Gestione – Se l’asciutta è breve

Ricercatori canadesi, statunitensi e olandesi indagano su come mantenere le bovine produttive e sane anche con un periodo di asciutta inferiore a 60 giorni

La durata convenzionale dell’asciutta, fissata a 60 giorni, è periodicamente oggetto di discussione tra i ricercatori. Alcuni di essi hanno tentato di dimostrare che un’asciutta più breve può essere economicamente e produttivamente conveniente.

Daniel Lefebvre (professore presso il Department of Animal Science dell’Università McGill, Montréal, Canada) e Debora Santschi (entrambi esperti di riferimento per Valacta, una grande azienda canadese che fornisce supporto e consulenza agli allevatori) hanno pubblicato una revisione degli studi condotti sulla durata dell’asciutta, allo scopo di confrontare risultati ed opinioni.

Meno latte? non è detto

Per una visione più ampia, i due esperti canadesi hanno vagliato i risultati delle ricerche pubblicate dal 2005 ad oggi sia sulle prestazioni produttive (quantità e qualità del latte) e riproduttive, sia sulle ripercussioni sulla salute generale e della mammella.

La principale differenza tra asciutta tradizionale e breve risiede, oltre alla durata (30-35 giorni invece che 60), nel tipo di dieta: le bovine non vengono alimentate con la razione ”da asciutta”, ma con una dieta unica di preparto.

Uno dei principali effetti negativi osservati a seguito di un’asciutta breve è il  decremento della produzione lattea nel ciclo successivo, con stime che variano da -20% a -4,4%, o addirittura pari a zero (quando si considera il Latte Corretto a Energia).

Secondo i ricercatori canadesi il motivo di tale divario risiede nell’età al primo parto delle manze e nel management al quale sono state sottoposte in gravidanza.

In ogni caso, l’eventuale decremento potrebbe essere compensato dai giorni extra di lattazione che si ottengono nel corso di un anno (Tabella 1): riducendo l’asciutta da 60 a 35 giorni, è stata calcolata una produzione aggiuntiva di latte di circa 500 kg in media per le pluripare e di 600 kg per le primipare.

Qualità e colostro

La strategia dell’asciutta breve sembra premiare la qualità del latte, con un tenore proteico del 3,8% e lipidico del 4,4%. L’incremento proteico medio non sembra correlato ad un effetto di concentrazione, poiché rimane elevato anche quando la produzione lattea non subisce flessioni nella quantità.

L’ipotesi per giustificare tale risultato è che le bovine affrontino la nuova lattazione in uno stato di bilancio energetico più favorevole grazie alla piena funzionalità del rumine, e che l’utilizzo della razione in prima fase di lattazione ne risulti ottimizzato, con effetti positivi sulla sintesi proteica.

La produzione di colostro risente della durata dell’asciutta (8,9 kg con un’asciutta di 60 giorni e 6,8 kg se dura solo 40 giorni), ma si mantiene entro i livelli minimi raccomandati dal National Research Council, necessari per assicurare al vitello il trasferimento dell’immunità.

Il contenuto di IgG nel colostro, al contrario, non sembra subire grandi flessioni, purché l’asciutta non scenda al di sotto dei 35 giorni.

Salute e residui

È interessante considerare gli effetti primari dell’asciutta breve sulla ghiandola mammaria e sullo stato di salute della bovina, per valutare in modo completo rischi e benefici.

Dagli studi sinora pubblicati, Lefebvre e Santschi annotano che il periodo minimo di riposo per il tessuto mammario è di 25 giorni, tuttavia l’involuzione non è completa prima dei 35 giorni.

Nelle primipare i processi di crescita e ricambio cellulare dell’epitelio ghiandolare si completano all’inizio della seconda lattazione e ciò spiegherebbe il motivo per cui le primipare sperimentano i maggiori effetti negativi dell’asciutta breve (la mammella ha a disposizione un tempo minore per rigenerarsi).

La durata dell’asciutta in sé (60 o 35 giorni) non sembra avere un effetto diretto sulla salute della mammella, almeno osservando il contenuto in cellule somatiche nel latte, nel primo giorno dopo il parto (differenze non significative).

