L'allevamento linea vacca-vitello rappresenta certamente un'opportunità per la zootecnia da carne Italiana e non solo in un'ottica di messa a reddito di quelle aree di collina e di bassa montagna altrimenti difficilmente sfruttabili, ma anche come valido orientamento produttivo per realtà agricole di pianura. Dal passato si è infatti erroneamente sviluppata la convinzione che la zootecnia da carne si possa realizzare nelle zone di pianura solo attraverso l'ingrasso di bovini di elevato pregio genetico ad oggi principalmente importati dalla Francia.
Tale orientamento, oltre ad aver determinato un drammatico degrado socio-economico ed ambientale delle zone pedemontane e la pressoché scomparsa dell'allevamento linea vacca vitello in pianura, si sta rivelando anche catastrofico per la zootecnia da carne italiana in generale, dal momento che il costo del ristallo d'importazione è diventato talmente proibitivo da condizionare il risultato economico dell'allevamento. L'ammortamento della differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita del bovino da ristallo francese risulta infatti, e troppo spesso, la seconda voce di costo dopo quella alimentare.
L'ipotesi riconversione
Dall'analisi economica dell'allevamento linea vacca vitello, anche riferita alle tipologie confinate cioè senza pascolo, emerge invece chiaramente come il tornaconto sia ben diverso da quello visto negli ultimi anni per l'ingrasso del vitellone d'importazione (cioè in questo secondo caso da +50 a -200 euro per capo).
Considerando inoltre che in Italia, come dopo tutto nel resto del mondo, Francia compresa, ciò che certamente in futuro mancherà saranno i ristalli da ingrassare, per carenza di vacche nutrici, forse è veramente il momento di riflettere sulla possibilità di conversione di molti dei nostri allevamenti da ingrasso in allevamenti di nutrici, in abbinamento, ovviamente, alla rivalutazione di tale tipologia di allevamento anche in quelle zone a naturale spiccata vocazione.
E' ovvio che l'autorevole obiettivo di aumentare l'autoapprovvigionamento di vitelli da ristallo di ottima qualità richiede, da un lato un grande impegno e lo sviluppo di specifiche competenze per le realtà che si convertono dalla produzione di latte o dall'ingrasso alla linea vacca-vitello, ma dall'altro anche un deciso miglioramento del management e della genetica in quelle realtà già presenti nel nostro paese ma troppo spesso caratterizzate da performance produttive (vitelli nati per anno, condizioni sanitarie e crescita), decisamente migliorabili.
Obiettivi e problematiche
Al fine di massimizzare il rendimento dell'allevamento linea vacca vitello è infatti necessario puntare ai seguenti obiettivi:
l ottenere il maggior numero di vitelli svezzati per anno, aspetto strettamente legato alla fecondità e prolificità delle fattrici e al tasso di aborti e di mortalità neonatale e perinatale;
l produrre soggetti sani e ben conformati, obiettivo perseguibile attraverso un'adeguata gestione nutrizionale e sanitaria sia delle fattrici che dei vitelli e un'attenta selezione genetica;
l ridurre i costi di produzione, ottimizzando alimentazione e manodopera e limitando gli interventi farmacologici.
Il raggiungimento di tali obiettivi viene però ostacolato da problematiche quali mortalità (7 - 30%) e morbilità (18 - 40%) e dalla ridotta efficienza riproduttiva spesso riscontrabili in questo tipo di allevamento.
Il momento del parto
Le problematiche relative al periparto sono fortemente influenzate dalle condizioni ambientali e dallo stato fisico - metabolico della fattrice al momento del parto. Un'adeguata gestione nutrizionale della bovina, in particolare nelle fasi finali della gestazione, rappresenta un fattore in grado di influenzare ampiamente la suscettibilità del vitello alle patologie.
In questo periodo la somministrazione di diete con un contenuto energetico e proteico insufficiente a soddisfare i fabbisogni dell'animale determina nella fattrice da un lato un aumento dei livelli ematici di cortisolo mentre dall'altro una diminuzione della produzione di colostro ed un peggioramento della sua qualità. Tali aspetti si riflettono in una minore vitalità e reattività nel vitello e in un minore assorbimento delle immunoglobuline colostrali.
Allo stesso tempo diete con un livello energetico eccedente i fabbisogni, elevando l'incidenza di parti distocici, compromettono la salute e vitalità del vitello.
I parti difficili, causa quasi totale della natimortalità, si riscontrano infatti con maggior facilità nelle primipare ma in particolare in soggetti eccessivamente grassi o con gravidanze prolungate, in abbinamento ad un'errata scelta del toro.
La costante e attenta osservazione delle bovine prossime al parto risulta fondamentale al fine di un tempestivo intervento di assistenza al parto. Tale aspetto si scontra però con l'evidenza che il maggior numero di parti, circa il 70%, avviene nelle ore serali o notturne (Grafico 1) e persino con una maggior incidenza nelle primipare rispetto alle pluripare.
