Il rischio di contrarre la Psa (Peste suina africana) continua a non far dormire sonni tranquilli gli allevatori in Lombardia ed Emilia Romagna. Il virus si sta, infatti, allargando a macchia d’olio trasportato dai cinghiali infetti, che ne sono le prime vittime, nelle due regioni più vocate per la suinicoltura.
Oltre a questo, gli allevatori devono far fronte ai danni indiretti legati alle misure di restrizione attivate per contrastarla e spesso non possono movimentare i suini pronti per il macello.
Altri casi positivi al virus sono stati, infatti, scoperti ancora di recente a Piacenza e Pavia, dopo il primo caso di un allevamento di suini colpito dalla Psa scoperto in Piemonte nell’astigiano nel gennaio scorso (vedi qui).
Una cabina di regia a Piacenza chiesta dal mondo agricolo
Per coordinare un pronto intervento nella battaglia contro la Psa, su sollecitazione del mondo agricolo, è stata creata di recente una cabina di regia in provincia di Piacenza composta da rappresentanti della Provincia e Polizia provinciale, dei sindaci (un sindaco per ogni Unione di comuni, e uno per vallata con riferimento ai Comuni non organizzati in Unioni), associazioni sindacali agricole, associazioni venatorie e rappresentanti delle associazioni del settore lavorazioni carni.
Giovanna Parmigiani, presidente della sezione di prodotto suinicola di Confagricoltura Piacenza e componente di Giunta nazionale dell’organizzazione agricola, l’aveva chiesta parlando di «situazione gravissima» rivolgendosi, assieme ai Comuni piacentini, alla Provincia di Piacenza. «Dobbiamo fare tutto il possibile e subito – aveva detto –. C’è in gioco tutto il settore suinicolo, dai nostri allevamenti alle nostre tre Dop, con le famiglie legate economicamente alla sorte del settore, per arrivare fino alle cose meno importanti, come le scampagnate in quota, i percorsi eno-gastronomici, la raccolta funghi e le feste all’aria aperta».
A questo si aggiunga anche un allarmismo diffuso nell’opinione pubblica a causa della Psa che ha fatto scendere il prezzo di vendita dei suini e diminuire il volume di acquisto delle carni suine per il consumo nazionale nel commercio al dettaglio.
Opas lavorerà le carni di allevamenti ubicati nelle zone di restrizione I e II
Per venire incontro alle difficoltà degli allevamenti di suini penalizzati dalle restrizioni anti-Psa si è intanto mossa Opas: la cooperativa di suinicoltori e organizzazione di prodotto più grande d’Italia, leader nella produzione di cosce Dop è disponibile a lavorare le carni di maiali anche di allevamenti non associati con sede nelle zone di restrizione I e II, tra cui anche la provincia di Pavia.
In Lombardia è critica la situiazione degli allevamenti della provincia pavese
Una decisione commentata positivamente da Gianfranco Comincioli, presidente di Coldiretti Lombardia: «La Psa che ha raggiunto la provincia di Pavia sta mettendo in crisi l’intero comparto dei suini, a cominciare dagli allevamenti che, seppur indenni dalla malattia, si trovano a fare i conti con divieti e limitazioni che rischiano di compromettere in maniera irreversibile la loro attività. In un momento così delicato serve la responsabilità dell’intera filiera: per questo accogliamo con favore l’iniziativa della cooperativa Opas».
«Gli allevamenti che, pur non avendo casi aziendali di infezione al virus della Psa, a seguito dell’applicazione della normativa comunitaria ricadono nelle zone di restrizione e vigilanza, hanno difficoltà – ha sottolineato Coldiretti Lombardia – a commercializzare le carni dei loro maiali che sono, invece, sicure e possono essere utilizzate per tutti quei canali della salumeria e per tutti i Paesi che non pongono restrizioni all’import».
Se da una parte va mantenuta alta l’attenzione con gli allevatori impegnati a mettere in pratica le imprescindibili misure di biosicurezza, come ha fatto notare l’organizzazione agricola lombarda, dall’altra è necessario che tutti gli attori della filiera facciano la propria parte affinché tutti possano continuare a lavorare, per salvaguardare un comparto cardine del made in Italy agroalimentare.
Necessario contenere il numero di cinghiali
Coldiretti Lombardia ha ribadito anche la necessità di contenere in maniera definitiva il numero dei cinghiali, principale vettore della malattia chiedendo ancora alla Regione Lombardia di rafforzare i piani di controllo già in atto e potenziare tutti gli strumenti a disposizione, anche sul fronte del risarcimento danni e di sostegno al credito alle aziende agricole colpite.
Anche per il presidente nazionale della Cia, Cristiano Fini, è fondamentale mettere in atto il Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica, pubblicato in Gazzetta Ufficiale già da luglio per la messa in sicurezza del sistema produttivo da cui dipendono importanti Dop e Igp dell’agroalimentare made in Italy.
Non bisogna perdere altro tempo: «Occorre – ha aggiunto Fini – che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, cui è demandata l’attuazione del Piano, usufruiscano delle misure previste, soprattutto per quanto riguarda i Piani regionali di interventi urgenti (Priu) relativi alla gestione del cinghiale, e che il Governo abbia un forte ruolo nell’accelerare il processo».
Oltre mille i casi di Psa in sette regioni
Come ha fatto notare l’organizzazione agricola, l’espansione della Psa nel Nord-Italia sta diventando sempre più ampia e pericolosa per le produzioni suinicole di qualità. I casi di Psa hanno ormai superato le mille unità, toccando già sette regioni.
Con quasi 2 milioni di cinghiali ancora in circolazione che hanno procurato già danni all’agricoltura per 120 milioni di euro negli ultimi sette anni, è a rischio un settore, quello suinicolo, da 11 miliardi di fatturato e 70 mila addetti nella filiera, così come la sicurezza dei cittadini su strade e autostrade dove gli incidenti, anche mortali, causati dagli ungulati sono sempre più frequenti, 500 in quattro anni.