La mastite è una delle principali patologie della bovinicoltura da latte e ha, senza dubbio, un impatto significativo sulla redditività dell’allevamento: determina una riduzione della quantità di latte prodotto, che tra l’altro non può essere commercializzato, un incremento dei costi legati alla cura degli animali, nei casi peggiori può causare anche l’eliminazione delle vacche stesse, danno ancora più accentuato quando si tratta di animali di particolare pregio genetico.
Una conta cellulare elevata legata a un evento mastitico, clinico o subclinico che sia, determina poi un deprezzamento del latte. La resistenza alle mastiti, inoltre, richiama aspetti legati al benessere degli animali. Non ultimo il fatto che in sistemi di allevamento biologico, sempre più diffusi, dove la possibilità di cure delle varie patologie è alquanto limitata. È chiaro quindi che questo è un argomento per cui gli allevatori dimostrano una notevole sensibilità.
Il determinismo dei caratteri legati alla mastite, comparsa di mastite e conta cellulare del latte, è per lo più influenzato da aspetti di natura ambientale, ma anche la genetica gioca un suo ruolo. Innanzitutto c’è da dire che i due caratteri non sono regolati dagli stessi geni tanto che la correlazione genetica tra i due non è pari a 1.
Esistono, inoltre, delle differenze significative anche tra razze, così come esistono, all’interno della stessa razza, differenze tra linee di sangue e semplici individui.
L’ereditabilità
In particolare, le stime relative a diverse popolazioni riportano valori di ereditabilità per il carattere mastite prossimi a 2-5%, mentre per la conta cellulare i livelli di ereditabilità sono prossimi al 10%. Questi valori non fanno altro che esprimere quanto, nell’influenzare la manifestazione di un carattere, sia meno importante la componente genetica rispetto a quella ambientale. A titolo indicativo per la produzione di latte l’ereditabilità è prossima al 25%. Sulla base di quanto riportato è evidente come, nel breve periodo, per dare una risposta ad una elevata incidenza di eventi mastitici, dia maggiori risultati agire sugli aspetti ambientali piuttosto che quelli genetici.
Tuttavia, ha senso operare delle scelte selettive anche in merito alla resistenza mastiti, data l’importanza economica del carattere e, nel caso della conta cellulare, dati i valori di ereditabilità e variabilità genetica sufficienti per poter avere dei risultati in termini di progresso genetico. Col presente articolo si vuole presentare un caso pratico di selezione.
Tra le più resistenti
Come sottolineato nel box della pagina seguente, una delle caratteristiche principali della razza Pezzata rossa italiana (P.R.I.) è la resistenza alle mastiti. Da cosa deriva tale resistenza? Senza ombra di dubbio gioca un ruolo importante la bassa consanguineità, tasso di inbreeding che nella P.R.I. è prossimo all’1,3%. Probabilmente, inoltre, vi sono delle caratteristiche intrinseche alla razza che la rendono di per sè resistente alle patologie mammarie.
I livelli produttivi più contenuti rispetto alle razze da tale potrebbero essere una ulteriore spiegazione di tale resistenza, anche se, in realtà, esistono ricerche effettuate in Italia, e non solo, che hanno evidenziato come la razza si confermi essere la più resistente anche a parità di performance latte e condizioni di allevamento.
La tabella 1 riporta i risultati di un recente studio che ha preso in considerazione i dati produttivi e non delle aziende miste P.R.I. Frisona Italiana presenti in Friuli Venezia Giulia (dati Aia e Associazione allevatori Friuli V.G.). Le aziende sono state classificate in funzione del loro potenziale produttivo in relazione alla quantità di latte. Si sono prese le 10 miglior aziende di P.R.I., le10 miglior aziende di Frisona Italiana, le 10 peggiori aziende di P.R.I. e le10 peggiori aziende di Frisona Italiana. Si può evidenziare come in tutte le casistiche la P.R.I. si sia dimostrata la razza con il minor contenuto in cellule somatiche, sia nelle aziende al top che non e soprattutto a parità di livelli produttivi.