Il post - parto
Nelle 4 settimane di vita successive alla nascita, il vitello affronta il periodo più critico di tutta la fase di allevamento in quanto caratterizzato dalla maggior incidenza di mortalità. Le patologie enteriche e le setticemie neonatali risultano infatti le principali cause, insieme alla natimortalità, dei decessi e, conseguentemente, delle perdite produttive ed economiche nell'allevamento linea vacca vitello.
Tra i punti salienti nella limitazione di tali problematiche figurano senza ombra di dubbio e fermo restando una corretta profilassi vaccinale ed antiparassitaria della nutrice, la colostratura e la disponibilità di una zona dedicata per il parto. Il benessere del vitello dipende infatti principalmente dall'immunità passiva trasferitagli attraverso il colostro dalla madre e dall'igiene o meglio dalla carica microbica dell'ambiente in cui si trova.
Nelle fasi successive di vita oltre alla corretta profilassi sanitaria e adeguatezza delle strutture di stabulazione, un ruolo determinante viene svolto dalla disponibilità di una zona di accesso esclusivamente dedicato ai vitelli nella quale i soggetti possano riposarsi, sottrarsi ad eventuali atteggiamenti di dominanza manifestati da altre nutrici ma, in particolare, approvvigionarsi di un mangime specifico per lo svezzamento e di acqua, entrambi assolutamente somministrati a volontà.
Se il management migliora
Al fine di evidenziare quanto il miglioramento del management aziendale possa incidere sulle performance nell'allevamento linea vacca-vitello, sono stati analizzati i dati raccolti tra il 2006 e il 2012 in una realtà confinata di nutrici Limousine caratterizzata da buona gestione.
Questa analisi è stata condotta focalizzando l'attenzione su alcuni importanti cambiamenti che hanno caratterizzato il periodo e cioè la realizzazione di una zona parto dedicata, una tempestiva somministrazione del colostro, l'aumento dello spazio disponibile per fattrice e il controllo notturno delle nutrici.
Lo studio ha considerato oltre 3.000 parti, tra vacche pluripare e primipare.
Mortalità
Nel corso dei 6 anni di osservazione, la mortalità è risultata in linea con i dati riportati in bibliografia per la linea vacca vitello, i quali però sono caratterizzati da un'ampissima variabilità con valori che oscillano tra il 10 e il 30%.
Nel periodo di indagine si nota una decisa riduzione dei decessi (Grafico 2), che porta nel 2012 ad una diminuzione della mortalità di oltre il 50% rispetto al 2006 come conseguenza delle variazioni gestionali e ambientali attuate in allevamento.
A tal riguardo, la realizzazione di un'area dedicata a sala parto nel 2008 è risultato l'evento di maggiore influenza sulla mortalità e nello specifico sulla mortalità neonatale, la più importante nell'allevamento linea vacca vitello confinato. Nel 2010 si osserva invece un evidente peggioramento di tale parametro rispetto al 2009 che trova pronta giustificazione nel progressivo aumento delle dimensioni della mandria che nel 2010 raggiunge il considerevole numero di 650 vacche, rispetto alle 450 del 2007 a parità di spazio disponibile per nutrice e vitello.
Tale conclamata evidenza ha quindi portato alla realizzazione di ulteriori due strutture stabulative, rispettivamente a metà 2011 e nel 2012, con un aumento di oltre il 60% dello spazio a disposizione delle fattrici rispetto al 2009 (da 12 m2 a 20 m2 capo) e a cui ha immediatamente corrisposto una importante progressiva riduzione della morbilità fino a valori prossimi al 10%.
Relativamente alle cause di decesso (Grafico 3), come accennato in precedenza la natimortalità rappresenta la causa predominante (60%) seguita dalle patologie gastrointestinali (19,2%) e dalle affezioni a carico dell'apparato respiratorio (9,6%), le quali rivestono un'importanza numerica simile a quella dei decessi per cause accidentali o senza giustificabile motivo (8,1%). Irrilevanti risultano invece le morti per infezioni ombelicali o problemi gastrici.
Parti e natimortalità
Il tipo di parto rappresenta ovviamente il principale fattore condizionante la natimortalità. Nel caso in oggetto l'incidenza dei parti avvenuti senza difficoltà è risultata decisamente apprezzabile (Grafico 4), con solo il 12% di eventi che hanno richiesto assistenza e l'1% di parti cesarei, risultati questi conseguiti attraverso una attenta e ponderata gestione nutrizionale delle fattrice e una oculata selezione genetica e scelta dei riproduttori.
I parti assistiti hanno avuto maggiore incidenza nelle primipare, nelle quali la distocia è risultata doppia (20% delle partorienti) rispetto alle pluripare (10%). Tale dato si è conseguentemente riflesso in una maggiore frequenza di vitelli nati morti nella categoria nutrici primipare. Emerge pertanto come all'interno di una mandria il numero di parti assistiti, di cesarei e di vitelli nati morti sia strettamente correlato alla presenza di manze e come sia indispensabile considerare tale parametro ai fini di una corretta analisi dei dati in allevamento.
