Brd è una patologia ad andamento stagionale che vede l’apice dell’incidenza e della gravità nel periodo autunno-vernino per l’accentuarsi dei fattori ambientali predisponenti quali umidità e basse temperature.
L’età e lo stato nutrizionale dei bovini al momento del ristallo influenzano significativamente la morbilità e la gravità della Brd.
Clinicamente la Brd può manifestarsi con sintomi generali (febbre, abbattimento e riduzione dell’appetito) o con sintomi legati all’apparato respiratorio (dispnea, tosse, scolo nasale, scolo oculare); nei casi più gravi la polmonite che si instaura può determinare la morte dell’animale. La tempestività e l’efficacia dell’intervento farmacologico rappresentano i fattori più importanti per una prognosi favorevole con un rapido recupero delle capacità produttive.
Diarrea virale bovina
Sulla diarrea virale bovina (Bvd) va considerato con attenzione che l’1% dei capi provenienti dalla Francia sono animali persistentemente infetti al virus mentre il 15% presenta anticorpi non strutturali (soggetti che sono venuti a contatto col virus di campo o con un virus vaccinale vivo). Se il virus della Bvd lo si cerca attraverso il tampone nasale anziché sul sangue, la prevalenza dei soggetti positivi è del 4%, il che fa riflettere sulla diffusione della malattia nel momento dei rimescolamento di soggetti sani con soggetti persistentemente infetti nelle stalle di sosta e durante il trasporto.
L’esame batteriologico effettuato su tampone nasale di numerosi soggetti all’arrivo indica che il 65% dei soggetti testati avevano una flora microbica mista, un 23% erano negativi, un 6% erano positivi a Mannheimia haemolytica e l’1% a Pasteurella multocida pur non presentando sintomatologia clinica.
È interessante notare che gli animali positivi al tampone nasale avevano una temperatura corporea significativamente più alta rispetto a quelli negativi, testimoniando l’importanza di questa semplice pratica diagnostica.
Il continuo monitoraggio siero-eziologico dei capi all’arrivo, seppur attuati su un campione ristretto di soggetti consente di evidenziare quali siano i patogeni respiratori ai quali dover porre attenzione e permette di adeguare i piani vaccinali alla realtà di ogni allevamento con buoni risvolti sulla sanità della mandria.
Malattie parassitarie
“Oltre ai bovini importiamo anche parassiti?”. Questo il titolo della relazione di Mario Pietrobelli, veterinario direttore del Dipartimento di Medicina animale, produzioni e salute dell’Università di Padova. Una panoramica sulle più frequenti malattie parassitarie dei bovini da ristallo e ha voluto sensibilizzare i colleghi su un argomento riguardo al quale le informazioni sono scarse e frammentarie.
Come già accennato, nei Paesi di origine i bovini vivono in zone di pascolo e questo rappresenta un importante fattore di rischio per numerose malattie parassitarie. Quando poi gli animali vengono raggruppati per essere venduti e trasportati in Italia, lo stress e la promiscuità di soggetti provenienti da zone diverse permettono una facile diffusione delle malattie.
Le più importanti malattie parassitarie del bovino da carne possono essere suddivise in endoparassitosi (causate da parassiti che vivono all’interno dell’ospite) ed ectoparassitosi (causate da parassiti che vivono sulla cute dei bovini) come sintetizzato in figura 5.
Malattie causate da nematodi
Le strongilosi gastrointestinali sono causate da alcuni tipi di nematodi che hanno le forme adulte dei vermi che vivono nel tratto gastrointestinale dei bovini. Rappresentano le parassitosi più frequenti nei bovini da ristallo, in quanto il ciclo vitale del parassita è orofecale e quindi il pascolo da cui provengono gli animali rappresenta il luogo dove gli animali si infettano.
La dictiocaulosi è una strongilosi bronco-polmonare, ossia una malattia dell’apparato respiratorio che nel bovino è causata da Dictyocaulus viviparus, un nematode che vive nella biforcazione tracheale e nei grossi bronchi. Il ciclo vitale del parassita si completa generalmente nel pascolo quindi è sufficiente trattare farmacologicamente gli animali all’arrivo per interrompere la parassitosi.
Malattie causate da trematodi
Nel bovino da carne la più importante fra le malattie da trematodi è la fasciolosi, sostenuta da Fasciola hepatica, causa gravi perdite economiche poiché diminuiscono le performance produttive dell’animale e il fegato in sede di macellazione viene eliminato. È una parassitosi legata a pascoli umidi, poiché l’ospite intermedio del ciclo vitale del parassita è una lumaca acquatica. Ovviamente la Fasciola hepatica non riesce a completare il suo ciclo biologico nell’allevamento intensivo ma gli animali possono arrivare già infetti, anche se la prevalenza si è notevolmente ridotta negli ultimi anni, passando dal 30% negli anni ‘80 a valori inferiori al 5% negli ultimi anni; questo è stato possibile grazie alla maggior conoscenza della malattia, all’attuazione di piani di lotta e alla presenza in commercio di farmaci sempre più efficaci. Altre malattie da trematodi come la dicroceliosi (Dicrocoelium dentriticum) e la paramphistomosi (Paramphistomum spp), sono sottovalutate ma spesso presenti negli animali importati e i farmaci utilizzati al momento dell’importazione non sono efficaci nei confronti di questi parassiti.
