È stato un duro lavoro, ma la costanza, la conoscenza del settore, la forza delle idee dei protagonisti del lungo braccio di ferro intrapreso con l’Unione europea, per difendere il settore zootecnico dei bovini italiani contro l’inserimento degli allevamenti nella direttiva “Industrie inquinanti” (la direttiva Ied: Industrial emission directive - 2010/75/UE), sono state premiate. E ci fa piacere condividere le tappe del percorso con i lettori dell’Informatore Zootecnico.
Alessandro De Rocco, presidente del Comitato nazionale produttori e dell’Oi Intercarneitalia, Serafino Cremonini, presidente del Comitato nazionale dei trasformatori, presidente Assocarni e vicepresidente dell’Oi Intercarneitalia, e Fabiano Barbisan, presidente dell’Aop Italia Zootecnica, avevano iniziato a informare e a sollecitare i parlamentari europei da aprile 2023, dopo aver ricevuto da Bruxelles la conferma che gli emendamenti, che avrebbero ricompreso gli allevamenti bovini nella direttiva, sarebbero stati votati in Commissione Agri (Agricoltura) europea.
Il primo appello è stato inviato il 17 aprile 2023 a tutti i Gruppi politici italiani dell’Europarlamento, stigmatizzando l’ipotesi che stava circolando in sede di revisione della Direttiva, di classificare le aziende di bovini da carne alla stessa stregua delle industrie inquinanti, sostenuta da attacchi spropositati ad un settore a cui non viene riconosciuto il contributo alla crescita sociale, ma che è spesso oggetto di vere fake news, che diffondono l’idea secondo cui “gli allevamenti non sono sostenibili e sono i primi responsabili del cambiamento climatico”.
Lo studio di Sassari sulle emissioni dei bovini
Affermazioni non corrette e che non corrispondono alla realtà - riportava la lettera - poiché, secondo il lavoro di un team di ricercatori dell’Università di Sassari, l’allevamento italiano contribuisce a combattere il riscaldamento globale e a mitigare il cambiamento climatico. Questo lavoro dell’Università di Sassari è stato pubblicato sull’Italian journal of animal science (volume 22,2023, Issue 1), ma è anche stato riassunto dagli stessi ricercatori sul numero 6.2023 dell’Informatore Zootecnico.
Il team di ricerca italiano ha calcolato le emissioni in Italia adoperando le nuove metriche proposte da un pool di fisici di Oxford che, per la prima volta, hanno tenuto conto della diversa permanenza dei gas climalteranti in atmosfera.
I ricercatori italiani, sulla base dei dati ufficiali pubblicati dal 1990 al 2020 dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, hanno applicato queste nuove metriche alle emissioni di metano di tutte le filiere zootecniche italiane e hanno successivamente confrontato i risultati con quelli che si erano ottenuti, usando le vecchie metriche.
Quello che è emerso non è solo una significativa riduzione delle emissioni, ma addirittura la negativizzazione dell’impronta ambientale.
Bene alla Comagri
Ciò premesso che - riportava l’appello - ipotizzare di costringere le aziende zootecniche a sottomettersi alle norme e alla burocrazia previste per le industrie, significa aggravare inutilmente di costi le imprese, sottraendo risorse ai già problematici bilanci economici, impedendo di fatto il miglior utilizzo dei denari per progredire a livello tecnologico e strutturale.
Il risultato del primo appello è stato il voto contrario della Commissione Agri (Agricoltura), chiamata anche Comagri, all’inserimento degli allevamenti bovini nella direttiva. Una buona notizia!
Male poi alla Envi
Ma non è finita qui. De Rocco, Cremonini e Barbisan, in vista della riunione della Commissione Envi (Ambiente) prevista il 24 maggio 2023, che doveva votare gli emendamenti relativi agli allevamenti bovini, prevedendo battaglia tra opposti schieramenti il 17 maggio 2023 hanno scritto una nuova mail a tutti gli europarlamentari italiani, chiedendo loro che, anche in questa occasione, venisse votata l’esclusione degli allevamenti bovini dalla direttiva.
