Uomini e cavalli, storico binomio

L’interazione uomo-cavallo nel tempo è evoluta in modo significativo
L’evoluzione e lo sviluppo delle razze equine italiane nei secoli

Disquisire sull’evoluzione e lo sviluppo delle razze equine italiane nel corso dei secoli è un’impresa complessa e che comunque risulterebbe sempre non esaustiva, perciò è arduo riassumerla in un articolo. L’Italia, al centro del Mediterraneo, ponte naturale fra Sud e Nord Europa, ha visto sovrapporsi ondate di popoli e cavalli che hanno apportato estrema variabilità e biodiversità.
Qui verranno accennati, cronologicamente, alcuni eventi storici e le scelte istituzionali/tecniche/socioeconomiche che hanno e stanno portando ad una identificazione delle razze equine italiane.

La costituzione del Regno d’Italia avvenuta nel 1861 può essere considerata il punto di partenza per una nuova concezione dell’allevamento del cavallo, fatta di disposizioni legislative e regolamenti, sotto il controllo dello Stato. Un primo segno concreto di questa nuova realtà si ebbe con l’istituzione di Depositi stalloni (Crema, Reggio Emilia, Ferrara, Pisa, S. Maria C.V., Catania, Ozieri) alle dipendenze del Ministero della Guerra, a firma del Conte Camillo Benso di Cavour.
Il Ministero della Guerra gestiva l’acquisto di cavalli per l’esercito e il controllo dell’allevamento con indirizzo prevalentemente bellico. Gli stalloni governativi venivano importati dall’Inghilterra (purosangue inglese), Francia (cavalli “pesanti”), Oriente (arabi/orientali). Si cancellarono così, sempre più, le caratteristiche che avevano reso distinguibili le diverse produzioni equine regionali dell’Italia.

Nel periodo compreso tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, protezionismo e xenofobia innescarono la formulazione di decreti che di fatto costituiscono il primo passo verso la formazione di razze equine italiane. Risale, infatti, al 1930 la “Legge organica sulla produzione zootecnica”, in cui per la prima volta vengono prese in considerazione iniziative che mirano alla formazione e valorizzazione dei cavalli italiani.
Non mancarono in quel periodo raduni nazionali per l’ippicoltura, esempio ne sono la “Mostra di Riproduttori Equini” che si svolse a Milano nel 1930 e la “Rassegna ippica del decennale” del 1932 a Roma organizzata e curata direttamente dal Ministero dell’Agricoltura.

Il Deposito Cavalli Stalloni di Ozieri presentò Purosangue Orientali e loro derivati: quello di Catania, Purosangue Orientali, Purosangue Inglesi, Anglo-Orientali, Siciliani migliorati e Persano; quello di S. Maria C.V., Purosangue Inglesi, derivati Inglesi e Salernitani migliorati; quello di Foggia, Murgesi, Salernitani migliorati, Maremmani migliorati, Anglo-normanni e Pugliesi migliorati; a Pisa, Purosangue Inglese e Maremmani migliorati, Lipizzani; a Reggio Emilia, Purosangue Inglesi e Emiliani da sella migliorati, Bretoni e Emiliani da tiro migliorati; a Ferrara, Avelignesi, Lipizzani, Derivati Orientali (del Piave), Norici, Bretoni, Percheron, Belga e Padani migliorati e, infine, a Crema, Bretoni, Belga, Percheron e Padani migliorati, Trottatori.

cavalli
Il cavallo Caitpr è uno tra i più tipici cavalli agricoli da lavoro

La situazione delle razze nazionali si stava ben delineando: l’impatto dei riproduttori delle razze straniere universalmente riconosciute (in primis Purosangue Inglese e Arabo) livellavano le produzioni locali andando a ridefinire le razze autoctone ovvero le razze da sella o leggere (“migliorate” dal Purosangue Inglese e/o Arabo/Orientale) e le razze da tiro o pesanti (“migliorate” dalle razze da tiro nord europee).
Poche, invece, le identità autoctone già riconosciute come tali. Ciò è dovuto, probabilmente, a eventi storici-culturali documentati (es. Persano e Lipizzano) e mantello (Avelignese, Murgese, Norico).

