I bovini restano esclusi dalla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (Ied). Gli allevatori del settore bovino possono tirare un sospiro di sollievo. Nella serata del 28 novembre scorso il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto «un accordo politico provvisorio» sulla nuova direttiva che è stato reso noto dai comunicati diffusi oggi dal Parlamento e dal Consiglio europeo. Ora sulla questione c'è, quindi, un'intesa completa a livello di Trilogo (Commissione europea, Consiglio e Parlamento europeo).
L'esito non era, tuttavia, scontato perchè la Commissione ambiente aveva assunto, durante il negoziato, una posizione contraria all'esclusione dei bovini dalla direttiva Ied (vedi qui).
I contenuti dell'accordo sulla direttiva per le emissioni industriali
Rientrano nella direttiva Ied gli allevamenti di suini con più di 350 unità di bestiame (Lsu, livestock units). Sono escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico e all'aperto per un periodo significativo di tempo nell'anno.
Per il pollame, si applicherebbe agli allevamenti con galline ovaiole con più di 300 Uba e agli allevamenti con polli da carne con più di 280 Uba. Per le aziende che allevano sia suini che pollame il limite sarà di 380 Lsu. La Commissione aveva originariamente proposto una soglia di 150 Lsu per tutto il bestiame, compresi i bovini.
«Sono soddisfatto del risultato complessivo - ha detto il relatore Radan Kanev (Ppe, Bulgaria) - poiché il Parlamento ha difeso i punti più importanti del suo mandato, tra cui la riduzione significativa delle emissioni senza creare ulteriore burocrazia per le industrie e gli agricoltori, nonché il livello delle sanzioni per le aziende inadempienti».
L’accordo provvisorio sulla direttiva Ied sarà ora sottoposto ai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio (Coreper) e alla commissione Ambiente del Parlamento per l’approvazione. I testi dovranno poi essere adottati formalmente da entrambe le parti prima di essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue ed entrare in vigore.
Entro il 31 dicembre 2026 prevista una valutazione sugli allevamenti della Commissione europea
L’accordo provvisorio sulla direttiva sarà rivalutato ed eventualmente rivisto nel 2028 (e successivamente ogni cinque anni) dalla Commissione europea. Questa valutazione deve tenere conto delle tecniche emergenti e della necessità di ulteriori misure di prevenzione dell’inquinamento o di requisiti relativi ai limiti minimi di emissione a livello dell’Ue.
Si è stabilito anche d’incaricare la Commissione di riesaminare, entro il 31 dicembre 2026, la necessità di un'azione dell'Ue sulle emissioni derivanti dall'allevamento di bestiame, compreso quello bovino, nonché una clausola di reciprocità per garantire che i produttori extra-Ur soddisfino requisiti simili alle norme comunitarie quando si esporta nell’Ue.
«Il Parlamento europeo boccia l’equiparazione tra emissioni industriali e allevamenti. Il sistema Italia ha detto il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida -, vince ancora. A testa alta in Europa al fianco degli allevatori italiani».
De Castro: «Salve le specificità di ciascun settore»
Grazie al nostro lavoro in Commissione Agricoltura, l'accordo trovato nella notte dai negoziatori di Parlamento, Commissione e Consiglio Ue rispecchia - ha sottolineato Paolo De Castro, relatore per il Gruppo S&D in Commissione Agricoltura - il forte mandato approvato dalla Plenaria lo scorso luglio, contemplando da un lato gli ambiziosi obiettivi di riduzione dell’inquinamento previsti dalla revisione della direttiva sulle emissioni Industriali, dall'altro le specificità di ciascun settore, a partire da quello dell’allevamento bovino».
«I negoziatori del Parlamento hanno scongiurato un errore scientifico e pratico – spiega De Castro - escludendo l'allevamento bovino dagli obblighi derivanti da questa Direttiva, che avrebbe messo a repentaglio decenni di avanzamento dell'intera filiera, capaci di farci raggiungere i più alti standard produttivi e di benessere animale al mondo. La situazione rimane sostanzialmente invariata per i grandi allevamenti avicoli e suinicoli, che dovranno continuare a mettere in campo misure per la riduzione delle emissioni. Nei prossimi anni, la Commissione continuerà a monitorare i livelli di emissioni e, solo nel caso se ne riscontri un'effettiva necessità, potrà proporre un'ulteriore revisione del testo non prima del 2028».
