è di questi giorni l’allarme lanciato dall’Onu in merito alle previsioni sui livelli di produzione di carbone, petrolio e gas per il 2030, che sarebbero attestati ancora su più del doppio di quelli compatibili con gli obiettivi di limitazione del fenomeno cosiddetto di riscaldamento globale.
Questo quadro renderebbe difficile rispettare gli accordi di Parigi sul clima. Ma, come già evidenziato nei report di Ispra e dal Rapporto Greenitaly 2021 pubblicato dalla Fondazione Symbola, le responsabilità non vanno ricercate nel nostro settore primario, poiché l’agricoltura italiana è leader per la sostenibilità con appena il 7,2% di tutte le emissioni di gas serra, contro il 44,7% dell’industria e il 24,5% dei trasporti. Una riprova è data dal crollo delle emissioni di gas serra nel 2020, che ha confermato come i veri responsabili dell’inquinamento siano le attività industriali e il traffico, frenati dalle misure restrittive anti-covid, mentre gli allevamenti nazionali hanno continuato a lavorare a pieno regime per garantire i rifornimenti alimentari alle famiglie.
A questo proposito Aia fa rilevare, riferendosi all’analisi Coldiretti, l’importante contributo della zootecnia italiana per contenere l’attuale boom dei costi energetici.
“Condividiamo – afferma il presidente dell’Aia, Roberto Nocentini - che la nuova ‘economia verde’ debba vedere al centro soprattutto le stalle, con la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni in modo naturale e garantire all’Italia il primato nella produzione di energie rinnovabili come il biogas. Sarebbe ottimale contribuire a raggiungere l’obiettivo di immettere nella rete 6,5 miliardi di metri cubi di gas ‘verde’ da quì al 2030, opzione che, oltre a salvare il clima, rappresenterebbe una soluzione anche contro il caro petrolio e le fluttuazioni dei prezzi dei carburanti. Un fondamentale aiuto per contenere la ‘bolletta energetica’ del nostro Paese soprattutto in un contesto di rilancio e ripresa dell’economia”.
In quest’ottica, la zootecnia italiana può avere ancora un ruolo strategico. Infatti, come sottolinea Coldiretti, partendo dall’utilizzo degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti “è possibile arrivare alla realizzazione di impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare le flotte del trasporto pubblico come autobus, camion e navi oltre alle stesse auto dei cittadini. In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green. Gli impianti biogas in Italia oggi producono 1,7 miliardi di metri cubi di biometano ma è possibile arrivare entro il 2030 a 6,5 miliardi con la trasformazione del 65% dei reflui degli allevamenti. Il Pnrr rappresenta in questo senso un’opportunità importantissima per il pieno sviluppo del potenziale del settore del biometano agricolo, con l’obiettivo di produrre il 10% di gas rinnovabili nella rete del gas nazionale”.
Il Sistema Allevatori, aggiunge Mauro Donda, direttore generale Aia, “sta lavorando, anche sul versante tecnico-operativo e della comunicazione, per fare un po’ di chiarezza sul tema delle emissioni in atmosfera e nell’ambiente, in relazione al reale impatto del mondo zootecnico in materia. La corretta rilevazione dei diversi gas serra provenienti dalle attività di allevamento, non di origine fossile, ha un’importanza fondamentale. Non è un caso, ad esempio, che la comunità scientifica stia proponendo un sistema di misurazione alternativo all’attuale GWP100 (per i cosiddetti gas di breve durata) introducendo una metrica chiamata GWP*. Sottolineo che grazie anche alle ultime attività messe in campo nell’ambito del Progetto di livello europeo Leo (Livestock Environment Opendata), autorità di gestione il Mipaaf, di cui Aia è capofila assieme ad importanti partner, stiamo avendo l’opportunità di raccogliere nuovi dati negli allevamenti, raffinando il calcolo delle emissioni a livello aziendale per fornire strumenti di valutazione utili alla riduzione dell’impatto emissivo. Si tratta – conclude Donda – di uno step importante per il miglioramento della sostenibilità del comparto zootecnico italiano, già comunque ‘virtuoso’, che attiene oltre alle emissioni in atmosfera anche la gestione di tutto ciò che, considerato ‘scarto’ nel processo produttivo, diventa invece risorsa all’interno di un’idea di economia circolare”.