In Italia la CO2 sottratta dall'atmosfera e fissata dalle foraggere coltivate e importate per nutrire gli animali d'allevamento neutralizza la somma di CO2eq emessa dagli animali allevati, quella delle lavorazioni agricole, delle fermentazioni ruminali e quella legata alla gestione delle deiezioni. Pertanto, l’attività zootecnica (senza tener conto del trasporto e della lavorazione secondaria di latte e carne) può essere considerata equilibrata. Anzi, il saldo - in termini di emissioni - è addirittura positivo.
Sono le conclusioni di una recente ricerca* sul contributo della zootecnia nazionale alla emissione in atmosfera di CO2, con dati che vanno in direzione opposta rispetto alle accuse rivolte sui media al settore dell’allevamento per il suo ruolo nella emissione di gas ad azione climalterante.
La ricerca
Nel dettaglio, gli autori della ricerca hanno quantificato le emissioni di CO2 per la respirazione degli animali e quella equivalente relativa alle fermentazioni ruminali e alle deiezioni di tutti i capi delle specie allevate in Italia, alla loro gestione e al loro spandimento, senza tralasciare le deiezioni dovute agli animali al pascolo.
È stata quindi calcolata la CO2 fissata (e quindi sottratta dall'atmosfera) dalle principali colture di maggiore utilizzo per il settore zootecnico, foraggi e cereali, fossero esse prodotte in Italia o all’estero.
Dai dati statistici relativi a queste produzioni si è risaliti alla quantità di biomassa prodotta, considerando anche la parte ipogea, destinata a rimanere nel suolo come residuo colturale.
Si è anche tenuto conto delle emissioni connesse alla lavorazione del terreno, alla produzione di fertilizzanti e fitofarmaci, all’elettricità, ai combustibili e al funzionamento delle macchine necessari per la produzione di foraggi e cereali suddetti.
Non si è tenuto conto, invece, delle emissioni legate al trasporto di latte e carne e alla loro lavorazione.
I risultati
I risultati ottenuti mostrano che la zootecnia praticata in Italia non contribuisce all'aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera, anzi, le diminuisce, dato che la quantità di CO2eq fissata nelle colture ad uso zootecnico è superiore del 10% a quella prodotta.
Oltre al dato su scala nazionale, lo studio ha anche considerato il bilancio tra CO2eq emessa e quella bloccata da una ipotetica azienda da latte standard di 150 capi in lattazione. In questo caso si è quantificato in un 6% il vantaggio in termini di CO2eq immagazzinata.
I risultati di questo studio – spiegano i ricercatori – dimostrano che le emissioni di gas serra generate dal settore agricolo sono riassorbite, soprattutto con opportuni sistemi sostenibili di gestione, grazie all'attività di fotosintesi e biodiversità del suolo che rappresentano un importante dissipatore di carbonio.
Questo non solo permette il raggiungimento della neutralità carbonica, ma assicura anche un saldo positivo in termini di CO2eq bloccata rispetto a quella emessa, collocando il settore primario in una situazione unica rispetto ad altri settori produttivi: per questi ultimi, infatti, si può arrivare a ridurre, fino ad annullarle, emissioni di CO2, ma non è possibile rimuovere l’eccesso di CO2 presente nell’atmosfera.
roberta.arciprete@parmigianoreggiano.it
*) Roberto De Vivo e Luigi Zicarelli, Influence of carbon fixation on the mitigation of greenhouse gas emissions from livestock activities in Italy and the achievement of carbon neutrality, pubblicata sulla rivista scientifica Translational Animal Science. https://academic.oup.com/tas/article/5/3/txab042/6159336
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