Il problema dei residui nel latte (in particolare degli antibiotici) può invece essere preoccupante, specialmente se la bovina ha un parto precoce: il 14,1% delle bovine può partorire 5 giorni prima o dopo la durata standard, 280 giorni di gravidanza.

I delicati ultimi giorni

L’asciutta rappresenta un periodo critico per la salute della mammella, dato che già nei primi giorni vi è un elevato rischio di contrarre infezioni mammarie.

La messa in asciutta può dare conseguenze negative sulla salute se avviene quando la produzione lattea è al di sopra di una certa soglia (12,5 kg di latte al giorno).

È stato osservato che per ogni eccedenza produttiva (+5 kg rispetto alla soglia) la bovina ha una probabilità fino al 77% di contrarre una mastite ambientale.

In tal senso, l’asciutta breve può prevenire le mastiti, poiché la bovina ha un periodo di lattazione maggiore (+25/30 giorni) e al momento della messa in asciutta la produzione giornaliera di latte è bassa (Figura 1).

I ricercatori canadesi hanno sottolineato che nelle bovine ad alta produttività occorre prestare attenzione, poiché, osservando le curve di lattazione, al momento della messa in asciutta il loro livello produttivo è ancora troppo elevato (20,4 kg al giorno nelle primipare e 16,4 kg nelle pluripare).

Occorre mettere in atto strategie per mantenere la produzione lattea giornaliera entro la soglia dei 12,5 kg al giorno al momento della messa in asciutta, come raccomandato dal National Mastitis Council, riducendo la quantità di mangime concentrato o agendo sull’ambiente di stabulazione.

La taglia del vitello alla nascita non presenta differenze significative, sulla base della durata dell’asciutta.

Riproduzione e riforma

In alcuni studi, sono stati osservati effetti molto positivi sulle prestazioni riproduttive che seguivano un periodo di asciutta di 34 giorni: riduzione dell’intervallo tra parto e prima ovulazione (-8 giorni), riduzione di bovine con mancata ovulazione (-50%), aumento del tasso di concepimento.

La percentuale di bovine riformate non presenta differenze assolute significative, tuttavia valutando solo il numero di bovine pluripare scartate dalla produzione nei primi 30 giorni di lattazione è stato osservata una percentuale del 31,6% relativa al gruppo sottoposto ad asciutta di 35 giorni, contro il 42,6% del gruppo in asciutta tradizionale.

I ricercatori canadesi ipotizzano che le bovine con asciutta breve riescano ad affrontare meglio il periodo di transizione, grazie a un’efficienza metabolica superiore.

Quanto farla breve?

La durata minima dell’asciutta non è stabilita con certezza ma è stato rilevato che al di sotto dei 28 giorni si ottiene un decremento produttivo nella lattazione che segue (calcolato sul Latte corretto a Energia) ed aumenta la percentuale dei casi di ritenzione placentare, della mortalità, di riforma e dei parti precoci (Tabella 2).

Un’asciutta di 35-42 giorni, al contrario, accresce la produzione media giornaliera di latte (calcolata come Latte corretto a Energia su due lattazioni consecutive, Figura 2): 29,5 kg al giorno, rispetto a 27,6 kg al giorno (asciutta superiore/uguale a 43 giorni).

Tali risultati sono possibili solo se si adotta una strategia alimentare adeguata. Poiché il rumine richiede da 3 a 4 settimane per adattarsi ai cambiamenti di composizione della razione, nel caso di asciutta breve non è consigliabile seguire le diete tradizionali (Figura 3).

Gli effetti dell’asciutta breve sul fabbisogno energetico e sul metabolismo ruminale al principio della nuova lattazione consistono in un miglior bilancio energetico (Figura 4) ed un basso contenuto di NEFA (Acidi Grassi non Esterificati) e BHB (Beta-idrossibutirrato) nel plasma.

La bovina, infatti, non è sottoposta ai diversi cambiamenti di dieta tradizionali (dry off, early dry, close-up) e al momento del parto il rumine lavora in modo più efficiente, il rischio di chetosi è contenuto  e l’ingestione volontaria di s.s. è superiore (+3 kg al giorno, rispetto a bovine in asciutta da 60 giorni).