Nel 1955 i Depositi diventati “Istituti di Incremento Ippico” valorizzavano produzioni equine consone alle esigenze dei territori nei quali operavano. Negli anni ’50, l’Istituto di Incremento Ippico di Catania propone stalloni Sanfratellani e alcuni Nonius. Negli anni ’70, l’Istituto di Incremento Ippico di Reggio Emilia presenta anche stalloni Bardigiani e Franches Montagnes mentre a Foggia e S. Maria C.V. scompaiono gli stalloni Pugliesi e Calabresi. Nel tempo i riproduttori definiti “derivati” o, peggio, “migliorati” vengono soppiantati da soggetti meglio identificati (es. Sella Italiano, Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido).

Oggi, si è passati dai Libri Genealogici (anni ’80) e Registro Anagrafico (anni ’90) agli Enti Selezionatori (Decreto Legislativo n. 52-11/5/2018). Sono mutati, inoltre, gli aspetti legislativi mentre continua l’evoluzione delle popolazioni equine.
L’innovazione apportata dalle scienze omiche amplifica tuttora le conoscenze scientifiche arrivando ad evidenziare che anche il più antico evento storico ha lasciato una traccia indelebile nel genotipo dei nostri cavalli e non è peregrino pensare, e dimostrare, che il Rinascimento Italiano abbia influenzato il mondo anche attraverso i cavalli.


Gli eventi legati al problema avvenuti prima dell’Unità d’Italia

Riguardo i passaggi storici e gli eventi salienti che hanno caratterizzato l’evoluzione delle razze equine della Penisola prima dell’Unità d’Italia (1861) possiamo ricordare che:

  • gli Etruschi (IX-I secolo a.C.) rappresentavano, nelle loro pitture, cavalli dalla tipologia mesomorfa;
  • i Romani (fino 476 d.C.) disponevano di tipologie diverse di cavalli (venaticus, itinerarius, mannus, ambulatus, concussator, cantherius, bellator equus, celer equus) che giungevano da tutto l’impero;
  • nel Medioevo migrazioni, invasioni (Goti, Unni, Longobardi e popoli germanici a nord, Bizantini, Arabi, Svevi e Normanni a sud) e passaggio dei Crociati portarono, in Italia, sia cavalli robusti adatti a sopportare fino a quattro quintali (si pensi al peso di cavaliere, corazza, cotte, bardatura, mazze ferrate e armi) che cavalli leggeri per i “palii”. Vennero a formarsi, così, diverse tipologie di cavalli: destriero, palafreno, corsiero, ronzino, cortaldo, chinee e bidets;
  • nel Rinascimento dei comuni, delle signorie e delle repubbliche divenuti punti di riferimento culturale a livello europeo, le grandi famiglie italiane (Estensi, Gonzaga, Savoia) creano razze proprie di cavalli pregiati, veloci, e di “sangue” apprezzati anche dalle corti europee: lo stesso Enrico VIII ringrazierà per “illo equorum genere” avuto in dono;
  • il Dominio spagnolo in Italia (Sicilia, Sardegna, Napoli, Stato dei Presidi) apportò alle popolazioni equine centro-meridionali “sangue” nuovo che contribuì anche alla nascita della rinomata “razza” Napoletana. L’Italia, politicamente divisa, disponeva così di una popolazione equina riconoscibile e apprezzata. Gli accadimenti storici avevano, infatti, portato a buone “razze” di cavalli con specifiche identità che eccellevano per bellezza e funzionalità tanto da influenzare le razze europee in evoluzione. Già il naturalista Buffon scriveva “gli stalloni d’Italia e sopra tutti i napoletani sono anch’essi assai buoni ed hanno il doppio vantaggio di produrre dei cavalli fini da monta usando cavalle ben messe e di buona statura”. Ancora oggi, i napoletani sono riconosciuti importanti nella costituzione delle razze moderne internazionali.
  • nel XVIII/XIX secolo, a causa delle vicende politiche italiane, si verificò la dispersione delle razze e l’abbandono dell’allevamento selettivo. In Italia, la popolazione equina era comunque tendenzialmente mesomorfa. Due “razze” resistettero: quella di Persano, istituita da Carlo III di Borbone nel 1763 ed arrivata fino ai nostri giorni e la razza gentile di Pisa, dispersasi poi fra le popolazioni tirreniche.
Uomini e cavalli, storico binomio - Ultima modifica: 2021-10-28T10:45:37+02:00 da Lucia Berti

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