Come abbiamo letto anche in un altro articolo di questo sito, la riforma ad opera della Ue del sistema delle Dop e delle Igp sta andando avanti speditamente. Il 20 aprile scorso è stata approvata, alla commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, la proposta di un nuovo regolamento in materia.
La proposta verrà messa in votazione presumibilmente il 31 maggio in sessione plenaria al Parlamento e porterà a un testo unico europeo sulle produzioni di qualità, indicativamente in vigore a partire da gennaio 2024, che rafforzerà la protezione, la promozione e la sostenibilità delle “Indicazioni geografiche”, ossia delle produzioni Dop, Igp e Stg.
Saranno snellite le procedure di approvazione e di modifica dei disciplinari, sarà previsto un ruolo per i produttori agricoli nei consorzi, aumenterà la trasparenza verso i consumatori. I prodotti Dop e Igp beneficeranno di protezione ex-officio anche online. Nel caso in cui questi prodotti vengano utilizzati come ingredienti sarà necessaria un’autorizzazione scritta da parte dei rispettivi consorzi di tutela. Sarà introdotto l’obbligo di indicare il nome del produttore sull’etichetta dei prodotti Dop e Igp e, per quelli Igp, l’origine della materia prima principale.
La proposta approvata il 20 aprile è frutto di un lungo confronto sul futuro delle indicazioni geografiche in Europa promosso da Origin e da Afidop, che ha fatto emergere le esigenze del settore. È il risultato del lavoro della commissione Agricoltura del Parlamento europeo e in particolare del lavoro dell’europarlamentare Paolo De Castro.
Ha commentato Fiorenzo Rigoni, presidente del consorzio di tutela del formaggio Asiago: “Attendiamo ora con fiducia l’approvazione finale di quello che sarà un risultato storico per l’Europa, col rafforzamento del ruolo dei consorzi di tutela, l’aumento della protezione dei prodotti a denominazione d’origine, la realizzazione di passi concreti verso la sostenibilità ambientale, sociale ed economica”.
Successo grazie alla redditività
Staremo a vedere. Sicuramente si può prevedere che questa riforma avrà un importante impatto sul comparto agroalimentare italiano, dal momento che il sistema delle Dop e delle Igp vanta un peso e una rappresentatività di tutto rispetto: fatturati notevolissimi, un ruolo da protagonista nell’export nazionale, grande appeal nei confronti dei consumatori.
Insomma, non si può dire che questo ambito produttivo non goda di buona salute. E allora ci si può chiedere quale possa essere la chiave interpretativa del successo del grande sistema economico delle Dop e delle Igp agroalimentari.
Si dice spesso che questa risieda nella qualità degli alimenti prodotti, nella difesa della tradizione e della cultura locale, nella difesa del territorio, nella sostenibilità…
Tutto vero, tutto importante. Ma, se affrontiamo la questione dal punto di vista degli allevatori di bovine da latte (è coerente farlo dal momento che i formaggi Dop hanno un peso preponderante all’interno dell’insieme delle indicazioni), allora possiamo dire che la principale chiave interpretativa del buono stato di salute dei prodotti lattiero caseari a denominazione si debba ricercare soprattutto nella superiore redditività che questi offrono ai produttori.
Il motivo del primato della redditività è facilmente intuibile: nell’agroalimentare, e quindi anche in zootecnia, se una iniziativa economica non fornisce margini economici ai produttori semplicemente non sta in piedi. Confinando in secondo piano altri obiettivi, pur nobili, come la sostenibilità o la tradizione.
Comunque, che le Dop e le Igp rispondano alle aspettative anche sul fronte della redditività lo stanno sottolineando molti osservatori, ultimamente. Fra questi il presidente del consorzio del Grana Padano, Renato Zaghini, che alla recente assemblea del consorzio ha affermato: “La filiera Grana Padano, dalla stalla al magazzino, è stata nettamente la più remunerativa del settore lattiero caseario italiano, escludendo solo il 20% del latte italiano che non prevede gli insilati”.
Infatti nel 2022 il Grana Padano ha registrato un +24% del valore della produzione e addirittura un +26% al consumo. “Nessun settore del lattiero caseario italiano ha performato tanto quanto il Grana Padano”, ha aggiunto il dirigente generale del consorzio Stefano Berni. “Questo ha permesso alla filiera di apportare al proprio territorio un reddito ulteriore di circa 300 milioni di euro rispetto alle altre destinazioni del latte, a vantaggio delle 50mila persone coinvolte dal sistema, per un valore complessivo alla produzione di 1,7 miliardi di euro”.
Prezzi del latte più alti
Berni ha continuato andando a toccare la questione cruciale del prezzo del latte alla stalla: “Inoltre la materia prima destinata a Grana Padano ha avuto nel 2022 un plus di valorizzazione di circa il 20% superiore rispetto alle altre destinazioni del latte omogeneo, cioè quello prodotto da bovine alimentate anche con insilati di mais e che costituisce circa l’80% del latte vaccino prodotto in Italia”.
Qualcosa del genere è stato detto nei giorni scorsi anche da Alfredo Lucchini, presidente della sezione di prodotto lattiero-casearia di Confagricoltura Piacenza: “Nelle filiere delle Dop c’è un riconoscimento diverso della materia prima. Venendo al nostro areale, produrre Grana conviene, il problema è che gli allevatori non possono scegliere se e quan
to latte conferire alla filiera della Dop e per chi resta fuori è ancora oggi un atto subito. Chi ha conferito a Grana, nel 2022, principalmente in ambito cooperativo, ha potuto vedere una buona remunerazione del latte. Diversamente, gli allevatori conferenti a strutture industriali si sono visti riconoscere un prezzo inferiore anche del 20 per cento”.