Il Dipartimento Qualità Agroalimentare (Dqa), con sede a Roma, è un organismo di controllo per garantire la qualità dei prodotti a denominazioni protette (Dop, Igp) nonché delle specialità tradizionali garantite (Stg); di tutti gli altri prodotti agricoli e alimentari in conformità a specifici disciplinari, norme nazionali e internazionali, ivi compresi i settori e i comparti ad essi collegati; e dei disciplinari dei consorzi che effettuano etichettatura facoltativa delle carni.
Il neo amministratore unico del Dqa, Oliviero Olivieri, spiega attività e nuovi progetti sui quali il Dipartimento sta investendo.
Da pochi mesi è il nuovo amministratore unico del Dqa, dopo il passaggio di consegne con Franco Valfrè, ci può fare un primo bilancio?
Prima di esporle un bilancio su quest’anno di attività con il Dqa – Dipartimento Qualità Agroalimentare, mi consenta di sottolineare l’importante lavoro svolto dall’ex amministratore unico del Dqa Franco Valfrè, mio predecessore, ma soprattutto, mio maestro. Infatti, ho iniziato la mia carriera universitaria grazie a lui, che mi ha voluto, giovane laureato, nel suo gruppo di ricerca.
E poi mi ha chiamato a presiedere il Comitato di Salvaguardia e imparzialità che supervisiona le scelte strategiche e di gestione del nostro Ente, portando avanti una stretta collaborazione e le visioni future utili al Dqa. Pertanto, da più di sette anni, insieme al direttore Michele Blasi e al prof. Valfrè, abbiamo creato una piccola ma efficiente squadra di collaboratori, i cui risultati sono evidenti. Quanto detto, mi ha permesso di consolidare le scelte e il lavoro svolto negli anni passati e a guardare al futuro con entusiasmo e con la certezza di sviluppare sempre nuovi progetti innovativi a supporto del sistema allevatori italiano e non solo.
Il Dqa, dagli addetti ai lavori, è considerato l’organismo di controllo di riferimento per la valutazione del benessere animale. In cosa si differenzia il vostro modello di certificazione?
Premesso che il benessere animale è un prerequisito richiesto a gran voce dai consumatori, il Dqa ha voluto migliorare le linee guida proposte dal Ministero della Salute, con il progetto Classyfarm, valutando, anche, altri parametri dell’allevamento utili a migliorare la valutazione del benessere animale. Infatti, avendo l’opportunità di disporre di tutti i dati produttivi e riproduttivi, raccolti da Aia durante le visite dei tecnici in allevamento, sono stati estrapolati quelli utili a creare una certificazione, unica in Italia, denominata “Allevamento del Benessere”, che da subito ha suscitato molto interesse, tanto che, ad oggi, stiamo certificando circa duemila allevamenti e importanti filiere dell’agroalimentare nazionale.
Oltre al benessere, siete presenti anche nelle attività di certificazione dell’etichettatura delle carni bovine. In cosa consiste?
Dopo la crisi causata dalla famigerata Mucca Pazza, si è sentita l’esigenza di una maggiore comunicazione sulla tracciabilità della carne. Il Dqa in questo settore è presente con il lavoro di certificazione, offerto ad alcuni consorzi di etichettatura volontaria delle carni bovine. In particolare, tale attività è svolta su filiere che acquisiscono carne prodotta da più di duemila allevamenti italiani, che volontariamente comunicano al consumatore finale ulteriori informazioni a garanzia della sanità, della qualità e della tracciabilità del prodotto finito.
La sua formazione scientifica l’ha portata ad occuparsi spesso di temi strettamente legati al rapporto tra ambiente e fauna in aree protette. Cosa si può fare per migliorare la convivenza delle attività zootecniche in queste zone?
Pur essendo laureato in medicina veterinaria, più che curare gli animali, mi sono interessato ad un lavoro di prevenzione, seguendo non solo l’animale ma anche l’ambiente in cui era allevato. Questo mi ha portato ad approfondire la zootecnia nelle aree interne e soprattutto in quelle zone dove, nel tempo, sono state create aree protette. Questa mia esperienza mi ha portato a guidare il Parco Nazionale dei Monti Sibillini fino al 2018.
La sostenibilità è una parola chiave nel dibattito sulle prospettive dell’allevamento nazionale. Come è possibile certificarla con efficacia?
Anche la Sostenibilità, come il Benessere, è un nostro obbligo nei confronti delle generazioni future. Proprio per tale ragione abbiamo ideato una certificazione denominata “Allevamento Custode” che prende in considerazione sia la conservazione della biodiversità animale zootecnica sia quella vegetale e animale degli habitat in cui insistono gli allevamenti. Sempre su questa importante tematica, in collaborazione con Aia e il mondo scientifico, stiamo lavorando per produrre una nuova certificazione che permetta la valutazione e la compensazione di gas climalteranti, per offrire un servizio utile alle comunità.
Il suo ente certifica una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano: la Mozzarella di Bufala Campana Dop. Prodotto straordinario ma anche molto controllato. Infatti, il decreto sulla tracciabilità del latte di bufala è uno strumento che potrebbe essere mutuato anche da altre filiere.
È da qualche anno che certifichiamo la Mozzarella di Bufala Campana Dop, uno dei prodotti di punta dell’agroalimentare italiano, la cui quantità certificata cresce di anno in anno. Nel 2019 abbiamo controllato e certificato circa 50 milioni di kg di mozzarella, prodotti grazie al lavoro dei 1.300 allevatori e di circa 100 trasformatori, iscritti al nostro piano dei controlli. Purtroppo, come tutte le filiere, ha registrato una flessione nella produzione durante l’emergenza Covid. Consideri che più del 25 per cento di mozzarella Dop viene esportata e che, altrettanta, viene distribuita nel canale Horeca, di conseguenza, a causa del blocco delle esportazioni e della chiusura dei ristoranti e delle pizzerie si è registrata una flessione. Comunque, il comparto, grazie alla tracciabilità del latte bufalino, gestita dai nostri uffici, è garantito grazie alla comunicazione quotidiana dei quantitativi di latte movimentati e di mozzarella prodotta. Per rimanere nel settore lattiero caseario, un’altra filiera di eccellenza da noi certificata è quella del Pecorino Toscano, costituita da 800 allevamenti e venti caseifici.
Da poco vi occupate anche di biologico.
Si, è dal 2019 che ci occupiamo anche della certificazione biologica. In considerazione della complessità e delicatezza del settore, preferiamo una crescita graduale che, a oggi, ci ha permesso di seguire più di 300 operatori, per lo più appartenenti alla produzione primaria. Per dare un supporto al settore zootecnico, abbiamo deciso di specializzarci nella certificazione degli allevamenti, convinti che il biologico sia uno strumento fondamentale per la valorizzazione dei prodotti animali.
Quali gli obiettivi del prossimo futuro per il Dqa?
Stiamo lavorando per offrire più servizi utili alle filiere già certificate. I prossimi due anni saranno dedicati, inoltre, a creare nuove certificazioni che vadano nella direzione del benessere animale e della sostenibilità ambientale, temi voluti sia a livello europeo che nazionale. Inoltre, nei prossimi mesi partiranno le attività di certificazione per la Rucola della Piana del Sele e per l’Olio Campano, entrambi prodotti Igp, che porteranno un ulteriore sviluppo economico e sociale nei territori di produzione, con il nostro Ente attivo e propositivo.