A ulteriore conferma di ciò, questi parametri di “salute” sono confermati anche nelle stalle dove i livelli produttivi sono alti. Ad esempio nei migliori 60 allevamenti la media produttiva è 9.731 quintali di latte mentre il livello di cellule somatiche medio è 189.000 cell/ml.
La selezione
Come detto in sede introduttiva la selezione per la P.R.I. è indirizzata verso la duplice attitudine. Lo strumento selettivo per eccellenza è rappresentato dall’Indice Duplice Attitudine (IDA), che è definito da diversi caratteri obiettivo di selezione, il cui peso dipende dalla relativa importanza economica: 44% attitudine lattifera (37% proteine kg, 2% grasso kg, 5% proteine percentuale), 24% attitudine carne (18% indice carne performance test, 6% indice muscolosità bovine), 19,5% morfologia (14,5% indice mammella, 5% indice arti & piedi) e 12,5% fitness (7,5% mungibilità, 5% cellule somatiche,). Come si può vedere l’IDA considera anche un Indice Cellule Somatiche; inoltre si fa selezione anche per la conformazione della mammella che, indirettamente, può favorire un miglioramento della resistenza alle mastiti.
Resta da chiedersi perché viene comunque data enfasi a questo carattere nelle scelte selettive nonostante questa caratteristica sia già una prerogativa della razza. Il motivo è presto spiegato: innanzitutto la selezione della P.R.I. mira ad aumentare in primis la produzione di latte; di conseguenza questo porterebbe con se un peggioramento del carattere “resistenza alle mastiti”. In altri termini, scusate la banalizzazione, la scelta in questo caso è del tipo “prevenire è meglio che curare”.
In secondo luogo, il fatto che non vi siano più le quote latte, in teoria, dovrebbe esaltare la ricerca di produzioni sempre più elevate per far quadrare i conti e anche le scelte selettive dovrebbero andare in questa direzione. In realtà nella P.R.I. anche qui si è cercato una strada alternativa: secondo chi gestisce la selezione della razza è preferibile avere comunque degli animali equilibrati e di facile gestione.
Il fatto che non vi siano più le quote latte ha contribuito a determinare una riduzione del prezzo del latte; di conseguenza la marginalità derivante dalla sua vendita si è ridotta ulteriormente. In più si deve considerare che per fare un litro di latte in più, quanto i livelli sono già elevati, il costo marginale di quel litro aumenta. Tanto vale mantenere un giusto equilibrio tra le due attitudini, e cercare d’avere un animale di facile gestione e, nello specifico, resistente alle mastiti. La domanda da farsi è quanto vale in termini di litri di latte una mastite.
La valutazione genetica
La selezione si basa su numeri. Nel caso specifico i numeri vengono rilevati durante i controlli funzionali dell’Aia, ove si ha anche la registrazione del contenuto in cellule somatiche del latte, valido indicatore della presenza di una mastite. Questa informazione, dal 2005, viene elaborata dall’Anapri per la produzione di un indice cellule somatiche, indice che è poi considerato nell’IDA.
La figura 1 mostra i trend genetici dei caratteri Cellule somatiche e mammella (media 100 d.s. genetica 12). Come si può verificare negli anni si sta registrando continuo miglioramento per questi caratteri. Il altri termini, si è mantenuta la resistenza alle mastiti nonostante la selezione abbia portato con se un miglioramento del livello genetico per la produzione di latte, carattere che presenta una correlazione genetica sfavorevole con la conta cellulare.
Concludendo
Abbiamo considerato le mastiti dal punto di vista di chi fa selezione. Ma le stesse considerazioni si potrebbero fare per tanti altri caratteri funzionali, fertilità, longevità.
La ricerca delle performance produttive al top, andare sempre oltre, non deve essere il nostro target; sono in tanti che ce lo dicono: i conti economici, l’opinione pubblica e, buoni ultimi, gli animali stessi.
L’autore è un tecnico Anapri (Associazione nazionale allevatori di bovini della razza Pezzata rossa italiana).