Ventimila allevatori under 40. Sono loro il futuro della nostra zootecnia, la spina dorsale del nostro settore agricolo. Ragazze e ragazzi che, non senza fatica, hanno scelto in Italia di lavorare a contatto con gli animali, tra stalle e greggi, portando innovazione, modernità e creatività.
La metà di loro associa l’attività di coltivazione a quella di allevamento, altri quattromila conducono allevamenti bovini, quasi tremila sono impegnati nel settore ovicaprino e il resto è alla guida di aziende con suini, equini, avicoli e animali da compagnia.
Un esercito di giovani impegnato a garantire il futuro della Fattoria Italia, che, con 55 miliardi di valore, vanta un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli, senza dimenticare lo straordinario patrimonio di biodiversità dei nostri allevamenti.
Il loro quotidiano impegno è però ostacolato da una serie di fattori come le follie ecologiste, l'aumento dei costi di produzione e gli effetti dei cambiamenti climatici. È per questo che Coldiretti è impegnata da mesi su tutti i fronti per dare risposte alle esigenze delle imprese.
Il primo è assicurare un giusto reddito agli allevatori, proprio a partire da quelli giovani che hanno maggiore necessità di rientrare degli investimenti effettuati e che devono vedersi riconosciuto un compenso equo per il proprio lavoro, che non scenda mai sotto i costi di produzione. Coldiretti è stata l’unica organizzazione a scendere in campo contro le pratiche sleali, a tutela delle imprese agricole, denunciando nel settembre scorso la multinazionale Lactalis (che ha acquisito i marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli), perché aveva modificato unilateralmente gli accordi e non aveva pagato il prezzo pattuito agli allevatori. Dopo 5 mesi, l’Ispettorato del Ministero ha sanzionato l’azienda francese dopo averne riscontrato la condotta sleale in centinaia di casi.
No alle pratiche sleali
Mai prima d’ora i piccoli allevatori erano riusciti a far valere le proprie ragioni rispetto agli abusi commerciali dei grandi gruppi industriali multinazionali e della distribuzione, abusi che in passato difficilmente venivano segnalati, per il timore di eventuali ritorsioni. Ora, invece, Coldiretti garantisce l’anonimato alla singola impresa e offre così un maggiore potere contrattuale.
E dal latte siamo pronti a passare a tutte le filiere.
E anche in Europa abbiamo chiesto un rafforzamento della direttiva Utp contro le pratiche sleali, incentivando invece gli accordi di filiera, con un modello che rafforza i rapporti tra produzione, trasformazione e commercializzazione, garantendo il divieto di vendita sotto i costi di produzione dei prodotti agricoli.
No al cibo sintetico
Ma ci siamo battuti nelle piazze e nelle sedi istituzionali anche contro un’altra minaccia per il futuro degli allevatori italiani: il cibo sintetico, a partire da carne e latte. Siamo stati i primi ad accendere la luce su un fenomeno che i potentati transnazionali hanno cercato di passare dapprima sotto silenzio e poi “travestire” da soluzioni green a colpi di fake news.
Coldiretti ha raccolto oltre due milioni di firme che hanno portato all’approvazione di una legge nazionale che introduce il divieto di produrre e commercializzare cibi a base cellulare per uso alimentare o per i mangimi animali. Una legge che sta facendo da modello per altri Paesi europei, tanto che è nata una maggioranza qualificata di 19 stati membri dell'Ue pronta a chiedere la “moratoria” sul consumo e la produzione della “carne coltivata” per motivi di tutela della salute, etici, economici e ambientali.
No alle direttive assurde
Ma siamo intervenuti in Europa anche contro l’assurda direttiva sulle emissioni che equiparava gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali, ottenendo l’esclusione delle stalle di bovini da latte e da carne, anche se rimangono le criticità per quelli suinicoli e avicoli.
È una nostra vittoria anche il ritiro della direttiva agrofarmaci che, con l’irrealistico obiettivo di dimezzare l’uso dei fitofarmaci, avrebbe portato a una diminuzione della produzione di mais, indispensabile per gli allevamenti.
Rientrata poi al momento la modifica di alcune norme sul benessere animale che avrebbero causato problemi anche di carattere sanitario negli allevamenti. Una norma sulla quale siamo comunque impegnati per far capire alla Commissione Ue l’inutilità di alcune pratiche che vorrebbero imporre alle imprese come, ad esempio, il divieto del taglio della coda nei suinetti.
No alla contrapposizione natura-agricoltura
Occorre superare definitivamente quella ideologia ambientalista che ha messo in contrapposizione natura e agricoltura. È vero l'esatto contrario: sul territorio la presenza degli agricoltori e degli allevatori è il miglior antidoto ai rischi di dissesto idrogeologico e di spopolamento, soprattutto delle zone interne.
È per questo che, nel piano presentato alle istituzioni europee abbiamo chiesto, tra le altre cose, di aumentare i fondi proprio per favorire il ricambio generazionale all’interno della Politica agricola comune.
Lo dobbiamo anche e soprattutto ai nostri giovani allevatori e su questo fronte Coldiretti sarà sempre impegnata con forza.