L’ultimo decennio è stato un periodo di grandi cambiamenti per la filiera lattiero casearia europea e italiana. L’apporto delle nuove tecnologie applicate all’alimentazione, alla veterinaria ed alla gestione di stalla e della mungitura è stato enorme.
Ma, al tempo stesso, si sono attuate alcune rivoluzioni nelle regole della politica agricola, prima fra tutte il superamento dopo trent’anni del regime delle quote latte comunitarie. Dal primo gennaio 2015 si è aperta una fase totalmente nuova e oggi, dopo sei anni, si può affermare che il sistema comunitario ha retto.
Ma ha anche fatto emergere alcune evidenze. Prime fra tutte le tensioni economiche. In soli sei anni a più riprese in Germania e soprattutto in Francia sono scoppiate tensioni molto forti. Ma quello che è oggi evidente, ed era prevedibile, è l’incremento della volatilità del mercato del latte e dei suoi derivati.
Di fronte a questo scenario come si colloca il latte per Parmigiano Reggiano? Come hanno reagito le aziende produttrici di latte della nostra filiera Dop? In questo approfondimento discuteremo quanto sta accadendo nei nostri allevamenti analizzando la fotografia del triennio 2016-2019.
Prima di tutto emerge una costante e progressiva riduzione delle aziende produttrici. In soli tre anni gli allevamenti inseriti nel sistema di certificazione sono calati di 304 unità, quindi a un ritmo di circa 100 unità per anno. Infatti, come mostra anche il grafico, il numero degli allevamenti che hanno destinato il proprio latte al Parmigiano Reggiano è stato questo:
- nel 2016: 3.013
- nel 2017: 2.900
- nel 2018: 2.828
- nel 2019: 2.709.
La riduzione numerica di per sé può riflettere una pericolosa emorragia oppure un sano processo di ristrutturazione. Per comprendere quale sia il reale fenomeno in atto occorre considerare prima di tutto le quantità prodotte e poi approfondire le tipologie di classe dimensionale.
Il primo dato è che il crollo del numero di stalle non ha compromesso le capacità di produrre latte e quindi la fornitura di prodotto per la trasformazione in formaggio. Anzi, è avvenuto il contrario!
Se nel triennio hanno chiuso il 10% delle stalle, la quantità di latte trasformato nello stesso periodo triennio successivo (2017-2020) è cresciuta di oltre il 5%. Il confronto con il triennio slittato di un anno serve a considerare gli effetti delle riorganizzazioni aziendali.
A livello aggregato abbiamo quindi assistito ad un aumento della dimensione media delle stalle. Infatti, la produzione media di latte per stalla è cresciuta di ben il 18%, dai 607 ton./anno del 2016 a 718 ton./anno del 2019.
A questo punto diventa interessante capire quali tipologie di stalle sono in espansione e quali no. Il punto di partenza per questa analisi è la grande eterogeneità presente nelle tipologie di dimensione aziendale. La fotografia del 2019, per questo aspetto, è illustrata dal secondo grafico ed è la seguente:
- n. allevamenti che hanno prodotto meno di 400 tonnellate di latte: 1.385
- n. allevamenti che hanno prodotto tra 400 e 2.000 tonnellate di latte: 1.034
- n. allevamenti che hanno prodotto più di 2.000 tonnellate di latte: 187
Di tutte le stalle, dunque, quasi il 50% ha dimensioni annue inferiori a 400 ton./anno. E sono proprio queste le stalle che chiudono e determinano il fenomeno numerico generale. Viceversa, le stalle con dimensioni superiori alla media aumentano numericamente.
Quindi cosa sta avvenendo nelle stalle del Parmigiano Reggiano? Si sovrappongono due fenomeni.
Il primo è la chiusura delle stalle più piccole, non più efficienti e senza ricambio generazionale. In questi casi i conduttori, spesso troppo anziani, non riescono a stare al passo con l’evoluzione produttiva e dismettono l’attività. A questo riguardo un indubbio effetto acceleratore è venuto dall’assegnazione nel 2014 delle quote latte Parmigiano Reggiano agli allevatori. Di fatto – per chi smette l’attività – le Qlpr rappresentano una sorta di incentivo all’esodo; e questo fenomeno ha accelerato anche la migrazione delle Qlpr dismesse verso aziende più competitive e con maggiore prospettiva.
Il secondo fenomeno è che le aziende di medie e medio-grandi dimensioni investono e diventano progressivamente più grandi e strutturate. Infatti aumentano le aziende nelle classi dimensionali più elevate. Le aziende oltre 2.000 ton/anno in tre anni sono passate da 148 a 187, con un aumento del 26%. Questo significa che il regime delle quote e del Piano Produttivo non ha frenato le aziende più competitive, bensì ne ha stimolato investimenti e sviluppo, quale riflesso delle migliori prospettive di sviluppo e di stabilità di mercato.
Il riflesso di questa tendenza produttiva si è riflesso sulla produzione di latte, e quindi del futuro formaggio, con una polarizzazione nelle classi più competitive. Infatti, come mostra anche il terzo grafico, la % della produzione totale del latte destinato a Parmigiano Reggiano concentrata nelle stalle con più di 800 ton/anno era del 57% nel 2013 ed è salita al 68% nel 2019.
La fotografia rilevata nel triennio 2016-2019 è molto interessante e descrive un trend destinato a proseguire, che trova conferma già nei dati parziali del 2020. Provando a tracciare uno scenario al 2025, è facile prevedere che la base allevatoriale potrà arrivare a stabilizzarsi a circa 2.000 unità. In questa prospettiva la produzione media per allevamento sarà vicina a 1.000 ton/anno e oltre il 50-60% del latte comprensoriale verrà prodotto nelle stalle superiori a 2.000 ton./anno.
Questa è la probabile fotografia produttiva del prossimo futuro. E su queste basi il sistema dei caseifici avrà il compito e l’opportunità di gestire la filiera in una prospettiva moderna, pur mantenendo i caratteri tipici del prodotto fondati sul processo artigianale di produzione e l’espressione di ampia distintività nella qualità offerta al consumatore.
Riccardo Deserti e Cristian Bertolini
(bertolini@parmigianoreggiano.it)
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Alleva by Parmigiano Reggiano