Purtroppo, per uno scarto minimo di voti, gli emendamenti che prevedevano l’inserimento dei bovini nella direttiva sono passati, proponendo una soglia per gli allevamenti di bovini a 300 UBA e 250 UBA per quelli misti.
Tutti insoddisfatti, compresi animalisti e ambientalisti, che puntavano a 150 UBA e avevano come unico scopo quello di appesantire di burocrazia gli allevamenti (permessi, dichiarazioni, planimetrie, etc.) per costringere gli allevatori a “gettare la spugna” e chiudere. Ma come vedremo il terzo round, che si giocava in seduta plenaria, è stato a favore della zootecnia.
Il terzo appello
Successivamente, De Rocco, Cremonini e Barbisan, in vista della riunione plenaria dell’Europarlamento, chiamato a pronunciarsi sugli emendamenti di esclusione presentati da vari gruppi di parlamentari, hanno inviato un terzo appello, con una lettera articolata, scrivendo a caratteri cubitali in un riquadro queste parole:
«Chi ha interesse a distruggere la zootecnia bovina da carne? Perché vogliono includerla a tutti i costi tra le industrie inquinanti? Perché sommergere gli allevatori di inutile e costosa burocrazia costringendoli ad abbandonare le loro attività zootecniche? Alcuni interrogativi a margine delle azioni di inclusione della zootecnia bovina da carne nella Direttiva 2010/75/UE e un ulteriore appello agli europarlamentari italiani di difendere il sistema di “Allevamento protetto” italiano, unico al mondo per sostenibilità».
La lettera, inviata a tutti gli europarlamentari dei 27 Paesi, contenente ulteriori considerazioni, ribadiva che l’inclusione degli allevamenti bovini nell’ambito di applicazione della Direttiva 2010/75/UE avrebbe comportato un ingiustificato aggravio di costi a carico degli allevatori, rischiando di far scomparire un elevato numero di stalle con gravi impatti negativi sull’intero ecosistema agricolo.
Nell’appello, infatti, si ricordava che la peculiarità della zootecnia bovina è l’autoproduzione di buona parte degli alimenti zootecnici di cui necessitano gli animali, che lega indissolubilmente il settore al fondo agricolo.
Peraltro, le caratteristiche rurali della produzione bovina consentono la salvaguardia e tutela del territorio, prevenendo il dissesto idrogeologico e l’abbandono delle aree marginali grazie alla presenza costante dell’allevatore/agricoltore.
L’abbandono della produzione bovina comporterebbe altresì la perdita dei processi virtuosi di economia circolare che la contraddistinguono. Basti pensare ai numerosi sottoprodotti e co-prodotti che si ottengono dalla filiera delle carni bovine e che sono destinati a diversi utilizzi complementari rispetto all’alimentazione umana (farmaceutico, biomedicale, mangimistico, pelletteria, bioenergie eccetera).
Vittoria anche in plenaria
E il terzo round, come detto, è stato favorevole, poiché l’11 luglio 2023 il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha votato contro gli emendamenti di inclusione della zootecnia bovina.
Una “vittoria” sofferta ma non definitiva poiché manca l’ultimo step, ovvero quello del cosiddetto Trilogo (Commissione europea, Parlamento europeo, Consiglio dei ministri europeo).
Alessandro de Rocco, Serafino Cremonini e Fabiano Barbisan, il giorno stesso della seduta dell’Europarlamento, hanno ringraziato tutti gli europarlamentari per il voto espresso, però ricordando loro che “la partita non è ancora finita, poiché i negoziati inter-istituzionali dovranno pronunciarsi definitivamente sull’esclusione degli allevamenti bovini dalla direttiva 2010/75/UE. Ma siamo fiduciosi che il Parlamento, la Commissione e il Consiglio approveranno definitivamente tale esclusione, grazie al vostro auspicato e rinnovato supporto”.
Speriamo che prevalga il buon senso.