La possibilità di selezionare la popolazione bovina per caratteri di interesse caseario può determinare un miglioramento della sostenibilità della filiera, dall’allevamento fino al caseificio. Questo ha un importante collegamento con la produzione di Parmigiano Reggiano ed è stato ribadito anche dalla presentazione – avvenuta recentemente a Parma – dei risultati ottenuti dal progetto Genetocheese (GENEtoCHEESE), coordinato dal professor Andrea Summer, che ha coinvolto il gruppo di Produzioni animali del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Università di Parma e l’Università di Padova.
Il progetto rientra nell’azione di ricerca finalizzata al miglioramento delle proteine del latte per una migliore caseificazione, proponendo nuovi strumenti di monitoraggio della qualità del latte a livello di allevamento e perfezionando la selezione genetica per indirizzarla verso le attuali richieste del mercato, per una maggiore efficienza dell’intera filiera lattiera-casearia.
Nel corso dello studio sono stati raccolti più di mille campioni individuali di latte di bovine di razza Bruna allevate in 54 allevamenti (20 bovine per allevamento) localizzati in 11 province di 3 regioni che producono latte destinato alla trasformazione in formaggi Dop e tradizionali. Il campionamento è durato 12 mesi e sono stati raccolti 2 litri di latte per bovina durante la mungitura serale e un campione di bulbi piliferi per l’indagine genomica. L’area di produzione è stata classificata in Parmigiano Reggiano di collina o montagna, Parmigiano Reggiano di pianura, Grana Padano, Silter e formaggi freschi.
Il lavoro svolto ha permesso di studiare l’effetto di fattori ambientali (stagione, singolo allevamento, area di produzione), dell’animale (stadio di lattazione, ordine di parto e genotipo) su aspetti di qualità del latte quali, ad esempio, frazioni proteiche e minerali sia relativi alla caseificazione. Tramite l’analisi genetica è stato infine possibile stimare l’ereditabilità e le correlazioni genetiche per ogni fenotipo d’interesse e tramite l’analisi genomica identificare nuove regioni genomiche potenzialmente responsabili della variabilità di questi fenotipi.
Presso il laboratorio Milca dell’Università di Parma sono state effettuate le caseificazioni individuali, che hanno permesso di calcolare le rese casearie e i recuperi dal latte alla cagliata in solidi totali, grasso, proteina ed energia.
Per quanto riguarda le varianti genetiche delle frazioni proteiche del latte, è stato osservato che il genotipo A2A2 per la β-caseina è quello che si riscontra più frequentemente nella popolazione campionata. Questo genotipo è solitamente correlato con una maggiore digeribilità del latte, mentre per la k-caseina il genotipo più rappresentato nella popolazione campionata è il BB che determina un ruolo importante nei processi di caseificazione.
Dal punto di vista caseario gli animali sono risultati meno efficienti con l’avanzare dell’età: infatti all’aumentare dell’ordine di parto calano tutte le rese a causa di un calo di recupero dei nutrienti della latte nella cagliata. All’aumentare della caseina totale del latte, aumentano la resa e il recupero di proteine, mentre se aumenta la k-caseina si ha una maggiore efficienza nel recupero degli altri componenti dal latte alla cagliata, in particolare del grasso.
Un’elevata quantità di fosforo nel latte causa un’eccessiva mineralizzazione della micella caseinica, che di conseguenza non è più in grado di trattenere efficientemente gli altri componenti della cagliata, in particolare il grasso.
Parte del progetto prevedeva la caratterizzazione genomica delle bovine campionate, al fine di poter identificare le regioni genomiche associate ai caratteri di interesse per la caseificazione. L’analisi è stata eseguita mediante la raccolta dei bulbi piliferi e, attraverso la genotipizzazione, sono stati ricavati i dati da sottoporre alle analisi bioinformatiche e da associare alle indagini relative alla qualità del latte in termini di composizione, contenuto in minerali, cellule somatiche totali e differenziali, resa casearia, recupero di nutrienti nella cagliata.
L’ereditabilità per le caratteristiche di interesse è risultata abbastanza elevata e questo è un risultato incoraggiante per l’applicabilità della ricerca a livello di popolazione bovina.
Il tutto si traduce nella possibilità di selezionare delle bovine che producano latte in grado di generare una migliore resa in formaggio aumentando così la sostenibilità della filiera, sia dal punto di vista ambientale, perché un aumento di efficienza riduce gli sprechi e ottimizza l’utilizzo delle risorse, sia dal punto di vista economico della redditività dell’allevamento.
Elena Mariani
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