L’Albo Mangimisti è stato istituito nel 1993 dal Consorzio del Parmigiano Reggiano e l’adesione da parte dei mangimifici è su base volontaria. Ad oggi sono iscritti 28 mangimifici. Aderendovi, il mangimificio si impegna a conoscere e rispettare, per la produzione di mangimi destinati a stalle che producono latte per Parmigiano Reggiano, il Disciplinare di produzione e a sottoporsi a controlli da parte del Consorzio (ulteriori rispetto a quelli dell’Ocq-Pr in stalla).
Tutto questo allo scopo di preservare qualità e conformità del mangime che arriva alla bocca delle bovine, a tutela dell’allevatore e del consumatore finale.
Per capire meglio in cosa consistono questi controlli abbiamo intervistato Barbara Ricci, la responsabile degli audit che vengono effettuati presso gli aderenti:
“Riguardo alle materie prime utilizzate nella produzione dei mangimi possiamo ricordare, ad esempio, la maggiore severità sui limiti di presenza di aflatossine nelle materie prime rispetto alla normativa che le imprese ci documentano con i loro piani di autocontrollo. La loro presenza cioè è ancora più bassa rispetto a quanto chiede la legge. Questo è un importante fattore di sicurezza per tutta la filiera: per gli allevatori, per i caseifici e per il consumatore finale. C’è poi l’aspetto delle procedure operative utilizzate che è molto importante, perché sono calibrate in maniera estremamente severa per evitare rischi di contaminazioni accidentali, ad esempio di materie prime non ammesse, come potrebbe essere per colza o cotone. Su queste procedure il mangimificio mette in atto procedure di verifica proprie e si rende disponibile anche a verifiche da parte nostra in qualunque momento. Il controllo arriva a verificare un altro aspetto molto importante della produzione e cioè le ricette di ogni mangime, che sono sicuramente un dato sensibile che fa parte del patrimonio di ogni azienda. C’è un impegno alla trasparenza importante e condiviso”.
Ma come funziona un audit presso uno dei mangimifici aderenti all’Albo Mangimisti? “Nei primi anni si partiva dal mangimificio, con prelievi di mangime e verifiche di ogni passaggio operativo in base a una precisa e scrupolosa check list. Con il passare del tempo abbiamo affinato il meccanismo che ora ha un passaggio preventivo nelle stalle degli allevatori, con prelievi di campioni di mangime, svolti in collaborazione con l’equipe del professor Formigoni del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna. Verifichiamo la composizione e la rispondenza ai dettami del Disciplinare: che non contengano materie prime vietate, che non siano stati aggiunti grassi, che la composizione sia compatibile con quanto dichiarato nel cartellino; verifichiamo, ancora, la presenza di azoto ammoniacale e ureico e altri controlli che possano rendersi necessari”.
Con i dati analitici del campionamento si passa alla fase di audit nel mangimificio. “E il campionamento stesso può dare delle indicazioni utili su quali aspetti andare a indagare, legati a quel particolare lotto di mangime: provenienza delle materie prime, pesate, ciclo produttivo. Va detto che non conformità del mangime per la presenza di materie prime non ammesse dal disciplinare non sono mai state rilevate di livello ma ci sono altre indicazioni interessanti che, abbinate poi alla verifica in mangimificio, portano a un reale progresso. Mi riferisco a situazioni con trend di avvicinamento al limite imposto. Il dato analitico fotografa una situazione, ma la possibilità poi di accedere a tutti i dati del mangimificio (e questo avviene solo se esso è aderente all’Albo e documenta il grande livello di collaborazione reciproca fiducia che si è instaurato tra mangimifici e Consorzio) permette di valutare quegli aspetti di processo che possono aver portato alla situazione verificata con il campionamento”.
In conclusione: “È evidente quindi che tutto questo porta a una verifica continua anche delle procedure e a un loro miglioramento, a garanzia di un mangime sempre più sicuro. Va detto che negli anni il livello della gestione di qualità e sicurezza nei mangimifici è enormemente cresciuto rispetto a qualche decennio fa - quando nacque l’Albo - e ciò sia per l’evoluzione della normativa che per il senso di responsabilità e l’imprenditorialità dei mangimifici; non di meno in questo scenario si è creato negli anni un meccanismo di collaborazione attiva tra Consorzio e mangimifici dell’Albo che ha permesso una crescita e un miglioramento reale nelle procedure di produzione, nei protocolli di autocontrollo e di verifica interna di questi, a ulteriore garanzia del prodotto finale”.
Francesco Verna
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