Nell’ultimo decennio l’epidemiologia della mastite mostra con sempre maggiore evidenza un cambiamento nel ruolo e nell’azione di alcuni microrganismi ambientali, che si comportano talvolta da contagiosi. Questi agenti causano casi di mastite clinica più o meno grave e alcuni possono adattarsi all’ospite e comportarsi come patogeni contagiosi, nel senso che utilizzano anche la mammella infetta come serbatoio.
Alcune aziende agricole stanno infatti vivendo eventi di mastite in cui un particolare organismo ambientale persiste come dominante per un periodo di tempo prolungato con un numero elevato di bovine che poi diventano croniche.
I tre organismi associati a questo scenario sono Klebsiella, Streptococchi spp e Prototheca.
Proprio per affrontare questo scenario in cui germi ambientali assumono il comportamento proprio dei contagiosi, in un recente lavoro il professor Paolo Moroni dell’Università di Milano raccomanda questa linea di azione in quattro punti.
1 - Analizzare il problema
La prima informazione necessaria deve provenire dall’esame colturale, da fare per alcuni mesi, su tutti i casi clinici di mastite e sulle vacche con un numero elevato di cellule somatiche. Se risultassero positività per i tre suddetti microrganismi in entrambe le categorie di animali, potrebbe esserci un problema.
Se il problema persiste potrebbe essere il momento di indagare ulteriormente utilizzando la diagnostica molecolare. Se si è individuato un ceppo predominante nella mandria la situazione è da gestire come si fa in caso di presenza di un contagioso (tipo S. aureus).
La prima cosa da fare è fermare la diffusione del patogeno da vacche infette a vacche sane individuando la via di trasmissione: solitamente questa avviene in sala di mungitura, quindi da lì conviene iniziare l’analisi.
I mungitori utilizzano i guanti ed una salvietta monouso per ogni vacca? Le salviette, se riutilizzabili, vengono lavate e disinfettate in modo appropriato? È inoltre fondamentale che venga utilizzato su tutti i capezzoli di tutte le vacche un prodotto post-dipping approvato e di comprovata efficacia: questo aiuta molto a controllare la trasmissione.
2 - Identificare le bovine problematiche
Il passo successivo è iniziare a identificare le vacche infette da questo ceppo predominante, in modo che possano essere separate dalle vacche sane.
Ci sono diversi approcci che possono essere utilizzati con successo, ma prima si riesce a identificare le vacche problematiche, più velocemente si potrà risolvere il problema.
3 - Fare attenzione all’igiene
Il box separato con le vacche infette viene munto per ultimo. Se si mungono le vacche trattate e le fresche dopo questo gruppo è fondamentale una sorta di risciacquo manuale delle unità. Questa operazione si può fare in diverse maniere a seconda del tipo di sala di mungitura ma di solito si rimuove il tubo del latte lungo e si spruzza acqua all’indietro nell’unità in modo che fuoriesca da tutte e quattro le tettarelle.
Se possibile, si consiglia di utilizzare un disinfettante dosato nell’acqua per aumentare l’efficacia del backflush (lavaggio controcorrente). Inoltre, bisogna assicurarsi che nel momento della somministrazione di qualsiasi prodotto intramammario, vengano utilizzati guanti e che vengano disinfettati o cambiati tra una vacca e l’altra.
Si consiglia anche di prestare attenzione agli schizzi eccessivi di latte nel momento in cui viene eseguito lo stripping per il controllo premungitura.
4 - Pensare a come risolvere i problemi propriamente ambientali
Questo significa valutare in modo critico in che modo i microrganismi ambientali presenti nelle lettiere arrivano all’estremità del capezzolo quando il canale del capezzolo è aperto. Ciò implica anche uno sguardo completo alle stalle, ai passaggi e alla sala di mungitura, nonché a tutte le vacche in asciutta e alle strutture per il parto, per cercare di determinare le aree con maggiore opportunità di miglioramento.
bianchin@parmigianoreggiano.it
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