Oltre alle variabili ampiamente conosciute, alla base di una maggiore incidenza di parti distocici nelle primipare si aggiunge anche una maggiore frequenza di parti in questa categoria di animali nelle ore notturne, nelle quali non risulta possibile garantire un intervento tempestivo.
E' infatti riconosciuto come il controllo serale sia una strategia vincente nella riduzione della natimortalità nell'allevamento linea vacca-vitello.
A tal riguardo, da un'indagine condotta proprio nell'azienda oggetto della presente indagine tra gennaio e giugno 2012 (Blonda, 2012) e volta ad evidenziare gli effetti di un'ispezione serale e notturna (controllo della sala parto alle ore 21 e 24) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, emerge infatti come la percentuale di assistenza al parto aumenti grazie ad un più tempestivo intervento in caso di necessità e come conseguentemente diminuisca la natimortalità che, in tale contesto, è risultata addirittura quasi dimezzata (Tabella 1).
Mortalità nel post parto
Le patologie gastroenteriche, con il 19,2% di decessi, sono la principale causa di morte del vitello nel post parto, seguite dalle affezioni respiratorie con un'incidenza del 9,6%.
In accordo con quanto riportato in bibliografia, i dati evidenziano come le problematiche sanitarie si dividano quasi nettamente in due periodi distinti, con la concentrazione delle patologie gastroenteriche nei primi 40 giorni e di quelle respiratorie nel periodo successivo (Grafici 5 e 6).
Performance di crescita
Il peso dei vitelli riscontrato a 120, 210 e 365 giorni di vita nel periodo 2006-2011 è riportato nel grafico 7. È interessante osservare come nel corso del periodo considerato il peso dei vitelli sia progressivamente migliorato, superando i valori dell'indice “Pet” (Peso, Età, Tipo) che attribuisce come obiettivo ideale un peso di 160 kg a 120 giorni, 250 kg a 210 giorni e 405 kg a 365 giorni di vita.
Coerentemente all'andamento del peso anche l'incremento ponderale medio giornaliero (Impg) è progressivamente migliorato, passando da 1,07 kg/capo/d del 2006 a 1,16 kg nel 2011 (Grafico 8).
E' comunque interessante osservare come ambiente e salute degli animali risultino fattori strettamente influenzanti le performance dei giovani vitelli.
Nel 2010 infatti, a fronte di un aumento della densità degli animali e del conseguente peggioramento delle condizioni sanitarie, si è osservata una netta diminuzione della crescita nonostante il costante trend positivo degli anni precedenti frutto di un importante e oculato lavoro di selezione abbinato ad un miglioramento del management nel complesso e alla realizzazione nei diversi box delle nutrici di una zona esclusivamente dedicata ai vitelli con mangime di eccellente qualità e acqua disponibili a volontà.
Conclusioni
Nell'allevamento linea vacca vitello sia esso confinato o semi confinato, il benessere, l'ambiente e il management rivestono un ruolo determinante ai fini delle performance produttive similmente a quanto avviene nelle realtà di allevamento altamente intensivo. I dati riportati evidenziano come nell'allevamento confinato linea vacca vitello, se ben gestito, gli indici zootecnici sanitari non si discostino dai valori tipici delle realtà estensive ma anzi possano risultare persino migliori grazie al miglior controllo e alla possibilità di attuare specifiche strategie gestionali.
Nettamente superiori risultano invece le performance di crescita grazie alla possibilità di poter integrare l'alimentazione materna con mangimi di elevata qualità quando la produzione di latte incomincia a diventare insufficiente a coprire i fabbisogni necessari al vitello per manifestare pienamente la sua potenzialità genetica. Non è inoltre da sottovalutare il ruolo svolto proprio dalla selezione genetica che negli allevamenti confinati può contare non solo sulla monta naturale ma anche sulla fecondazione artificiale e sul trasferimento embrionale.
Deve essere comunque chiaro che tali considerazioni non vogliono assolutamente giungere alla conclusione che “confinato” è meglio di “estensivo”. Non è certamente questo l'intento, dal momento che sarebbe improprio e inutile, ma bensì che l'Italia ha bisogno di sviluppare questo comparto perché è assurdo che a fronte di 1,3 milioni di vitelli di razze da carne da ristallo importati, anche l'anno passato, quelli autoctoni allevati siano solo due o trecentomila.
Si ritiene che sia più facile che lo sviluppo di tale settore prenda origine da realtà di allevamento già strutturate e organizzate per il lavoro con gli animali. A tali realtà ci si rivolge per sottolineare che se i bilanci nell'ingrasso di questo vitellone d'importazione (il cui prezzo sia all'acquisto che alla vendita non dipende più da noi!) sono catastrofici, come lo sono spesso anche quelli della bovina da latte, non lo sono invece nell'allevamento linea vacca vitello, perché il giovane ristallo è un prodotto che manca ed è richiesto ovunque, non solo in Europa ma nel mondo. Siamo pertanto di fronte al semplice binomio domanda offerta… che non sbaglia mai!
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