Oggi sono quasi 20mila i giovani under 40 che hanno scelto in Italia di lavorare a contatto con gli animali, tra stalle e greggi, portando innovazione, modernità e creatività in un settore determinante per l’economia, l’alimentazione e l’ambiente. Un numero che potrebbe crescere se riusciamo a creare le condizioni perché sempre più ragazzi possano trovare un futuro in questa attività, concretizzando l’obiettivo di ricambio generazionale.

Per fare ciò serve garantire in primis una giusta redditualità per tutti i nostri allevamenti e a far sì che gli anni positivi in termini di risultati economici diventino la quotidianità in termini di valorizzazione del lavoro.
La guerra
Nonostante i segnali apprezzabili che vengono dalle quotazioni del latte alla stalla, la situazione negli allevamenti resta però generalmente complessa, soprattutto a causa dell’aumento dei costi di produzione legato alla difficile situazione internazionale. Secondo l’ultimo rapporto del Centro Studi Divulga, la crisi innescata dalla guerra in Ucraina ha avuto degli impatti significativi sui fattori di produzione agricoli rispetto a prima del conflitto.
Il costo per l’energia, ad esempio, è cresciuto del 66% incidendo in modo maggiore sui bilanci delle imprese, ma sono aumentati anche i prezzi per mangimi e spese per il bestiame (+11% in valore) e per i fitosanitari (circa l’8% in più rispetto al 2021). Stesso discorso per i fertilizzanti, con i prezzi medi che hanno subito un aumento del 49% rispetto al 2019.
Ai costi di produzione dobbiamo peraltro aggiungere quelli burocratici che affliggono ancora gli allevamenti nell’adempimento di tutta una serie di misure richieste dall’Unione europea.
Il clima, le epidemie zootecniche
Ma non possiamo dimenticare neppure gli effetti dei cambiamenti climatici, che nel 2024 hanno in molti territori azzerato letteralmente la produzione di foraggi, a causa principalmente della siccità al Sud, mentre al Nord hanno pesato i problemi del maltempo.
Se mettiamo assieme tutti questi fattori è evidente che non è facile oggi per le aziende effettuare tutta una serie di investimenti pur necessari a partire da quelli in biosicurezza.
Il 2024 è stato caratterizzato dall’acutizzarsi o dall’esplodere di epidemie che hanno messo a forte rischio il settore zootecnico nazionale, con l’abbattimento di animali, i blocchi alla movimentazione e i conseguenti forti cali di reddito per gli allevamenti colpiti. Coldiretti si è da subito attivata per sollecitare misure di sostegno alle aziende, ma in molti territori la situazione resta difficile.
I bovini da carne
Gli ultimi anni hanno visto poi un calo della produzione di bovini da carne, con il livello di autoapprovvigionamento che è sceso dal 53% al 40%, mentre sono progressivamente crollate le importazioni di vitelli dalla Francia. A pieno regime ne arrivavano fino a novecentomila vitelli l’anno, che ora diventa necessario iniziare a far nascere in casa.
In tale ottica Coldiretti pensa a un grande piano nazionale di rilancio della zootecnia da carne dalle valenze non solo economiche, ma anche sociali e ambientali, puntando proprio sulla linea vacca-vitello. Un obiettivo che guarda soprattutto al Sud ma non solo e che porterebbe benefici anche per l’ambiente, poiché la presenza di un allevamento rappresenta spesso il miglior argine rispetto al rischio di dissesto idrogeologico.
Ad integrare il piano andrebbe il progetto “Beef on dairy” con accordi tra allevatori per utilizzare il patrimonio di vacche da latte per far nascere vitelli da carne.
Le eccellenze
Riportare le stalle nelle aree interne e montane avrebbe l’effetto di ripopolare molti territori altrimenti a rischio abbandono, dando opportunità di lavoro e sviluppo, a partire dalle giovani generazioni, fondamentali per garantire il futuro della Fattoria Italia che vale oggi 55 miliardi e rappresenta un’eccellenza dell’agroalimentare nazionale.
Ma Coldiretti sta portando avanti anche un impegno per la promozione delle nostre eccellenze, a partire dalle Dop, sempre più apprezzate sui mercati internazionali, fino a tutti i vari segmenti delle filiere zootecniche.
Le distorsioni mediatiche
Qualsiasi operazione di rilancio del settore non può però essere slegata da un deciso stop alle campagne tutte ideologiche e slegate dalla realtà di demonizzazione della carne, un prodotto è inserito appieno nella Dieta Mediterranea e, con essa, degli allevamenti, rischiando di vanificare il lavoro portato avanti in questi anni dalle nostre aziende, che hanno reso il settore zootecnico italiano il più sostenibile a livello mondiale.
Coldiretti lavora da anni contro le distorsioni mediatiche e per garantire una giusta informazione ai consumatori sul fatto che una corretta alimentazione ha alla base anche il lavoro dei nostri allevatori.
Per primi abbiamo accesso la luce su campagne dietro le quali si nascondono in realtà interessi ben precisi, che puntano a sostituire il cibo naturale con quello ultra-formulato o, addirittura, direttamente prodotto in laboratorio. Un tentativo che Coldiretti ha denunciato per prima, trovando il sostegno della scienza medica, ormai unita nel sottolineare gli enormi pericoli legati alla diffusione di questi prodotti, che avrebbe effetti gravissimi sulla salute dei cittadini, e nel chiedere l’effettuazione di studi medici (preclinici e clinici) sui cibi a base cellulare.
Una richiesta che Coldiretti e Filiera Italia hanno portato anche sul tavolo dell’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, con una grande mobilitazione davanti alla sede di Parma con migliaia di agricoltori per difendere la salute dei cittadini italiani e sollecitare l’aggiornamento delle linee guida per l’autorizzazione alla messa in commercio dei cosiddetti novel food, come ad esempio il grasso bovino artificiale che rischia seriamente di poter arrivare sui mercati. Quelle attuali sono, infatti, inadeguate a “misurare” i cibi di laboratorio, la cui valutazione andrebbe assimilata a quella dei medicinali, adottando il principio di precauzione.
Le bioenergie
Ma nel futuro della zootecnia deve diventare parte sempre più integrante tutto il tema della produzione di energia, dal biometano al biogas, con la costruzione di filiere chiuse che garantiscano una autentica applicazione del principio di economia circolare.
Anche qui Coldiretti sta lavorando per creare le condizioni normative a livello nazionale ed europeo per favorire la crescita di questo tipo di esperienze che evidenziano ancora una volta come dagli agricoltori come gli allevatori vengono le soluzioni ai problemi ambientali, rovesciando una narrativa che, con le nostre tante mobilitazioni, abbiamo senza dubbio contribuito a smontare, anche se la battaglia non è ancora conclusa.