Spesso, ancora oggi, esiste confusione tra esame batteriologico e antibiogramma: molti, infatti, credono che questi termini siano sinonimi, quando in realtà si tratta di due fasi differenti ma inerenti allo stesso processo analitico di diagnosi.
L’esame batteriologico ha lo scopo di prelevare dall’animale del materiale biologico per evidenziare in essi la presenza di un microrganismo patogeno, che può eventualmente avere dato origine ad un’infezione nell’individuo dal quale il materiale biologico è stato prelevato. I materiali raccolti possono essere di varie tipologie: sangue, urine, secreto nasale, latte, ecc.
Nel mondo zootecnico l’esame batteriologico del latte è molto utilizzato come tecnica per la diagnosi della mastite, cioè per “dare un nome e un cognome” al microbo responsabile della patologia e così capire come e se curare ma soprattutto decidere quali sono le più opportune misure di controllo dato che se la mastite è sempre mastite i batteri che la causano possono essere molto diversi e richiedere di conseguenza interventi molto diversi.
Il processo avviene tramite il prelievo, in questo caso di latte, che viene poi inviato al laboratorio di microbiologia dove verrà poi predisposto un “terreno di coltura” per valutare la presenza o meno di microrganismi.
Il terreno di coltura è un materiale contenente nutrienti necessari allo sviluppo e alla crescita dei batteri presenti nel materiale biologico esaminato: se nel materiale prelevato sono presenti microrganismi, essi cresceranno nel terreno (l’esame batteriologico si chiama anche “Esame colturale” perché prevede la “coltivazione” del microbo), permettendo una loro facile individuazione che darà luogo ad una diagnosi più accurata.
Dopo aver individuato i vari microrganismi presenti nel terreno, e di conseguenza aver riscontrato la causa della mastite si esegue spesso l’esame chiamato “antibiogramma” (che perciò è collegato all’esame batteriologico ma è un passo ulteriore e diverso) che si effettua mettendo i microrganismi trovati nel latte a contatto con diversi dischetti imbevuti di antibiotico: a seconda del comportamento del microrganismo a contatto con i vari dischetti si valuta qual è l’antibiotico più efficace per eliminare quel batterio.
Al termine di questa procedura viene prodotto un referto che attesta la sensibilità o la resistenza del microrganismo ai vari antibiotici fornendo al veterinario un’indicazione molto utile -anche se non la sola- per la scelta della eventuale terapia, dato che se il microrganismo è sensibile ad un antibiotico, significa che quest’ultimo può essere in grado di debellarlo, mentre se è resistente ad un antibiotico significa che quell’antibiotico è sicuramente inefficace nei suoi confronti.
Eseguire un esame batteriologico seguito da un antibiogramma permette di avere una diagnosi maggiormente accurata (molto più del solo esame clinico) del microbo causa della mastite, dando anche la possibilità di conoscere quale antibiotico è più adatto/inadatto per il trattamento di quella patologia. L’abitudine di trattare un animale con un antibiotico “ad ampio spettro d’azione” (cioè attivo su “tutti” i microbi) per non dover/voler fare l’esame batteriologico è una delle pratiche che hanno provocato, nel tempo, una resistenza sempre maggiore dei batteri a determinati antibiotici e pertanto va superata.
Non c’è necessità di analizzare ogni caso di mastite prima di procedere all’eventuale trattamento, dato che l’uso dell’esame a campione - con precise regole che il veterinario ben conosce - è sufficiente ad inquadrare il problema e a trattare correttamente anche casi non analizzati direttamente. Ma, seppure a campione, una diagnosi con esame batteriologico seguito da antibiogramma è sempre la scelta migliore e più accurata per la risoluzione ed il controllo della mastite in maniera tempestiva.
matteo.bertignon@parmigianoreggiano.it
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