Tra i difetti che si annoverano nella produzione di formaggi duri a pasta cotta tipo grana, un posto di significativa importanza è assegnato al “gonfiore precoce”. Molte volte questa anomalia viene associata alla presenza di sostanze inibenti senza che il siero innesto abbia avuto degli abbassamenti di attività sospetti. In realtà ci sono diverse altre cause che possono provocare un difetto simile.
Vediamo di spiegare sinteticamente come si genera questo tipo di gonfiore: nella zona centrale della forma la temperatura elevata di cottura (tra i 53 e i 55,5 °C a seconda delle produzioni) rallenta il processo di acidificazione della pasta da parte dei fermenti lattici che, normalmente, iniziano la loro fermentazione consumando il lattosio presente nel formaggio e producendo acido lattico che abbassa il pH preservandola dagli attacchi dei fermenti cosiddetti anticaseari.
Tre specie di clostridi da tenere d’occhio
Questi attacchi vengono generalmente portati da batteri del tipo Clostridium, molto diffuso in natura, che comprende oltre cento specie diverse caratterizzate dalla capacità di formare spore che sono resistenti a temperature ben superiori alle pastorizzazioni spinte.
Tra tutte le specie presenti in natura sono solo tre quelle che interessano direttamente la produzione di formaggi: Cl. tyrobutyricum, Cl. sporogenes e Cl. butyricum.
Il Clostridium tyrobutyricum è responsabile del gonfiore “tardivo”, perché inizia a lavorare dopo almeno 70-90 giorni dalla produzione, creando il lattato, prodotto dalla fermentazione del lattosio, e generando una occhiatura di solito composita che tende a fessurare dalle parti producendo il tipico “occhio di pernice”.
Il Clostridium sporogenes è un batterio proteolitico che attacca la caseina e, utilizzando l’atomo di zolfo presente nella proteina (da qui il termine proteolitico) e l’idrogeno generato dalla fermentazione, produce acido solfidrico che ha un odore molto pungente e nauseabondo che provoca un drastico deprezzamento del prodotto nella migliore ipotesi. Questo difetto generalmente viene considerato “di secondo livello” perché interviene su un altro difetto preesistente ed è quasi sempre molto più tardivo.
Per quanto riguarda infine il gonfiore “precoce” ci soffermiamo sul Clostridium butyricum. Come evitare o prevenire questo problema?
Diverse contromisure sono di competenza del casaro. Tre di esse invece possono esse predisposte dall’allevatore:
1) A volte negli impianti di mungitura ci sono tubi dove passa il latte che sono terminali ciechi senza lavaggio. In queste zone il latte si ferma e non viene lavato producendo fermentazioni di tipo anaerobico ottime per lo sviluppo delle forme vegetative dei clostridi che naturalmente poi finiscono nel latte e al caseificio.
2) L’arrivo in azienda del mangime avviene normalmente quando il silos è vuoto o quasi. Una buona norma è quella di avere silos alternativi per poterli svuotare completamente ed effettuare i trattamenti di sanificazione prima di riempirli di nuovo perché le condense che si creano sulla superficie interna provocano fermentazioni anaerobiche favorevoli alla fermentazione butirrica. È importante evitare la formazione di questi strati all’interno dei silos evitando comunque di somministrarle agli animali.
3) È da considerare dannosa infine una elevata carica di spore nel latte ed è per ridurre drasticamente questo rischio che il disciplinare di produzione ha sempre vietato l’utilizzo di insilati, così da potere evitare il ricorso a conservanti come il lisozima. Ma anche nelle filiere del Parmigiano Reggiano il rischio esiste, per cui va sempre riservata la massima attenzione da parte del produttore di latte a non utilizzare fieno contaminato da terra, a non tenere le bovine in condizioni di acidosi o subacidosi, a garantire condizioni igieniche ottimali della stabulazione che rendano agevole una perfetta pulizia della mammella prima dell'attacco del gruppo di mungitura, solo per citare le principali azioni necessarie a produrre latte con cariche di spore prossime a zero, che è una delle principali caratteristiche del "latte da Parmigiano Reggiano".
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