I formaggi Dop nel 2023 sono cresciuti del 5,3% in valore e restano la prima voce dei prodotti tutelati per giro d’affari alla produzione: per la prima volta hanno, infatti, superato i 5,5 miliardi euro a fronte di quantitativi più alti prodotti negli ultimi cinque anni.
Buone crescite anche per le carni fresche con il bollino Ue che hanno aumentato il giro d’affari del 10% e sono arrivate ai 114 milioni di euro mentre quelle trasformate hanno generato un fatturato alla produzione di 2 miliardi e 276 milioni di euro.
Lo rivelano i dati del XXII Rapporto Ismea-Qualivita sulle produzioni tutelate presentato a Roma il 2 dicembre scorso: cibo e vino nel 2023 hanno generato 20,2 miliardi euro di valore alla produzione nel 2023 (in aumento dello 0,2% su base annua) con una crescita del 52% in dieci anni e un contributo del 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano.
Il sistema della Dop economy italiana si fonda su 317 Consorzi di tutela autorizzati dal ministero dell’agricoltura che coordinano il lavoro di oltre 194mila imprese delle filiere cibo e vino capaci di generare lavoro per quasi 850mila occupati.
Entrando nel dettaglio il valore della Dop economy nel food è aumentato per il terzo anno e nel 2023 ha raggiunto 9,17 miliardi euro di valore alla produzione mettendo a segno un incremento del 3,5% rispetto all’anno precedente e del 44% rispetto al 2013 per un fatturato al consumo finale che ha sfiorato i 18 miliardi euro (+3,6%).
«Nonostante le attuali sfide geopolitiche, i nostri prodotti Dop e Igp – ha commentato Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste – guidano l’export, confermando il ruolo strategico dei 317 Consorzi di tutela, che coordinano il lavoro di quasi un milione di operatori. Guardiamo al futuro con ottimismo, certi del valore che il nostro agroalimentare sa generare, rafforzando il territorio e l’identità italiana».
Tra i primi sette prodotti tutelati ci sono formaggi e salumi
Il primo prodotto per fatturato della top ten Dop e Igp è il Grana Padano che nel 2023 ha generato 1 miliardo e 885 milioni di euro alla produzione, un valore in crescita dell’8,8%, seguito dal Parmigiano Reggiano a quota 1 miliardo e 599 milioni, in aumento del 7% sull’anno precedente. In terza posizione si è collocato il Prosciutto di Parma con 951 milioni (+2%) e al quarto posto la Mozzarella di Bufala Campana con 528 milioni (+5,1%).
Seguono al quinto posto il Pecorino Romano con 494 milioni (+30,8%), il Gorgonzola al sesto posto con 430 milioni (+12,1%), il Prosciutto San Daniele in settima posizione a quota 385 milioni (+5,4%). Al nono posto si trova la Mortadella Bologna con un giro d‘affari di 339 milioni, in aumento del 3,6%.
«In questo scenario i dati emersi confermano – ha detto Cesare Mazzetti, presidente della Fondazione Qualivita – che le Indicazioni geografiche rappresentano ancora oggi una delle espressioni più emblematiche della tradizione e della qualità del Made in Italy offrendo un significativo valore aggiunto all'economia del Paese».
Export in leggero aumento con Usa primo mercato
L’export totale del food ha raggiunto quota 4,67 miliardi euro (+0,7% su base annua e +90% sul 2013), grazie soprattutto alla crescita del 6,4% nei mercati Ue. Ancora più alto il valore delle spedizioni totali se si aggiunge il vino che hanno confermato un valore di 11,6 miliardi euro (-0,1% sul 2022) con un trend positivo nei Paesi Ue. Numeri frutto dell’impegno di 87.212 operatori, 585mila occupati, 182 Consorzi di tutela autorizzati dal Masaf e 42 Organismi di controllo.
La crescita nei Paesi Ue (+5,3%) ha compensato il calo nei Paesi extra-Ue (-4,6%), dato particolarmente significativo alla luce dell’attuale dibattito sui dazi, con i Paesi terzi che assorbono oltre la metà (52%) dell’export della Dop economy italiana e gli Stati Uniti, prima destinazione in assoluto, che da soli valgono oltre un quinto (21%) delle esportazioni italiane Dop e Igp.
Il settore cibo realizza 4,67 miliardi euro per un +0,7% in un anno e un +90% sul 2013, con crescite in valore per formaggi, pasta e olio di oliva.
Il valore della Dop economy più alto in 61 province
Dopo due anni consecutivi con dati in aumento in diciotto regioni su venti, il Rapporto Ismea-Qualivita 2024 descrive un quadro più variegato: su 107 province italiane 61 hanno valore della Dop economy più alto, il 17% con crescite a doppia cifra.
Prosegue il trend positivo nell’area Sud e Isole (+4,0%), sempre in crescita negli ultimi cinque anni, con buoni risultati soprattutto per Sardegna (+19%) e Abruzzo (+11%).
Cresce anche il Nord-Ovest, trainato dalla Lombardia che supera per la prima volta i 2,5 miliardi euro e cresce per il terzo anno consecutivo. Il Nord-Est ha risultati stabili nel complesso (-0,6%) e vale il 54% della Dop economy, con l’Emilia-Romagna che frena leggermente (-2,4%) e il Veneto che con 4,85 miliardi euro si conferma regione leader. Nel Centro i risultati peggiori (-3,9%) con la Toscana (-5,5%) che rappresenta la gran parte del valore economico e il Lazio unica regione in crescita (+8,8%).
Le minacce del falso made in Italy e dei cibi sintetici
Una minaccia ai successi della Dop economy viene però dal fenomeno del falso cibo Made in Italy, il cui valore ha superato i 120 miliardi sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia. In altre parole, nel mondo – ha fatto notare Coldiretti – ci sono ben sei imitazioni per ogni prodotto a denominazione originale Made in Italy. Ma avanzano anche i cibi ultraprocessati che rischiano di sostituire sulle tavole i prodotti naturali, sulla spinta dei grandi oligarchi mondiali dell’alimentazione, con gravi effetti sulla salute dei cittadini, a partire dalle giovani generazioni. Un fenomeno che spaventa oltre otto famiglie su dieci e contro il quale Coldiretti chiede una serie di misure che vanno da un’etichettatura chiara su questo tipo di prodotti al divieto dell’utilizzo nei distributori in scuole e edifici pubblici, fino al potenziamento delle ore di educazione alimentare per gli studenti.
L’importanza del turismo enogastronomico e della riforma delle Ig
Il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, ha ricordato «la Riforma Ue delle Ig e la partita ancora tutta da giocare sul fronte della promozione del turismo enogastronomico, come anche a salvaguardia della trasparenza nei confronti dei consumatori. I prodotti Ig non sono semplici loghi da apporre in etichetta, ma strumenti dinamici di resilienza e sostenibilità economica dei territori, strategici alla competitività delle imprese e, prima ancora, alla tenuta del reddito che per spingere l’export delle eccellenze avrà sempre più bisogno del riconoscimento del valore degli agricoltori lungo la filiera».