Circa 1.500 registri risalenti agli anni ’30 del ‘900, variamente rilegati (anche riciclando diplomi e giornali dell’epoca) e compilati rigorosamente a mano. Oggi questo importante patrimonio tecnico, culturale ed antropologico, grazie alla collaborazione tra Associazione allevatori della Regione (Aar) Sardegna e Soprintendenza archivistica della Sardegna, comincia a essere valorizzato e riscoperto. La preziosa collezione, bene culturale tutelato ai sensi dell’articolo 10 del dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, secondo una prima ricognizione del ministero della Cultura, si compone del primo Libro genealogico della pecora di razza Sarda (1927) e del primo Libro genealogico del bovino Bruno Sardo (1933), nonché di vari ulteriori registri che raccontano l’inizio della selezione animale nell’isola a cura delle cosiddette “Cattedre ambulanti di agricoltura”.
Il Libro genealogico della pecora di razza Sarda
Nel 1927, grazie al dinamismo della “Cattedra ambulante di agricoltura” di Cagliari e del suo direttore, Francesco Passino, che difese le potenzialità della pecora sarda da chi la riteneva una razza di poco valore, venne creato il Libro genealogico della pecora di razza Sarda e nell’autunno del 1928 si iniziarono le prove funzionali sulla produzione di latte di 113 capi presso l’Istituto di genetica di Monastir (Cagliari) oggi Azienda genomica dell’Agenzia Agris. Successivamente, nel 1933, le prove si estesero anche alle province di Sassari e Nuoro. Il percorso dei controlli funzionali, alla soglia dei 94 anni, è oggi ancora attivo grazie all’Associazione allevatori della Regione Sardegna ed all’Associazione nazionale della pastorizia (Assonapa) e alla collaborazione dell’Agenzia Agris.
Oggi è possibile ricostruire la storia grazie alla collezione custodita presso l’Aar Sardegna. Si rileva, ad esempio, che ogni animale veniva chiamato con il nome di un personaggio illustre, piuttosto che con quello che rimandava alle caratteristiche dell’animale: al primo ariete del Libro genealogico venne dato il nome Garibaldi (matricola I01) simbolo dell’Italia risorgimentale, gli arieti sono stati chiamati anche Paganini, Leoncavallo o Mascagni, simboli dell’Italia del tempo, o con nomi tipicamente locali quali Bellu, Pibarazzu o Maccioni.
Anche nelle pecore si possono riscontrare nomi sia italiani che sardi, ma senza riferimento ai personaggi del tempo, forse per non offenderli: la prima pecora iscritta si chiamava Agus Niedda (matricola I02), la seconda Agus biancus, quindi Roma, Aurora, Arianna, Bersagliera, Arangina e Clavarissa, tutte di proprietà dell’Istituto di genetica di Monastir. Al sistema selettivo parteciparono, oltre alla “Cattedra ambulante”, inizialmente 24 allevamenti che poi aumentarono anno dopo anno.
I volumi riportano anche nomi di allevatori e di Enti pubblici quasi inaspettati come il manicomio di Cagliari, la Vinacool, l’Ente Flumendosa, la Scuola Agraria di Bosa. Grazie a questa raccolta è quindi possibile risalire a quanto produceva a quel tempo una pecora, ed, in alcuni casi, la produzione di lana, il peso degli agnelli e dei morti per malattia. Non meno importante è la raccolta del 1926 del mensile “L’Agricoltura Sarda” riportante il regolamento ed i risultati del primo Concorso ovino della Razza Sarda che si svolse a Sanluri l’11 aprile del 1926. Purtroppo, la collezione non comprende i volumi della “Cattedra Ambulante” di Sassari su cui c’è comunque l’impegno della Sovraintendenza a ricercarli in altri archivi.
Il Libro genealogico del bovino Bruno Sardo
Il Libro genealogico del bovino Bruno-Sardo fu istituito nel 1933, nel periodo a cavallo delle due guerre, in cui si ebbe un forte impulso nell’incrociare la razza bovina autoctona con i migliori riproduttori, provenienti specie dalla Svizzera. In questo modo si ottenevano animali a doppia attitudine produttiva, tanto che molti autori dell’epoca denominavano la razza svittosarda. In questo caso la maggior presenza di animali si aveva nella Sardegna settentrionale dove già negli anni precedenti gli allevatori, specie della zona di Ozieri, avevano importato riproduttori sempre dalla Svizzera.
La collezione dell’Associazione si compone di registri che comprendono proprietari, nomi degli animali con tutte le informazioni possibili quali valutazioni morfologiche, genealogie, produzioni, motivi del decesso: il primo toro ad essere iscritto nel Libro genealogico delle provincia di Sassari si chiamava Zar, era nato nel 1921 e fu importato dalla Svizzera dal Grand’ufficiale Giuseppino Carta di Sassari al tempo co-proprietario, insieme al Cav. Maurizio Pintus, della tenuta di La Crucca (fulcro del commercio di bovini con la Francia ed azienda modello per l’epoca) e morì nel 1936 di vecchiaia. La prima vacca iscritta si chiamava Cucuriola nata nel 1924 a La Crucca (Sassari) e macellata all’età di 14 anni. Dal Libro genealogico di Cagliari poi la grande sorpresa: per ogni toro importato dalla Svizzera, oltre alla genealogia che torna a ritroso fino al 1800, sono presenti le foto degli animali acquistati dalla Società Bonifiche Sarde con due foto che ritraggono gli animali nell’odierna Arborea (Oristano).
La valorizzazione della storia di selezione
«Come Associazione allevatori – ha rilevato il presidente di Aar Sardegna, Luciano Useli Bacchitta – siamo molto orgogliosi di essere i detentori di questo patrimonio storico di cui noi, con le Ana, siamo i prosecutori. Ovviamente, i tempi ora sono diversi e solo adottando anche le moderne tecniche di selezione, quali la fecondazione artificiale e la genomica, ed individuando obiettivi selettivi attuali, possiamo rispondere alle esigenze degli allevatori. In questo quadro si pone l’importanza della nostra Associazione che, operando direttamente negli allevamenti, conosce le esigenze del mondo zootecnico». La valorizzazione di questo patrimonio, prosegue Aldo Manunta, direttore Aar Sardegna, è necessaria per rendere fruibile la storia della selezione in Sardegna e per comprendere quanto sia importante, oggi come allora.