Latte, conta la sostenibilità ma anche il suo valore nutrizionale

La filiera latte al centro del webinar organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, Craft Cremona Food Lab e Assolatte

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Sostenibilità non solo come valore ambientale, ma anche nutrizionale, economico e sociale. La filiera del latte deve essere valutata a trecentossessanta gradi,  in considerazione di tutte le  componenti e, quindi, anche delle diverse accezioni del termine. Occorre mantenere la visione d'insieme, perchè un sistema alimentare sostenibile è legato a un insieme di fattori.

Lo ha sottolineato Giovanni Pomella, direttore generale di Parmalat e vicepresidente di Assolatte, durante il webinar “Il latte tra valore nutrizionale e impatto ambientale” organizzato nell’ambito dei Venerdì della sostenibilità dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, Craft Cremona Food Lab e Assolatte.

Giovanni Pomella, direttore generale di Parmalat e vicepresidente di Assolatte

In Italia come ha ricordato Pomella, il consumo di latte è in declino da quasi 10 anni con una perdita di quasi 700 milioni di litri, legata, in parte, al cambiamento degli stili di vita alimentari, e in parte al calo delle nascite. Anche le fake news, ossia l’informazione fuorviante, hanno contribuito a influire negativamente sull’immagine dell’alimento, così come i temi della sostenibilità e del bennessere animale.

«L’industria di trasformazione ha reagito – ha spiegato Pomella - cercando di soddisfare la richiesta del consumatore di una maggiore trasparenza sull’origine della materia prima e sul benessere animale, oltre che focalizzarsi sul miglioramento della qualità e del ciclo produttivo anche in un’ottica di economia circolare, ossia di riciclo e di riduzione degli sprechi. In termini di sostenibilità è intervenuta sulla logistica con il trasporto intermodale, sul packaging con una riduzione dell’uso della plastica e sull’ambiente di lavoro con un miglioramento delle condizioni».

«L’obiettivo - ha rimarcato Il vicepresidente di Assolatte - è quello di trasmettere un’informazione corretta su qual è veramente l’impatto della filiera latte. Occorre trovare un equilibrio tra il valore nutrizionale del latte e il suo impatto ambientale».

L’attenzione per la sostenibilità è destinata ad aumentare

 Interessanti i risultati di una ricerca condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana e di opinion leader da Guendalina Graffigna, psicologa dei consumi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, «Un campione significativo di italiani ha dichiarato, da marzo 2011 a dicembre 2020, di non acquistare determinati prodotti  se non sono sostenibili dal punto di vista ambientale. Dal periodo di Covid-19 questa quota è diminuita, forse perché la questione sanitaria ha spostato l’attenzione della popolazione dalla filiera del latte».

Il 33% di italiani che oggi scelgono un prodotto in base alla sostenibilità rappresenta una fascia della popolazione élitaria, quindi con un alto profilo di reddito e alto livello di istruzione. Sostenibile coincide soprattutto con il concetto di impatto ambientale e benessere animale, due fattori importanti, in particolare, per gli opinion leader.

«Il 55% del campione - ha aggiunto Graffigna - sostiene di consumare sempre o spesso il latte vaccino, ma tra chi ha fatto scelte di consumo orientate al criterio della sostenibilità  le associa maggiormente al consumo di bevande vegetali. La preoccupazione per le problematiche ambientali è comunque destinata ad aumentare anche tra chi consuma latte vaccino.

Il latte vaccino ha comunque un buon profilo di sostenibilità per gli opinion leader, soprattutto per quanto riguardo l’aspetto economico. Restano invece dubbi sull’aspetto ambientale e sul benessere animale.

Bere un po’ più di latte allunga la vita?

 Secondo Andrea Poli, di Nutrition Foundation of Italy, la dieta deve essere sostenibile, ossia capace di ridurre l’impatto ambientale ed essere a emissione zero, ma anche attenta ai valori della salute della nutrizione.  Quando si parla di  sostenibilità della dieta si fa riferimento a “Eat Lancet”, un documento  pubblicato appunto sul giornale Lancet che descrive una dieta molto drastica basata quasi esclusivamente sul consumo di alimenti di origine vegetale con poca carne, soprattutto rossa, e pochi derivati del latte.

«Occorre invece – ha detto Poli -  fare una valutazione più bilanciata: il latte è responsabile delle emissioni di gas serra ma è anche portatore di evidenze salutistiche ed entrambe queste componenti devono essere valutate. Non è per nulla facile sostituire il latte con un altro alimento analogo dal punto di vista nutrizionale e salutistico e accessibile in termini di prezzo».

E’ stato dimostrato che un maggiore consumo di calcio da latte riduce del 16% il rischio di ipertensione, vuol dire che un soggetto su 6 non diventa iperteso. L’effetto non è lo stesso se il calcio deriva dagli integratori. Un altro studio indica che le proteine del latte, forse pe la composizione degli aminoacidi, sono associate a un effetto antidepressivo. I grassi della filiera del latte  sembrano, inoltre ridurre del 40% il rischio di diabete.

«La relazione tra alimentazione e salute è dimostrata - ha sottolnieato sempre Poli - da uno studio che sostiene che tra i 15 interventi che possono ridurre la mortalità associata alla dieta è il consumo di latte. Un altro studio indica che chi consuma latte riduce il rischio di mortalità rispetto a chi non ne consuma».

 

 

Latte, conta la sostenibilità ma anche il suo valore nutrizionale - Ultima modifica: 2021-02-16T20:36:36+01:00 da Francesca Baccino

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