Malattie causate da protozoi
Secondo Pietrobelli la coccidiosi è ancora la parassitosi in assoluto più frequente nei bovini da ristallo. Questo parassita ha un ciclo orofecale in cui gli elementi infettanti sono le oocisti. I fattori di rischio sono la presenza di lettiera permanente, la densità elevata degli animali e l’umidità ambientale. I coccidi sono specie-specifici e la malattia si presenta con una forma clinica più aggressiva in animali giovani con meno di un anno d’età.
La besnoitiosi è una malattia parassitaria sostenuta da un protozoo (Besnoitia besnoiti) in grado di formare cisti nella cute dei bovini. L’infezione sembra che avvenga tramite la puntura di insetti ematofagi. Nella fase acuta si osservano edemi cutanei con infiammazione dei vasi sanguigni e trombosi, arrossamento della mammella, dolorabilità articolare, orchite e linfoadenomegalia.
Nella fase cronica si ha la formazione di cisti cutanee con perdita di elasticità e indurimento della pelle (pachidermia).
La besnoitiosi era in passato diffusa quasi solo nelle regioni tropicali e sub-tropicali con sporadici focolai in Spagna, Portogallo e sud della Francia mentre negli ultimi anni stanno aumentando i casi in Germania, Svizzera, Croazia, Ungheria ed Italia.
Malattie causate da artropodi
L’ipodermosi è una malattia (miasi sottocutanea) causata dalla forma larvale di Hypoderma bovis e Hypoderma lineatum. Gli animali più a rischio sono quelli al pascolo o all’alpeggio che si infettano nella stagione estiva. Il parassita dopo aver effettuato delle migrazioni nei muscoli del bovino si localizza in noduli sottocutanei ed esce tramite un foro sulla cute generalmente alla fine dell’inverno successivo, provocando ovviamente traumi e fastidi all’animale oltre che un danno economico per la concia delle pelli.
Tra le malattie da acari, la rogna psoroptica è la più frequente nel bovino da carne ed è sostenuta da Psoroptes ovis. I fattori di rischio per le rogne sono la promiscuità, in quanto gli acari passano facilmente da un animale a un altro, carenze alimentari, macro/microclima, lunghezza del pelo, igiene dell’allevamento. Durante la stagione calda gli acari si localizzano nella regione ascellare, inguinale, vicino alla coda e alle orecchie e nel canale uditivo esterno, per poi diffondersi su tutto il corpo durante l’inverno quando il pelo si infoltisce.
Altri ectoparassiti sono i pidocchi che si dividono in masticatori (Damalinia bovis) e succhiatori (Haematopinus eurysternus, H. quadripertusus, Linognathus vituli, Solenopotes capillatus).
Micosi da Trichophyton verrucosum
La principale micosi del bovino da carne è sostenuta da Trichophyton verrucosum che causa delle tipiche lesioni rotonde ad anello in senso centrifugo. È altamente contagiosa anche se la guarigione è spontanea in 3-4 mesi dopo un’adeguata risposta immunitaria.
Questa micosi è una zoonosi quindi rappresenta un pericolo per le persone a contatto con gli animali.
Strategie antiparassitarie
Secondo Pietrobelli le strategie antiparassitarie si basano su tre punti fondamentali:
- conoscenza del problema: conoscere la biologia del parassita, il suo ciclo biologico, la modalità di trasmissione, le azioni patogene e i tempi di sopravvivenza nell’ambiente; conoscere epidemiologia, sintomatologia, diagnosi, terapia e profilassi della malattia parassitaria;
- conoscenza degli allevamenti e degli animali: è necessario conoscere la realtà dell’allevamento, le caratteristiche climatico-ambientali, il tipo di alimentazione, lo stato epidemiologico degli animali di nuova introduzione;
- creazione di strategie personalizzate: i veterinari in stretta collaborazione con gli allevatori nell’ambito di un servizio di assistenza continuativo e costante possono impostare piani di lotta personalizzati che prevedano uno o più trattamenti strategici all’anno.
Nella conclusione del suo intervento Pietrobelli ha ricordato agli operatori che il metodo di lavoro Haccp non dovrebbe rimanere a esclusivo uso del settore alimentare ma potrebbe essere efficacemente usato per le malattie parassitarie. Questo metodo si basa su: analisi critica del rischio, analisi dei fattori di rischio e valutazione del rischio, controllo dei punti critici.
(1) Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Legnaro (Pd).
(2) Medicina veterinaria, Università degli studi di Padova.
L’articolo completo è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 14/2016
L’edicola di Informatore Zootecnico
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