Dopo l'incontro con il Governo sul problema della Psa (Peste suina africana) dello scorso 6 febbraio il virus non si ferma. Undici nuovi casi di positività sui conghiali sono stati accertati dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle D'Aosta.
I positivi salgono, pertanto, a 325, di cui 222 in Piemonte e 103 in Liguria. Ancora non è stata superata la barriera realizzata in Piemonte e Liguria con l'obiettivo di contenere i contagi trasmessi dai cinghiali ed evitare che gli stessi arrivino nelle zone più vocate della Lombardia e del Veneto.
Degli 11 nuovi casi, otto sono stati osservati in Piemonte, tutti nella provincia di Alessandria: uno a Gavi (undici da quando è iniziata l'emergenza), cinque a Grondona (tredici), due a Montaldo Bormida (cinque).
Tre nuovi casi sono stati rilevati, invece, in Liguria: due nella provincia di Savona a Sassello (dodici); uno nella provincia di Genova a Torriglia (uno).Con il caso di Torriglia salgono a 56 i Comuni interessati in cui è stata osservata almeno una positività alla peste suina africana.
Finora il piano di depopolamento nell’area infetta ha coinvolto 1.288 cinghiali in Piemonte e 1.151 in Liguria, come ha spiegato di recente il commissario straordinario per la Psa, Angelo Ferrari, mentre nella aree bianche esterne in Piemonte sono stati abbattuti 10mila capi.
Per Assica la gestione della Psa, da parte del Governo, è stata corretta
«Dopo oltre un anno dalla comparsa della malattia veterinaria sul territorio nazionale, "la situazione dimostra di essere stata fin qui ben gestita. Governo, Regioni, Commissario Straordinario e aziende hanno fatto in questi mesi la loro parte: chi coordinando l'attività a livello centrale e destinando risorse all'attività del Commissario, chi intervenendo con fondi a sostegno di iniziative di contenimento della fauna selvatica e di supporto alle aziende in difficoltà, chi mettendo in essere misure più rigide di biosicurezza, decisamente ben al di là dei requisiti normativi e funzionali a ridurre la diffusione di una malattia che per quanto non pericolosa per l'uomo risulta comunque estremamente contagiosa per gli animali e purtroppo ancora priva di cure e vaccini».
Lo afferma, in una nota, l'Assica, Associazione degli Industriali delle carni e dei salumi, l'organizzazione nazionale di categoria che, nell'ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di macellazione e trasformazione delle carni suine.
«Siamo lieti che le azioni messe in campo dall'innalzamento di recinzioni di contenimento allo svolgimento di mirati abbattimenti selettivi abbiano fin qui messo in sicurezza la suinicoltura nazionale – dichiara Ruggero Lenti. presidente di Assica – evitando che i contagi giungessero in zone a più alta intensità di capi suini allevati e di stabilimenti produttivi di carni e salumi, aree in cui i danni sarebbero stati inimmaginabili e molto onerosi da indennizzare».
Le zone finora colpite dalla malattia infatti sono limitate ad alcuni comuni tra Piemonte e Liguria e ad alcuni territorio del Lazio, aree in cui per fortuna sono presenti pochi allevamenti suinicoli, ma che confinano con zone geografiche storicamente vocate alla suinicoltura e in cui si concentrano oltre i due terzi dei suini allevati in Italia, base per la produzione dei pregiati salumi Dop come il Prosciutto di Parma e il Prosciutto di San Daniele.
L'incontro sul problema della Psa
Il Governo ha convocato un incontro lo scorso 6 febbraio per fare il punto sulla gestione della Peste suina africana (Psa). Il confronto, richiesto dall’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, ha affrontato l’aggravarsi della situazione, confermata anche nei giorni scorsi da un incontro tecnico dopo il rinvenimento di una carcassa non lontana dal confine con il territorio montano della provincia di Piacenza, il più vicino alle aree infette piemontesi e liguri. Al momento in Emilia-Romagna non è stato riscontrato alcun caso di Psa.
«Ringrazio fin da ora – ha detto l’assessore Mammi – il Ministero per aver accolto la richiesta di affrontare a livello nazionale la vicenda. Rimane da parte nostra una fortissima preoccupazione: la diffusione della Psa e le possibili conseguenti chiusure dei mercati verso i prodotti comporterebbero gravi danni al territorio emiliano-romagnolo a forte vocazione agroalimentare e che esprime numerose Dop e Igp nellambito dei salumi».