Con le esportazioni che hanno superato il miliardo di euro nei primi quattro mesi del 2019, con una crescita di quasi il 14% rispetto allo scorso anno, quello del latte e dei formaggi si conferma un settore vitale per l’agricoltura italiana e per l’economia di tutto il Paese.
Un comparto strategico dove negli ultimi anni, a fianco di grandi realtà nazionali, sono arrivate multinazionali straniere che controllano fino a un terzo del mercato dopo aver acquisito marchi storici come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori cambiando equilibri e rapporti.
È in questo contesto che maturano i timori degli allevatori sia per il prezzo del latte che per il rispetto da parte dei trasformatori degli accordi sottoscritti. Per fortuna per il latte bovino siamo lontani dai 33 centesimi al litro registrati negli anni più bui del settore e adesso le quotazioni sono molto più alte, per il latte spot ad esempio sfiorano i 44 centesimi al litro.
Qualche multinazionale vorrebbe rivedere al ribasso il prezzo del latte bovino già sottoscritto con regolari contratti. Ma noi non ci stiamo. Gli accordi vanno rispettati: lo facciamo noi e lo devono fare anche gli altri.
Così come deve essere rispettato il principio sancito dal piano produttivo del Grana Padano secondo il quale il prezzo del latte alla stalla deve essere correlato al prezzo del formaggio, mentre mancano almeno 3-4 centesimi in tasca agli allevatori che vendono ai caseifici industriali.
Di fronte al caso spagnolo
Una situazione delicata per la quale ci si augura che non capiti come in Spagna, dove l’antitrust iberico ha accertato il comportamento anticoncorrenziale di alcune industrie lattiero casearie fra gli anni 2000 e il 2013, sanzionandole con una multa da oltre 80 milioni di euro per aver scambiato informazioni, dati, notizie in merito alle condizioni e al prezzo di acquisto del latte crudo alla stalla.
Fattori sensibili che, in Spagna, sono stati usati, dalle aziende lattiero-casearie coinvolte, per azioni e strategie finalizzate alla ripartizione del mercato e all’imposizione di condizioni irregolari agli allevatori.
Secondo l’Antitrust spagnolo, alcune latterie hanno messo in atto pratiche anticoncorrenziali per controllare il livello della produzione di latte in alcune aree della Spagna, influire sulla conversione in latte in polvere e condizionare così il prezzo del latte crudo alla stalla.
Ora riassorbire il costo degli investimenti
In Italia il settore zootecnico sta tentando di risollevarsi da una crisi che negli ultimi 15 anni ha dimezzato il numero delle aziende agricole del settore fino alle 30mila attuali, con una produzione di quasi 12 milioni di tonnellate di latte per un valore alla produzione di 4,6 miliardi di euro. Per stare sul mercato gli allevamenti hanno affrontato sacrifici e investimenti e per riassorbire questi costi serviranno in media oltre dieci anni.
Un percorso possibile solo se si può contare su un mercato stabile, rapporti di filiera equilibrati e trasparenti, rispetto dei contratti sottoscritti e lealtà nei rapporti. Su queste basi ci si può confrontare e trovare accordi.
Ma se qualche azienda di trasformazione pensa ad azioni per costringere gli allevatori ad accettare diktat e modifiche unilaterali dei contratti allora ci opporremo per la difesa dei diritti degli allevatori e per il loro rispetto come persone e come imprenditori.
Dall’editoriale scritto da Ettore Prandini, presidente della Coldiretti (nella foto), per il numero 15.2019 dell’Informatore Zootecnico.