Obiettivo, approvazione finale, entro la primavera, della nuova direttiva Ied
«I nostri allevatori non possono essere messi in una situazione di svantaggio competitivo - ha sottolineato l'eurodeputato Pd – per questo è stato concordato che un'eventuale futura inclusione del settore bovino non possa prescindere da clausole di reciprocità per tutti i prodotti importati nell'Unione, garantendo quindi una situazione di concorrenza leale. Raggiunto l'accordo politico - conclude De Castro -, ora il lavoro proseguirà a livello tecnico per la finalizzazione del testo, con l'obiettivo di approvarlo in Plenaria entro la prossima primavera».
Intesa finale insoddisfacente per gli allevamenti di suini e avicoli
«È stata accolta la richiesta – ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – di non estendere in via immediata ai bovini l’applicazione della nuova normativa. Se ne riparlerà nel 2026. L’intesa finale raggiunta è insoddisfacente per gli allevamenti di suini e avicoli.
«Il lavoro che abbiamo svolto in stretto contatto con i ministri che hanno trattato il dossier in seno al Consiglio Ue e con gli europarlamentari italiani ha consentito – ha aggiunto Giansanti –quasi di raddoppiare le soglie proposte originariamente dalla Commissione. Ma per gli allevatori di suini ed avicoli si prospettano nuovi e pesanti oneri che sono assolutamente ingiustificati. Gli allevamenti non sono in alcun modo equiparabili alle industrie più inquinanti».
Necessario accelerare sulla reciprocità delle norme
«Siamo soddisfatti – ha detto il presidente di Confcooperative Fedagripesca, Carlo Piccinini - per l’esclusione dei bovini dalla direttiva, così come per l’innalzamento delle soglie dei numeri di capi al di sotto dei quali è obbligatorio adempiere ad una serie di adempimenti, per le aziende dei settori avicoli e suinicoli, che di fatto erano già sottoposti a una specifica normativa sulle emissioni industriali».
«Non possiamo non ribadire il nostro disappunto – dichiara infine il presidente di Confcooperative Fedagripesca – per il fatto che l’Europa abbia dato solo un primo insufficiente segnale in termini di reciprocità di regole tra i paesi membri della Ue e tutte le aziende che operano nei paesi terzi, rinviando al 2028 una possibile applicazione delle norme».
«Siamo estremamente soddisfatti - ha dichiarato il direttore generale di Assocarni, François Tomei – perché è soprattutto la ragionevolezza che ha trionfato e con un po’ di orgoglio credo” - ha proseguito Tomei – sia soprattutto una vittoria italiana. Il nostro Paese infatti ha condotto a livello politico un’azione di moral suasion convincendo le istituzioni europee e gli altri Stati membri delle gravi conseguenze che avrebbe avuto inserire il bovino, un animale che svolge un’azione di presidio del territorio, in una direttiva che riguarda gli impianti industriali».
Soddisfatto anche il presidente di Oi Intercarneitalia, Alessandro De Rocco: «Sappiamo - tuttavia, ha aggiunto - che gli esami non sono finiti poiché chi è stato sconfitto nell’azione ideologica avviata contro gli allevamenti bovini, tornerà sicuramente alla carica, ma troverà il nostro settore pronto a fornire dati ed informazioni tecnico-scientifiche, in grado di capovolgere qualsiasi tentativo di demonizzare la zootecnia bovina da carne».
Penalizzato l'allevamento dei suini da ingrasso
«Salva un settore cardine del Made in Italy la decisione del Trilogo di lasciar fuori gli allevamenti bovini da latte e da carne dalla nuova direttiva sulle emissioni industriali che - come più volte denunciato - rischiava di obbligare tutte le stalle a sottostare a procedure di autorizzazione insostenibili».
È quanto hanno affermato sulla direttiva Ied Coldiretti e Filiera Italia, che per prime avevano denunciato l'"assurdità scientifica" di paragonare le stalle alle fabbriche e avviato una campagna di sensibilizzazione, in riferimento all'accordo tra Europarlamento e Consiglio sulla proposta di modifica.
«Più penalizzato dal compromesso - denunciano - esce il settore suino, in particolare quello degli allevamenti da ingrasso, mentre poco significative sono le modifiche introdotte al settore avicolo (con qualche eccezione per le ovaiole)».