Fonte: D. E. Santschi e D. M. Lefebvre, Review: Practical concepts on short dry period management, pubblicato sul Canadian Journal of Animal Science, maggio 2014.

Dieta unica e di qualità

James K. Drackley (professore del Department of Animal Science, University of Illinois, Usa) ha pubblicato alcune considerazioni sulla dieta ideale da somministrare, durante l’asciutta breve.

La composizione deve assicurare un apporto adeguato e bilanciato (in proteine metabolizzabili, sali minerali e vitamine), calcolato sul fabbisogno di bovine nell’ultima fase della gestazione, ma il contenuto energetico non deve essere eccessivo.

A tale scopo è indicata una razione ad alto contenuto di fibra e basso contenuto energetico (1,30 – 1,38 Mcal di Energia Netta di lattazione per kg di sostanza secca) e proteine grezze nella ragione del 12-15% (la percentuale più elevata è riservata alle manze).

Per assicurare un apporto adeguato e bilanciato di tutte le sostanze, Drackley suggerisce di formulare una razione ricca di ingredienti ad alto contenuto energetico (insilato di mais o di orzo, insilato di leguminose o d’erba di buona qualità, fieno di alta qualità) e diluita con paglia di cereali (paglia di frumento come prima scelta, oppure d’orzo o d’avena) se il contenuto di insilato è la principale fonte di foraggio.

Il fieno d’erba di bassa qualità può essere incluso se adeguatamente trinciato, ma apporta energia in quantità superiore alla paglia, per cui il contenuto energetico globale della razione va attentamente calcolato.

L’unifeed è la soluzione migliore per assicurare un consumo completo di tutti gli ingredienti e prevenire la selezione degli elementi più appetibili, a sfavore di quelli fibrosi. La paglia deve essere trinciata ad una lunghezza di 5 cm o meno, per evitare di essere scartata dalle bovine.

Fonte: James K. Drackley, Back to a Traditional Approach: Re-evaluating the Use of a Single Dry Period Diet, Atti del Western Canadian Dairy Seminar, Advances in Dairy Technology, vol. 23, 2011.

Non tutte sono adatte

Un team di ricercatori dell’Università di Wageningen e di Utrecht (Paesi Bassi) ha tracciato un profilo delle bovine più adatte ad un periodo di asciutta breve (30 giorni). Secondo i ricercatori, infatti, la durata dell’asciutta deve essere stabilita su base individuale.

Le candidate ideali sono bovine pluripare, che presentano una produzione lattea elevata (25 kg al giorno) a 12 settimane dalla data prevista di parto (fonte: W. Steeneveld e colleghi, Cow characteristics and their association with production performance with different dry period lengths, pubblicato sul Journal of Dairy Science, vol. 97, agosto 2014).

Le raccomandazioni che valgono per tutte le bovine sono fornite da Lebfevre e Santschi: durata minima dell’asciutta pari a 35 giorni, in modo da avere un margine accettabile nel caso di parto precoce e ottenere un livello produttivo accettabile sia in qualità che in quantità, nel corso della lattazione successiva.

È opportuno formulare una dieta unica, da somministrare dal momento della messa in asciutta fino al parto, ben bilanciata e adeguata al fabbisogno energetico, senza eccessi.

Scegliere per tale programma sia primipare che pluripare: queste ultime, se producono almeno 20 kg al giorno di latte a 60 giorni dalla data prevista di parto probabilmente continueranno ad avere un buon livello produttivo fino a 35 giorni prima del parto e sono buone candidate per l’asciutta breve (fonte: D. M. Lefebvre e D. E. Santschi, New concepts in dry period management, pubblicato su Advances in Dairy Technology, vol. 24, 2012).

 

Visualizza l’articolo intero pubblicato su Informatore Zootecnico n. 11/2015 a pagina 22 

Gestione – Se l’asciutta è breve - Ultima modifica: 2015-06-25T11:30:27+02:00 da Barbara Gamberini

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